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Nuovo allarme contro i prodotti Made in China. Ma…

Nuovo allarme contro i prodotti Made in China. Ma…
Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 15/09/2009

Ogni essere umano, di qualsiasi etnia, colore della pelle e religione, non sa di essere accomunato l'un l'altro - quasi ad essere fratelli - da un brand. Una firma. Un nome. Un'azienda. Una impresa che ci accomuna tutti nell'utilizzo semplice e modesto di articoli di quotidiano utilizzo ma dall'enorme mercato internazionale.

 

L'azienda in questione si chiama "FILA" acronimo di Fabbrica Italiana Lapis ed Affini s.p.a. Fondata a Firenze nel 1920, dal 1956 passa alla guida della famiglia Candela che in questi anni ha decretato la notevole crescita dell'impresa fino a farne un bisonte del business internazionale di settore con sedi commerciali in Francia, Spagna, Gran Bretagna, Svizzera, stati Uniti, Messico, Canada, Argentina e Cile e sedi produttive in Italia, Francia, Messico e Cina

 

Ultimo fiore all'occhiello in ordine di tempo della multinazionale, l'acquisizione – alla fine di Luglio 2008 - del 100% della storica azienda tedesca produttrice fin dal 1806 di matite colorate e nota in tutto il mondo: Lyra s.p.a. L'implementazione dell'impresa non conosce soste.

 

Dietro alle matite colorate, ai pennarelli, ai pastelli a cera, ai gessetti che tutti ricordiamo di aver usato con notevole piacere fin dall'infanzia, si nasconde quindi un'industria internazionale dagli introiti fiabeschi e con azioni in borsa quotate tanto da far impallidire l'operatore finanziario più cinico e provato ad ogni esperienza.

 

Fin qui, nulla di male. I miliardi di prodotti di varia natura, commercializzati in tutto il mondo, hanno un nome, un'organizzazione, una struttura più o meno grande. E' la legge dell'Economia mondiale.

 

FILA è il brand di riferimento nel settore. Principale produttore e conseguentemente con un volume di affari enorme.

 

Ma riflettiamo su un dato fornito durante un servizio del TG1 del 14 Settembre 2009. A Padova la Guardia di Finanza sequestra un notevole numero do pacchi di evidenziatori e pennarelli made in China. Le parole usate nel servizio hanno toni terroristici. I pennarelli in questione possono dare effetti negativi pericolosi sulla salute. Di contro però, non viene data alcuna notizia di eventi di intossicazione già avvenuti. Così come sempre accade quando si tratta di prodotti provenienti dalla Cina.
 
Oltretutto, è praticamente impossibile ritrovare la notizia sulle agenzie di stampa o sui principali quotidiani nazionali. L'unica fonte è quella dal sito web della Rai. Punto. Il dubbio sulla veridicità della stessa non può non passare per le pieghe del dubbio.

 

Inoltre, proprio il brand di riferimento internazionale – FILA - ha una delle sue sedi produttive in Cina. Considerando che solitamente le produzioni commerciali si avvalgono per lo più delle regolamentazioni locali, appare alquanto bizzarro pensare che i prodotti FILA in Cina vengano creati con ingredienti diversi da quelli importati da altri produttori orientali.

 

Calcolando peraltro che il volume di affari stimato in questo periodo di riaperture scolastiche si aggira – solo per l'Italia – a circa cinque miliardi di euro, la solita operazione del due più due appare quasi banale. Attaccare la Cina è il diktat del momento, per non perdere nulla del business nostrano.

 

Secco, chiaro, lineare e preciso. Da che la Cina ha impiantato molte delle sue poliedriche attività nei paesi occidentali, tutto il mondo industriale occidentale arma frenetiche battaglie contro quella che palesemente continua ad essere la produzione globale più a buon mercato nel mondo.

 

Costi di produzione all'osso. Costi di gestione praticamente azzerati. Capitale umano capace di lavorare su turni di oltre 12 ore al giorno. Il gioco del prezzo più basso di mercato è fatto.

 

Chiaramente l'industria occidentale teme la parallela industria cinese, leader delle esportazioni mondiali ed ormai in testa a pari merito con gli Stati Uniti nella gestione economica globale. Ma potrebbe essere interessante considerare una integrazione della produzione cinese alo sviluppo industriale occidentale, magari regolamentando l'utilizzo di materie prime e decretando un taglio ai costi di gestione con relativo abbassamento dei prezzi sul mercato.

 

In special modo in una epoca di forte crisi economica, un salvagente potrebbe essere – specialmente nei settori dei prodotti di largo consumo – trovare un accordo con le produzioni a basso costo, per decretare un equilibrio fra un mercato di riferimento internazionale che con i suoi ricarichi e le filiere commerciali fa si che i prezzi al consumo salgano vertiginosamente, ed il mercato "invisibile" delle produzioni orientali che in tal modo, piuttosto che essere demonizzate ad ogni piè sospinto, potrebbero decretare una miglior produzione con un rapporto qualità/prezzo sicuramente migliorabile ad uso del consumatore finale.

 

Auspicabile e sicuramente fattibile, visti peraltro gli altissimi ricarichi che vengono effettuati soprattutto sui materiali di piccolo prezzo e con notevole espansione di vendita. Forse, guadagnare tutti un po' meno, farà guadagnare tutti. Clienti compresi.

 

 




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