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Intervista a Emanuela Girardi: ecco come l’AI ci può aiutare nella lotta al virus

Intervista a Emanuela Girardi: ecco come l’AI ci può aiutare nella lotta al virus
Autore: Intervista di Luca Sambucci - Redazione Nuove Tecn
Data: 11/04/2020

Di recente ho intervistato Emanuela Girardi, Founder di POP AI e Membro del Direttivo di AIxIAEmanuela guida, assieme a Gianluca Bontempi, la task force che aiuta le istituzioni europee a contrastare il Covid-19 con soluzioni AI.

Luca Sambucci. È appena stata lanciata la task-force di AIxIA e CLAIRE per la lotta al Coronavirus. Ci puoi spiegare meglio quale aiuto può dare a istituzioni e governi, e soprattutto siamo ancora in tempo?

Emanuela GirardiCLAIRE, il più grande network al mondo per la ricerca sull’Intelligenza Artificiale, ha lanciato una sorta di “chiamata alle armi” a tutti gli scienziati europei della propria rete con l’obiettivo di supportare i governi e gli istituti sanitari nell’introduzione di sistemi di AI volti a contrastare la diffusione del coronavirus e ad ottimizzare gli effetti delle azioni già messe in campo. Ad oggi, abbiamo raccolto 45 progetti concreti che stiamo valutando, stiamo inoltre sostenendo quei progetti che attualmente sono in via di sviluppo. Tra i più interessanti ci sono modelli predittivi di analisi dei dati clinici raccolti in unità di terapia intensiva e modelli per la programmazione e ottimizzazione delle risorse gestite dagli ospedali (mascherine, respiratori, materiale di consumo…).

CLAIRE ha lanciato questa iniziativa poiché è importante avere un interlocutore competente e riconosciuto a livello europeo che, attraverso la propria rete, sia in grado di raccogliere e valutare i migliori progetti locali e di diffonderli in tutti gli altri Stati europei. Le nostre azioni sono tuttavia limitate e possono solo ridurre gli effetti già tragici del coronavirus. Ritengo però che questa esperienza potrà servirci in futuro qualora dovesse ripresentarsi un’eventuale epidemia o emergenza. Stiamo infatti coordinando la ricerca in questo campo per essere pronti ad una futura situazione emergenziale, cercando non solo di prevenirla ma di reagire in tempi più rapidi per ridurre al minimo sia il numero dei morti che l’impatto economico e sociale correlato.

In che modo l’intelligenza artificiale può aiutare le persone in occasione di eventi straordinari come la pandemia da Covid-19 che stiamo vivendo in questi mesi?

Analizzando l’esperienza di Cina, Corea del Sud, Taiwan e Singapore emerge che le misure di confinamento adottate, da sole, non sono sufficienti a contrastare la diffusione del coronavirus. Risulta infatti necessario impiegare anche soluzioni AI-based. Le aree in cui l’AI potrebbe essere utilizzata con successo per fronteggiare questa emergenza sanitaria sono molte e includono analisi dei dati, robotica, manufacturing, ottimizzazione e gestione delle risorse.

Esistono anche applicazioni tecnologiche che potrebbero essere capaci di supportare i medici negli ospedali, come ad esempio l’uso di tecniche di machine learning per analizzare, con modelli predittivi, i dati clinici raccolti nelle unità di terapia intensiva e fornire al personale sanitario strumenti informativi volti alla valutazione delle priorità nel triage o delle diverse opzioni terapeutiche.

L’elaborazione automatica delle immagini di Tomografia Computerizzata (TC) potrebbe invece aiutare il personale sanitario ad accelerare il rilevamento di patologie causate dal virus, mentre i metodi automatici di risoluzione di problemi potrebbero essere utilizzati per ottimizzare la programmazione delle risorse scarse negli ospedali (calendario e turnazione, posti letto, ventilatori, materiale di consumo).

Da non sottovalutare è, inoltre, l’impiego integrato di varie applicazioni di telemedicina con tecnologie AI. Ad esempio, tramite i dispositivi di e-Health, si potrebbero rilevare alcuni parametri base del paziente contagiato – quali pressione sanguigna, battito cardiaco, temperatura, ossigenazione del sangue. I dati così ottenuti potrebbero poi essere analizzati da un algoritmo AI in grado di prevedere l’eventuale ospedalizzazione del paziente. In questo caso i pazienti in isolamento potrebbero trasmettere da soli tali informazioni senza entrare in contatto con il personale sanitario, evitandone così anche il possibile contagio. Adottando il sistema appena descritto si potrebbero anche sfruttare gli “allarmi” generati dall’algoritmo per anticipare il ricovero e scongiurare magari le terapie intensive quando ci sono pochi posti a disposizione.

