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Quando sparisci, ti porti dietro il mondo che ti sei creato. Nella logica criminale di chi “non è che non crede alle coincidenze, sa che esistono, ma non ne ha mai vista una” questa è l’assoluta normalità. Ma che succede quando a varcare il confine è un tranquillo avvocato, per di più con una vita di coppia che lo tiene lontano da eccessi altrimenti la regola in un certo ambiente? Accade che il bivio in cui si arriva non è più una scelta fra strade da percorrere, ma un punto di non ritorno. The Counselor, Il procuratore, è l’ultimo lavoro di Ridley Scott e dello sceneggiatore Cormac McCarthy, già apprezzato in Non è un paese per vecchi e di cui si può riconoscere la fredda spietatezza di alcuni personaggi, a partire da Malkina/Cameron Diaz, troppo abituata alla morte da quando perse i genitori a tre anni per sentire la mancanza di qualcuno, fino ai membri del “cartello” a sud del confine degli Stati Uniti. Del resto se da quelle parti c’è il culto della Santa Muerte, un modo per esorcizzare le paure dovute al lavoro del “tristo mietitore”, un motivo ci sarà pure. Il film ha buon ritmo, tenuto alla grande da un cast eccezionale. Oltre alla Diaz, troviamo attori del calibro di Michael Fassbender, protagonista mai chiamato per nome se non “avvocato”, Penelope Cruz/Laura nel ruolo della consorte del “procuratore” e come soci nel piano per il traffico di droga da 20 milioni Javier Bardem e Brad Pitt. Qualche pecca di troppo sta nel lasciare sottintese certe situazioni, come se la telecamera entrasse in azione a cose decise e che quindi non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni. Ovviamente vale per dare maggiore realismo – non è che la gente faccia continuamente il punto della situazione quando parla! – ma toglie qualcosa allo spettatore. Molti critici e semplici cinefili hanno parlato di una trama troppo scontata, il che in parte è vero ma non necessariamente in questo genere di pellicole costituisce un male. Il pubblico, che sia nelle storie “gangster” come questa o nelle commedie romantiche, in fondo vuole un copione classico, che non si distacchi troppo da strutture tipo: antieroe intento in attività illegali, partner/mentori, nemici, tradimenti, sangue, nessun lieto fine. Valeva almeno dai tempi di Scarface. Il distacco maggiore dal genere sta nel non seguire troppo l’azione, per concentrarsi di più sulle caratteristiche psicologiche e comportamentali dei personaggi nel tentativo di creare una certa empatia - o disempatia, dipende. Ma stiamo almeno un gradino sotto rispetto a titoli come Traffic, che pure trattava dei flussi di stupefacenti fra Messico e Stati Uniti e con un cast almeno alla pari (Michael Douglas, Catherine Zeta-Jones, Benicio Del Toro e Tomas Milian) o, ultima in ordine cronologico, la serie che ha incollato anche mezza Italia davanti al piccolo schermo Breaking Bad, che è riuscita ad aggiungere più elementi innovativi in un alveo tradizionale. Difficilmente resterà nella storia come capolavoro di Scott, vedi Alien, Blade Runner e Thelma & Louise, ma il film regala spunti di interesse e fa valere la bravura di chi ci ha lavorato, è comunque molto ben fatto. In più come spesso accade per pellicole discusse, conviene sempre vederle per farsi la propria idea senza condizionamenti esterni. In collaborazione con: Nuovo Cinema Aquila |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:13:07 |
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