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“Gli uomini muoiono di più per le cure che per le malattie”, ammonisce Aldo, fratello del “malato immaginario” Argante. Nell’adattamento di Teresa Ludovico “Il malato immaginario. Ovvero le Molière imaginaire” la struttura originale non subisce scossoni, a partire dai colpi satirici subiti sia dall’ipocondria del protagonista, che gode nello star male e nel ricevere di conseguenza costanti attenzioni dai dottori, sia da un certo tipo di medicina, esercitata da presunti soloni dai nomi ridicoli e sostanzialmente interessati solo al quattrino e al prestigio che ne deriva. Ad aprire e chiudere la rappresentazione è la figura di Pulcinella, omaggio alla passione che Molière aveva per le maschere – in uno dei tre intermezzi del dramma del 1673 c’è anche la serenata proprio di Pulcinella alla sua amata – e riferimento all’ambientazione dell’opera nell’ultimo giorno di Carnevale, che poi coincise con la morte dell’autore dopo l’esibizione del 17 febbraio di quello stesso anno. Interpretato da Marco Manchisi, Pulcinella ci introduce e svelerà nel finale tutte le chiavi di lettura, in una sovrapposizione tra creatore e personaggio dettata dalla biografia di Jean-Baptiste Poquelin. E non è l’unico ruolo di Manchisi, anzi. L’attore napoletano veste i panni anche del saggio fratello Aldo e della governante tuttofare Antonietta, tipica nelle caratteristiche di essere pettegola, petulante, ma anche generosa, leale ed affezionata al padrone burbero, tanto da contribuire alla soluzione di diverse situazioni intricate. Insomma un po’ l’ingranaggio principale che ruota intorno al perno Augusto Masiello/Argante, anche visivamente il dinamismo del primo è il contraltare all’immobilità del secondo, al centro della scena malato e quindi impossibilitato al movimento. A sottolineare la vivacità sul palco si inserisce una particolare scenografia piramidale con al vertice Argante, simile anche “ad una torta” a strati, come spiega la regista Teresa Ludovico, da dove i personaggi entrano ed escono tramite botole, rimanendo quindi costantemente davanti al pubblico, solo ad un piano inferiore. La schiera di dottori brulica così avanti e indietro “come vermi”, usando sempre le parole della Ludovico, “lo spettacolo risulta grottesco ma anche molto divertente”. Diretto dal francese Vincent Longuemare, il gioco di luci richiama volutamente il bianco e nero, “con tutto un lavoro destra-sinistra-fondale di ombre”, racconta sempre la Ludovico, che mette lo spettatore davanti a tre punti di vista, “lo spettacolo frontale, tutto quello che si muove sotto la piramide e un ulteriore spettacolo laterale di ombre prodotto inconsapevolmente dagli attori”. La prospettiva del pubblico cambia così a seconda della posizione. Ulteriore elemento sono le musiche, composte da Nino Rota nel 1973 per un famoso balletto di Bejart, “Le Molière imaginaire”, come sintesi e summa di tutte le sue opere. Dunque il cerchio si chiude e “tutto si coniuga bene insieme”. Per maggiori informazioni www.teatrovascello.it |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 23:54:56 |
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