Un’altra area dove le tecnologie di AI sono impiegate in modo efficace riguarda l’analisi dei dati molecolari e proteici. Grazie alla bioinformatica e alle tecnologie di AI si può ridurre esponenzialmente il numero delle combinazioni sulle quali testare i farmaci esistenti e già certificati, quindi impiegabili da subito, e identificare le proteine del virus utilizzate per sviluppare e testare i vaccini.

Altre applicazioni utili dell’AI sono i chatbot per fornire informazioni mediche, i sistemi di rilevamento automatico di fake news e frodi sui social network e, infine, i robot che potrebbero essere adottati non solo per interagire con le persone contagiate ma anche per disinfettare le aree contaminate – tale uso implicherebbe un duplice beneficio: ridurre il rischio di contagio per gli operatori umani e offrire una maggiore disponibilità di risorse.

Si pensi inoltre all’analisi dei dati epidemiologici utile per sviluppare sia modelli previsionali della diffusione del virus che tecniche di inferenza causale per stimare l’impatto delle azioni di contenimento. Un altro utilizzo interessante dell’AI è la sentiment analysis, usata per esaminare i tweet e i post sui social media e dare un’indicazione delle opinioni delle persone riguardo ad alcune tematiche, informazioni utili se si desidera valutare come la popolazione percepisce determinate iniziative. Una sorta di “termometro sociale” che può servire a meglio orientare le azioni politiche.

Da qualche parte si è levata una critica verso l’intelligenza artificiale, che non sarebbe riuscita a fornire un concreto aiuto di massa, poiché in tutto il mondo si fa comunque affidamento sul lavoro umano (in particolare del personale sanitario) per affrontare l’emergenza. Credi che siano critiche fondate?

Siamo molto lontani da un’intelligenza artificiale di tipo generale (General AI), quindi autonoma e in grado di risolvere problemi generici. Oggi l’intelligenza artificiale è di tipo ristretto e ci permette di affrontare e risolvere problemi concreti e ben definiti.

Possiamo e dobbiamo investire nello sviluppo di applicazioni AI che ci aiutino a superare questa emergenza. Non esiste infatti una macchina che, di sua iniziativa, riesca a decidere autonomamente come e quali problemi risolvere, un compito che invece spetta all’intelligenza naturale, umana, che deve saper indirizzare l’AI.

Le tecnologie di AI possono dare un grande supporto ai medici, ma non dobbiamo e non possiamo pensare di sostituirli.

Credi che l’intelligenza artificiale possa aiutare a ridurre la disinformazione online, ad esempio contrastando le fake news o proteggendoci dal phishing?

Assolutamente sì, vengono già utilizzate diverse tipologie di algoritmi per analizzare le notizie che, valutandone la veridicità, bloccano quelle che vengono identificate come “fake news”. Questi algoritmi analizzano diversi parametri tra cui i siti dei media su cui la notizia è pubblicata, le fonti informative, la reputazione degli autori, gli account twitter associati, le informazioni e i dati citati …. Ma questo non basta perché purtroppo le fake news e le frodi online continuano a diffondersi.

È dunque fondamentale promuovere l’educazione digitale delle persone, insegnare loro a leggere le informazioni con approccio critico e a verificarle e confrontarle con le fonti istituzionali.

Un importante passo contro la diffusione delle fake news sul Covid-19 è stato compiuto dagli stessi social media che per una volta hanno abdicato al loro modello di business basato sulla personalizzazione dei contenuti (e delle pubblicità) preferendo mostrare informazioni provenienti da fonti istituzionali ufficiali, come per esempio il Ministero della Salute o l’Organizzazione Mondiale per la Sanità.

Vedi le nuove tecnologie più come minaccia o più come aiuto alla privacy e alla sicurezza delle persone? Pensiamo ad esempio al tracciamento GPS degli individui applicato a questa epidemia.

L’AI potrebbe rivelarsi l’alleato vincente per tracciare gli spostamenti degli individui positivi al test e individuare e isolare tutte le persone che sono entrate in contatto con loro nei 14 giorni precedenti. Questa strategia, meglio conosciuta come il “modello coreano”, risulterà presto essenziale per ridurre la diffusione dei contagi.

