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'Mio salmone domestico' un microcosmo ideato da Emmanuela Carbe'

'Mio salmone domestico' un microcosmo ideato da Emmanuela Carbe'
Autore: Nostro inviato Gabriele.Santoro
Data: 23/10/2013

Crodo è un salmone cinico e malinconico che, trasferitosi in casa di una ragazza, le occupa la stanza. Il rapporto di amicizia fra i due vive anche momenti di conflitto, visto che lui tenta in ogni modo di impedirle la stesura di un romanzo, Rotoli di seta, prendendola in giro per ogni cosa che dice. Ma Crodo, oltre gli aspetti divertenti, rimane spesso a fissare la complessità del mondo dalla finestra, nascondendo una storia struggente. “Mio salmone domestico. Manuale per la costruzione di un mondo, completo di tavole per esercitazioni a casa” è il libro Emmanuela Carbè, edito Laterza, presentato la sera di martedì 22 ottobre presso la libreria Altroquando in via del Governo Vecchio.

“L’idea è nata a fine 2004”, racconta la Carbè, laureata in filologia moderna all’Università di Pavia dove tuttora collabora, “dopo il fallimento di un mio blog su Conrad”. Inizialmente l’animale di compagnia sarebbe dovuto essere una carpa, “ma non suonava bene”. Andando avanti con gli studi è cominciato anche a mutare lo stile, “in parte l’ho riscritto ma ho cercato di mettere mano il meno possibile”. La pubblicazione si deve ad Anna Gianluca, direttrice della collana Contromano, “è stata coraggiosa, lei più di me”, nonostante il tipo di scrittura devi dai canoni tradizionali. Il lavoro di filologa ha infatti permesso alla Carbè una strutturazione delle parole e della costruzione delle frasi non propriamente convenzionale.

Il volume può dividersi in due parti, nella prima c’è lo sviluppo “classico” della storia, nella seconda, come anticipato dal sottotitolo, troviamo tavole di disegni animati, ma la divisione di fondo esula dalla mera grafica: “nella prima metà c’è la cattiveria, il dolore, la disperazione. I disegni sono il momento dell’abbandono, anche se un po’ di cattiveria resta in questa ideale boccia di vetro”, habitat in cui Crodo – ma anche la protagonista - si sente protetto.

La talpa sotto la manica Durante la costruzione del Canale della Manica, una delle due talpe meccaniche che scavavano la galleria, per motivi logistici, dovette rimanere abbandonata sul fondale, impossibilitata a riemergere. “Quando scriviamo, qualcosa resta ‘sotto’”, spiega la Carbè usando questa metafora ingegneristica. “Per me è il dolore. Anche se le parole navigano tra Francia ed Inghilterra, sai che c’è questo sassolino seppellito. Ma non è comunque una storia autobiografica”.

Stallone e l’Atac “Ho avuto una folgorazione sulla soggettiva del libro guardando ‘I falchi della notte’”, interviene lo scrittore Giordano Meacci. Nel film, Stallone fa parte del nucleo “Anti Terrorist Action Command”, di cui porta il cappello. Per un romano però l’effetto è comico, già che la sigla che si legge sul berretto è Atac, l’azienda dei trasporti pubblici – quantomeno bizzarra l’immagine di un controllore che combatte terroristi. “Attraverso la lingua si creano universi e si passa da un codice all’altro a seconda della necessità”. Difficile definire il volume usando le etichette dei generi, “li travalica e abbraccia tutti allo stesso tempo. ‘Originale’ è un termine abusato, ma identifica il percorso”.

Come mai il caminetto non va? Usando un altro parallelo cinematografico, Meacci rievoca la scena di “Non ci resta che piangere” in cui Benigni cerca di spiegare a Leonardo da Vinci il funzionamento del treno, “come fa ad andare? Si butta la legna nella caldaia, il calore sviluppa energia e questo treno va”, il genio del Rinascimento allora ribatte “allora anche il caminetto va”. “Un’artista”, in questo caso la Cabrè, “deve porsi la domanda su come mai il caminetto non vada”. Attraverso il rovesciamento della sintassi “che toglie anziché aggiungere, lascia un’impressione di ricchezza al lettore”.

“La Carbè ci ospita nel suo condominio”, aggiunge Francesca Serafini, sceneggiatrice, “ma non si preoccupa di metterlo in ordine, anzi sposta le cose. Ma lo dice da subito, firmando una sorta di patto con il lettore che prepara all’estraneazione”. Ma nel microcosmo che dovrebbe fungere da bolla protettiva si ricreano le stesse dinamiche del mondo esterno, “il conflitto, la paura di mostrarsi soli”. Un po’ alla tedesca “le parole di uso comune sono usate per crearne di nuove, creando verbi”, chiude Chiara Valerio, scrittrice. “Per entrare le libro bisogna calarsi in chi di volta in volta sta raccontando, cambiando soggettiva”.                         




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