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“Ho lavorato molto in Giappone e ho provato un fascino sempre maggiore per la loro cultura. Qualche anno fa ho letto un articolo su cose strane che si possono noleggiare, non sono assurde ma mostrano quanto l’Oriente può essere diverso dall’Occidente”. Kaspar Astrup Schröder, regista, visual artist e compositore danese, ce ne mostra una nel suo documentario Rent a family inc, ultimo appuntamento con il concorso Doc.International nell’ambito della rassegna “Il mese del documentario”, di scena alla Casa del Cinema. Ryuichi Ichinokawa ha messo in piedi una singolare impresa in cui si affittano parenti e amici, soprattutto per eventi, feste, presentazioni. I casi sono i più disparati ma nella maggior parte si tratta di matrimoni in cui uno dei coniugi non ha familiari e per qualche ragione non vuole farlo sapere. Nata come azienda individuale, nel corso degli anni Ichinokawa è riuscito ad organizzare una discreta rete di collaboratori – una ventina - che aumenta l’offerta di ruoli da poter ricoprire. E l’esempio ha fatto scuola, già che altri si sono ingegnati in tal senso e la sua attività ha avuto visibilità a livello nazionale grazie ad un’apparizion in televisione. Solo alcune regole base, l’interpretazione è giocata nell’unica occasione che si presenta, il volto non sarà mai più visto e questa è l’incongruenza che più può sembrare strana: facendo conoscere un presunto padre, fratello o amico si dovrà presupporre che il partner o chi di turno non avrà mai più modo di vederlo. E in alcuni casi è fattibile, ma non viene spiegato cosa accade nel caso delle coppie sposate. Forse siamo ancorati alla mentalità familiare italiana, ma è difficile pensare che un marito/moglie che ha finto un legame parentale con Ichinokawa o uno dei suoi conti sulla rottura totale dei rapporti con lo stesso da qui all’eternità (del matrimonio). Relazioni umane viste da una cultura diametralmente opposta o semplicemente non si è pensato al famoso binomio azione/reazione, puntando su improvvisazioni future? Quella che potrebbe sembrare una storia imprenditoriale di successo è in realtà un piccolo ripiego che aiuta nemmeno troppo ad arrivare a fine mese. E qui si entra nel lato più drammatico del documentario e cioè della vita di Ichinokawa, ma anche in quello più paradossale. Con le sue “recite” il nostro riesce ad alleviare anche per poco la solitudine o l’imbarazzo di chi non vuole farsi vedere solo, di chi a livello inconscio lo ritiene una colpa. Ma la sua situazione non è migliore, anzi. Lato economico ed affettivo sembrano avere un peso congiunto per Ichinokawa, convinto del fatto che se guadagnasse di più la sua famiglia sarebbe felice. La realtà – ovviamente vista da osservatori esterni – appare diversa, sempre partendo dai nostri canoni di pensiero. Il rapporto con moglie e figli è logoro, non c’è dialogo ma è come se ci fosse un muro contro muro. Lui è troppo assorbito dal lavoro, ma la moglie evita addirittura di chiedergli di cosa si occupi, come non volesse interferire. Entrambi vorrebbero maggiore interazione e allo stesso tempo la evitano, in una logica (o illogica) piuttosto ardua da comprendere. La riflessione sulla socialità in Giappone è attivata, è chiaro come si parli di una singola famiglia che di certo non può rappresentare un paese o un’identità culturale, ma un’idea generale – per quanto superficiale - si può avere dai programmi tv. Un dibattito in merito in un talk show pone il quesito sull’uso dell’esprimere le proprie opinioni. Meglio farsi sentire o tacere per quieto vivere? Senza troppa ipocrisia non si può dire che tutti nell’Occidente seguano la prima strada, un po’ di “diplomazia” viene usata. Ma in un’eventuale discussione pubblica quanti si sognerebbero di appoggiare in toto la seconda tesi per non pestare mai i piedi a nessuno? Dopo aver toccato il fondo della disperazione, con costanti pensieri suicidi legati anche all’assicurazione che garantirebbe la tranquillità finanziaria per i suo cari, Ichinokawa deve farsi forza per raccontare tutto alla consorte, nella speranza che lei accetti il suo impiego tenuto nascosto e che si riattivi la comunicazione fra le mura domestiche. Il protagonista parlando dei suoi clienti aveva spiegato come questi per qualche motivo fossero disperati e avessero qualcosa da nascondere, altro non è che un parallelo con quello che gli accade. E quando si passa la vita a proteggere segreti, si riuscirà a condividere il proprio? |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:41:12 |
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