Qui si apre però la discussione sulla privacy: è lecito geolocalizzare le persone? È contrario al diritto alla privacy? Ma qual è il diritto da tutelare maggiormente, quello alla salute e alla vita o alla privacy?

Personalmente, sarei disposta a farmi geolocalizzare dallo Stato per un periodo di tempo limitato, sapendo che tale operazione ha l’obiettivo di ridurre la diffusione del coronavirus. Ricordiamoci che molti di noi forniscono già il loro consenso alla geolocalizzazione a tante App che usiamo quotidianamente per usi ludici, ma, questa volta, lo faremmo per uno scopo nobile, ovvero salvare vite umane. Per poter tornare presto alla normalità è necessario impiegare anche queste soluzioni di tracciabilità, a patto che i dati raccolti vengano utilizzati solo per perseguire tali obiettivi, con limitazioni temporali definite e gestite in modo rigoroso. La privacy dei cittadini rimane un diritto fondamentale, ricordiamocelo.

Pensi che le difficoltà e gli impedimenti che le nostre aziende sono costrette ad affrontare in queste settimane a causa dell’epidemia saranno, a emergenza finita, un freno o un acceleratore per la loro trasformazione digitale?

Le PMI non erano pronte ad adottare lo smart working sia da un punto di vista operativo che culturale. Molti manager misurano ancora le performance dei propri collaboratori in base alle ore trascorse in ufficio invece di valutare i risultati raggiunti. In questo particolare periodo hanno però potuto “toccare con mano” che il lavoro a distanza, per alcune professioni, è efficace, funzionale e vantaggioso.

La nostra rete industriale non si è limitata a riscoprire le potenzialità del lavoro agile. In queste difficili settimane infatti si è diffusa, sia a livello governativo che aziendale, la cultura dell’utilizzo dei dati in qualità di supporto decisionale. Mi auguro che venga subito introdotta nella gestione quotidiana delle nostre PMI.

Bisogna anche tenere in considerazione che l’attuale situazione porterà ad una profonda crisi economica. Le aziende per sopravvivere dovranno diventare più efficienti, ottimizzare le risorse, conoscere sempre meglio i bisogni dei propri clienti e persino anticiparli – tutte attività che richiedono il supporto dell’AI. Risulterà quindi indispensabile implementare delle politiche attive per l’introduzione delle tecnologie di AI nelle aziende e per la formazione dei lavoratori.

A epidemia finita, cosa pensi che dovranno fare i governi per evitare o perlomeno mitigare ulteriori ricadute o nuove epidemie?

Credo che questa situazione ci abbia insegnato molte cose, in primis l’importanza di investire in ricerca e innovazione. È grazie alle innovazioni tecnologiche e alle scoperte scientifiche che siamo in grado di ridurre il numero delle vittime.

Questa crisi ha reso, inoltre, ancora più evidente la necessità di accelerare la digitalizzazione nelle nostre PA e aziende. Per fare questo è fondamentale una revisione dei processi che devono essere ripensati in un’ottica digitale e resi più snelli ed efficaci grazie all’utilizzo delle tecnologie. Pensate per esempio alla procedura di certificazione dei nuovi dispositivi di telemedicina che potrebbero essere impiegati per monitorare a distanza le persone contagiate. Nelle ultime settimane ne sono stati proposti moltissimi, ma per poter essere impiegati devono essere (giustamente) certificati, una procedura lunga e complessa che li ha resi quindi inutilizzabili.

Infine, credo che sia importante avere un centro di riferimento in Italia per l’intelligenza artificiale e a tal proposito auspico la creazione di un Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (IIIA) che promuova e coordini la ricerca italiana e internazionale su queste tematiche che avranno sempre più un impatto dirompente sulle nostre vite. L’IIIA dovrebbe inoltre possedere un “ramo operativo” per trasferire alle aziende e alla pubblica amministrazione le applicazioni pratiche di AI, favorendo, al contempo, lo sviluppo di soluzioni concrete volte alla gestione delle emergenze come quella del Covid-19 che stiamo vivendo.

Abbiamo stipulato un accordo con l'autore, Luca Sambucci, per la diffusione dei suoi articoli. L'articolo originale si trova al seguente link: Notizie.ai





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