Se - pigramente - si cerca su Wikipedia, l’improvvisazione nell’arte musicale risulta “la procedura creativa con la quale i musicisti sviluppano in maniera estemporanea un tema a partire dal materiale melodico, armonico e ritmico contenuto nella partitura”. Per Miles Davis, uno che su questo argomento ne sapeva qualcosa, l’improvvisazione era andare oltre quello che si sa. La sostanza, per dirla con le parole del giornalista Franco Di Mare che ha introdotto la serata dei Lamatta in concerto al teatro Vascello il 13 gennaio, è che “l’improvvisazione non si può improvvisare”.

Alla base c’è una conoscenza accademica, una padronanza del mezzo, dello strumento, che solo con lo studio costante si può fare proprio in modo da essere in grado di apportare quelle variazioni legate al momento che differenziano l’esecutore da chi punta ad un livello di genialità artistica superiore. E non solo nel jazz, il genere che più soffre le divisioni in compartimenti stagni, si riporta che anche Bach fosse maestro nell’improvvisazione anche se tre secoli fa non c’erano possibilità di effettuare registrazioni che lo testimoniassero.

Da questa filosofia parte quindi il nuovo lavoro dei Lamatta, performance dal vivo sempre con qualche modifica ma prodotto fissato anche su disco, “The code”, il codice, inteso proprio come linguaggio normativo – nello specifico musicale, chiaro – per un gruppo i cui membri riuniscono diverse esperienze, dal jazz alla musica classica e che proprio per questo “meticciato” ha saputo esprimersi con una maggiore ricchezza e struttura di stile, fondendosi e allo stesso tempo esaltando ogni individualità strumentale.

Ma il caso a volte è un fattore più importante della preparazione e la storia di Giovanni Maria Varisco, pianista della formazione, è l’esempio. Un grave incidente dieci anni fa ne compromette una carriera avviata nei migliori conservatori. Il problema agli arti, ancora non del tutto risolto per la deambulazione e per il braccio destro, non consente quella “ginnastica” che è l’esibizione nella musica classica, ma quando le note sono tutta la tua vita non si sa e non si può fare altro. Scopre così l’improvvisazione, prima solo perché permetteva di sopportare lo sforzo fisico, poi diventerà la sua nuova strada.

Dall’incontro con il chitarrista Claudio Riggio, collaborazioni fra gli altri con Paolo Fresu e diversi artisti internazionali, nascerà il sodalizio che con l’ingresso di Piero Bronzi, sassofonista e polistrumentista, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Giuseppe Sardina alle percussioni porterà alla composizione attuale del gruppo, da subito con un grande feeling tanto da passare sette ore in sala d’incisione appena al primo incontro. Con l’inizio del concerto ogni parola diventa superflua e lascia spazio al suono ed alla cura quasi maniacale ad esso dedicata.