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Non ha più nessuno la signora Giuseppina. Si arresta improvvisamente davanti alla croce della farmacia, indugiando sulla vetrina illuminata, cercando di ricordare un nome, un colore, il brandello di una scatola di pillole che riemerge dalla tasca del cappotto come una reliquia miracolosa. Non compra molto la signora Giuseppina, attende in silenzio il suo turno guardandosi intorno strizzando gli occhi opachi di cataratte mai curate, sembra sempre fuori posto, in un imbarazzo innato verso tutto ciò che la circonda, si avvicina al bancone con una rauca richiesta, quasi sforzando la voce per compensare l'udito fiacco, guardando in terra come cercando qualcosa che non trova. Suo marito l'ha lasciata sola, già da qualche anno, a cercare, con le sue braccia sottili, di galleggiare sulla sua precaria quotidianità, che da sempre l'ha sballottata da un porto all'altro, come la risacca di un mare ostile alla sua navigazione. Se lo porta al collo in un ciondolo ovale, antico, una medaglietta consumata dove intravedi un volto giovane sorridente, col berretto militare e lo sguardo irriverente. I suoi piccoli piedi hanno camminato, saltato tra le macerie della guerra, tra le ferite del quartiere dilaniato dalle bombe, cercando con pazienza il sentiero, il filo di ragione ancora rimasto intatto sotto le schegge e la polvere dei bombardamenti. L'unico figlio lavora da anni in Germania, ha una bella famiglia, viaggia molto, telefona poco, torna qualche volta a Natale o a Pasqua, porta wuster e birra tedesca, certi biscotti neri che si appiccicano alla dentiera. Si racconta che fosse bella, di quella bellezza austera, aspra, come di un frutto selvatico e acerbo che ti lascia apprezzare il saporesolo alla fine della difficile masticazione. Mi osserva spaventata, stringendosi forte alla sua aspirina, sollevando la sciarpa coi denti, serrandola in bocca come una baionetta, nell'ultimo assalto, trascinando a fatica il carrello della spesa pieno di pochi sacchetti che raccontano i frammenti di una esistenza nascosta e fragile. Esce sul marciapiede, annusa l'aria, tira dritto senza guardarti in faccia la signora Giuseppina, a chiudersi in casa, ancora, come sempre, mentre la tempesta dei veleni e dei morbi maligni del mondo malato gli piombano addosso. Il notiziario della sera dice che il tempo sta peggiorando, che il mondo ed i marciapiedi non saranno più gli stessi, che l'autunno farà cadere qualche foglia secca in più nei tombini della storia. I vecchi non sono numeri da snocciolare col pallottoliere, sono scrigni, sono libri preziosi che conservano il nostro passato, meravigliose biblioteche viventi, calamai d'inchiostro permanente che insegnano a scrivere pagine nuove sul libro incerto del futuro. Grazie Giuseppina, noi non ti dimentichiamo. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 23:06:41 |
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