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Forum per il Rinnovamento Europeo: le prospettive nell'immediato

Forum per il Rinnovamento Europeo: le prospettive nell'immediato
Autore: Nostro inviato Gabriele Santoro
Data: 03/12/2013

 

“Anche fra gli europeisti più convinti c’è la coscienza che nelle prospettive dell’Unione Europea qualcosa va cambiato in termini di democrazia e di cittadinanza”, Francesco Rutelli introduce così i lavori del II Forum per il Rinnovamento europeo, promosso dal Partito Democratico continentale e tenutosi lunedì 2 dicembre presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari. “Diciamo no ad un’Europa tecnocratica o populista, la vogliamo aperta, partecipata, fedele agli obiettivi dei padri fondatori ma al contempo aggiornata” alle contingenze attuali.

Spesso si parla dell’Ue come di una “storia di successo”, interviene Giuliano Amato, “i dubbi non sono sul passato ma oggi l’eurozona è uno degli insiemi meno capaci di crescere, dove il Pil ed i redditi scendono a livelli di anni fa”. E come accade quando la situazione si fa più difficile, alla solidarietà subentra l’ostilità, “questi veleni sono funzionali alla corrosione del tessuto comune e non al rafforzamento dell’integrazione”. Errori ne sono stati fatti, come quello di “togliere il margine d’azione ai Paesi membri” e la circostanza assomiglia all’essere chiusi “nel collo di una bottiglia, dove si soffoca. Ma non se ne esce tornando indietro, solo andando in avanti”.

Le ragioni del fallimento Amato individua alcuni motivi che hanno portato ad una fase di stallo e che esulano dalla mera crisi economica globale. “Negli anni d’oro la crescita portava il messaggio delle generazioni che avevano la guerra sulla coscienza. Oggi gli Stati pensano a loro stessi e anche la Germania non cerca più la legittimazione europea come nella ricostruzione post-bellica”. Secondo poi andrebbe riconsiderato il percorso che ha portato alla valuta unica, “Maastricht è il peccato originale non riscattato da nessun Messia, non bastano la Bce ed una politica monetaria senza strumenti fiscali di riequilibrio”. Ad esempio, negli Usa “i singoli federati pagano i debiti, ma l’apparato centrale ha le risorse per mantenere vive le economie. Noi abbiamo creato le premesse per mettere i forti contro i deboli”.

Prospettive “Bisogna fare dei passi verso l’integrazione”, continua Amato, “dall’unione bancaria alla fiscal capacity, o nel 2014 ci mettiamo su questa strada oppure l’Ue continuerà a esistere, sì, ma declinando”. Analogamente al XV secolo, quando l’Italia perse il treno della costruzione di uno Stato nazionale rimanendo decisamente indietro, l’Europa non può perdere l’occasione di rimanere agganciata alle altre potenze, “o sarà come noi nel XVII-XVIII secolo. E tra cinquant’anni si domanderanno cosa sarà dell’Europa l’anno successivo”.

Con il 26% di disoccupazione giovanile di media e punte sopra il 45% della Spagna, la fiducia è innegabilmente andata perdendosi. “La competizione è fra blocchi, non più fra Stati e l’Europa sta perdendo”, commenta lapidario Marco Tronchetti Provera. Due gli errori più gravi, in settori chiave della politica estera, “non governare la moneta e non proteggere le barriere” in termini di difesa. “La Germania è contenta di avere la crescita all’1,5% quando fino a cinque anni fa si diceva che sotto il 3% non si è fermi”. E per quanto riguarda l’energia non va meglio, se parallelamente “gli Stati Uniti sono vicini all’autosufficienza” grazie allo sviluppo studiato in merito. “Abbiamo un grande capitale  umano ma soffochiamo il valore aggiunto, parliamo del passato senza costruire il futuro”.

Per troppo tempo è stato in vigore “l’europeismo della delega”, lamenta Marta Dassù, vice ministro degli Affari Esteri, già alla Farnesina con il governo Monti. “Credevamo che l’Europa ci avrebbe salvato o che una misura andasse presa perché ‘lo dice l’Ue’”. Da recuperare è il rapporto fra “politics e policies”, cioè tra “il processo politico generale e le singole misure”, in senso più “democratico e legittimo”. Conseguenza dovrebbe quindi essere il passaggio dall’austerità alla crescita, particolarmente per quanto riguarda l’occupazione e ancora più nello specifico giovanile. “Nessuno ha la bacchetta magica, ma gli aggiustamenti devono coinvolgere tutti, creditori e debitori”.

Identità in politica estera Al momento poco chiara, per non dire inesistente, l’Ue necessità una propria identità nei rapporti internazionali. A partire dalle proprie frontiere, sul Mediterraneo occorre superare il disordine che ha seguito i flussi di migranti e richiedenti asilo dopo le rivolte nel nord Africa. Ad est si può pensare invece al modo in cui proiettarsi nella regione ex sovietica, Georgia ed Ucraina su tutti considerando gli eventi più freschi, “mantenendo sempre un rapporto con gli Stati Uniti. Su queste direttrici potremo salvarci”.

L’approccio Ceco Pur riconoscendo che il momento non è di certo idilliaco, “il progetto europeo è senza precedenti e siamo lieti che la Repubblica Ceca ne faccia parte”, afferma Pavel Telicka, ex commissario europeo, “anche se il potenziale non è pienamente sfruttato. Ci concentriamo giustamente sull’integrazione ma mancano analisi critiche per realizzare le soluzioni che la gente vuole”. La lettura dei documenti ufficiali non sembra mai coincidere con il vissuto, per spiegare la discrepanza ci sono due alternative, “o i contenuti non sono gli stessi della realtà oppure non si è capaci di comunicare”. La crisi è politica e di leadership, “mancano le visioni e la coerenza dei padri fondatori. L’agenda era più concreta qualche anno fa e nel passaggio da Mitterand e Kohl a Sarkozy e Merkel qualcosa si è perso. Servono idee chiare, soluzioni armonizzate. Forse meno regolamentazione ma più pragmatismo, specie in assenza di un minimo comun denominatore”.

Le speranze georgiane Secondo i sondaggi l’80% della popolazione georgiana caldeggia l’ingresso del proprio Paese tanto nell’Ue quanto nella Nato. “Il processo è lungo ma abbiamo l’atteggiamento che ci porta ad intraprendere un viaggio anche rischioso”, dichiara Alex Petriashvili, ministro per l’integrazione europea ed euro-atlantica. La repubblica caucasica sta vivendo un ammodernamento anche dal punto di vista dei diritti e delle libertà, “nessuno vuole che gli vengano imposte delle priorità né essere allontanati da questo percorso. Serve però anche sostegno politico. Aspettiamo che l’Ue torni ottimista sul tema dell’allargamento”.

 




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Data:10/08/2013
Categoria:Politica e Governo
Obbiettivo:50000 firme

 
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