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Dell'Utri nuovamente indagato. Stavolta per estorsione ai danni di Silvio Berlusconi.
Almeno otto sarebebro infatti i milioni di euro che senza un apparente motivo sono passati di recente dai conti correnti dell'ex premier a quelli di Marcello Dell'Utri, proprio a ridosso del processo che vedeva imputato per mafia il senatore azzurro.
I primi ad individuare questo flusso di denaro sono stati gli uomini del nucleo Valutario della Guardia di Finanza di Roma, guidato dal generale Leandro Cuzzocrea, nell'ambito dell'indagine sulla cosiddetta Loggia P3. E i riferimenti ai versamenti sono stati compendiati con precisione in una informativa che finì sul tavolo del procuratore aggiunto di Roma nel giugno del 2011.
"Un imputato, il senatore Marcello Dell'Utri, mi ha definito pazzo e devo dire che a volte mi ci sento. Mi piace essere un po' pazzo come Paolo Borsellino, perché continuo a credere nella possibilità che, nonostante tutto, si possa raggiungere la verità sui grandi misteri del nostro paese". Replica a distanza del procuratore aggiunto di Palermo Antonio ingroia al senatore Marcello Dell'Utri
Le indagini su Dell'Utri iniziano nel 1994, l'anno dell'entrata in politica, con le prime rivelazioni che confluiscono nel fascicolo 6031/94 della Procura di Palermo.
Processo di primo grado Il 2 gennaio 1996 viene messo sotto accusa; nell'ottobre dello stesso anno il gip di Palermo lo rinvia a giudizio, e il processo inizia il 5 novembre 1997.
In data 11 dicembre 2004, il tribunale di Palermo ha condannato Marcello Dell'Utri a nove anni di reclusione con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il senatore è stato anche condannato a due anni di libertà vigilata, oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento dei danni (per un totale di 70.000 euro) alle parti civili, il Comune e la Provincia di Palermo.
Nel testo che motiva la sentenza si legge:
« La pluralità dell'attività posta in essere da Dell'Utri, per la rilevanza causale espressa, ha costituito un concreto, volontario, consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di Cosa nostra, alla quale è stata, tra l'altro offerta l'opportunità, sempre con la mediazione di Dell'Utri, di entrare in contatto con importanti ambienti dell'economia e della finanza, così agevolandola nel perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici che politici» Inoltre:
« Vi è la prova che Dell'Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l'imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento Europeo nelle file dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perché era in corso il dibattimento di questo processo penale» Processo d'appello
Il processo di secondo grado si è svolto alla Corte di Appello di Palermo. Il 16 aprile 2010 il procuratore generale di Palermo Nino Gatto ha chiesto la condanna a 11 anni di carcere per Dell'Utri. In vista del processo aveva affermato di essere entrato in politica e fare il parlamentare solo per difendersi dai processi, e di essere quindi pronto a lasciare l'incarico parlamentare qualora le accuse cadessero. La sentenza era attesa per il 25 giugno ma è arrivata il 29 giugno al quinto giorno di camera di consiglio.
La Corte d'appello di Palermo, presieduta da Claudio Dall'Acqua, condanna a sette anni di carcere l'imputato per concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti accaduti sino al 1992.
La Corte d'appello, con questa sentenza, ha ritenuto che Dell'Utri intrattenne stretti rapporti con le vecchie organizzazioni mafiose di Stefano Bontade, Totò Riina e Bernardo Provenzano sino alla stagione delle stragi di Falcone e Borsellino facendo da intermediario fra le organizzazioni malavitose e Silvio Berlusconi.
Una vicenda che accerterebbe la colpevolezza dell'imputato sarebbe la mediazione per l'assunzione del boss palermitano Vittorio Mangano come stalliere nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi; Mangano avrebbe assicurato protezione contro l'escalation dei sequestri a Milano.
Marcello Dell'Utri avrebbe, sino al 1980, fatto da intermediario per gli investimenti a Milano di Stefano Bontade, che aveva bisogno di riciclare denaro sporco, frutto del traffico di droga, in aziende del nord Italia.
La corte ha assolto Dell'Utri per i fatti contestati successivi al 1992 perché «il fatto non sussiste» portando la pena detentiva da 9 a 7 anni. Il 4 gennaio 2011 il Procuratore Generale di Palermo Antonino Gatto ha depositato ricorso in Cassazione in merito all'assoluzione per i fatti successivi al 1992. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/12/2024 12:56:54 |
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