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È stato Soğuk (Il freddo) ad aprire la terza edizione del festival di cinema turco, in scena al Barberini dal 26 al 29 settembre. Nella pellicola di Uğur Yücel l’elemento climatico - che sarebbe di contorno - diventa a sua volta centrale per lo sviluppo della storia. La città montuosa di Kars, in pieno Caucaso, vicina al confine con la Georgia, è forgiata dalle condizioni climatiche proibitive e può diventare persino oppressiva nel suo quasi totale isolamento invernale. Non stupisce come il carattere dei personaggi del film che la abitano ne risenta. Enver e Balabey sono due fratelli completamente diversi, un commerciante aggressivo e amante della bella vita il primo, ispettore di sicurezza ferroviaria taciturno e chiuso nel suo mondo il secondo. Ma in comune hanno anche molto: in una zona dove i matrimoni combinati sono ancora in uso, si sono trovati a sposare due sorelle e la vita coniugale, per diverse ragioni, non è di quelle idilliache. In più entrambi frequentano Abbas, sorta di boss della zona dallo stile godereccio e dispendioso, assiduo frequentatore di night club a luci rosse. Sarà così che Balabey verrà a conoscenza di Irina, minore di tre sorelle russe finite a prostituirsi a Kars nella speranza di accumulare il denaro utile per tornare a condurre un’esistenza dignitosa nella madre patria. Nonostante la moglie stia per portare a termine la terza gravidanza, Balabey perde completamente la testa per Irina e cerca di convincerla ad annullare la partenza per costruire un futuro insieme: arriverà addirittura a far saltare il ponte di ferro, unico collegamento ferroviario con il resto del mondo. Nel frattempo anche il matrimonio di Enver, pur appena iniziato, è in una fase critica. Lui accusa la consorte Boncuk della sua impotenza sessuale, millantando una regolarità di prestazioni con le altre donne. Quando la stessa situazione si ripropone con Irina, la rabbia e la frustrazione saranno la miccia che scatena il precipitare degli eventi – per quanto non sarà facile trovare il film nel circuito del mainstream in Italia sempre meglio evitare l’effetto spoiler. Basti sapere che la chiusura a tinte forti unita all’assenza di colonna sonora del finale contribuiscono a creare la giusta tensione e stato di angoscia. In una società dominata dalla mentalità maschilista appare fin troppo evidente la dicotomia uomo/carnefice – donna/vittima, a partire dalle mura domestiche dove è sempre meglio evitare di contrariare la figura maschile – o interromperla mentre parla con gli amici. Il livello di sottomissione delle due mogli rende difficile pensare ad un legame empatico fra personaggio e spettatore, così come per le tre prostitute, dall’ingenua Irina alle più ciniche e disincantate sorelle. Non che l’assenza di un “eroe” positivo debba essere necessariamente un male, anzi… Nato ad Istanbul nel 1957, il regista Uğur Yücel aveva già ottenuto da attore importanti riconoscimenti, come il premio dell’Associazione dei Cineasti di Ankara per il film Arabesk e il premio di miglior attore non protagonista al festival di Antalya. La sua prima direzione, Yazi Tura, ha ottenuto undici premi tra cui miglior film, miglior sceneggiatura e miglior regia. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:32:32 |
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