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Nel variegato ed intricato mondo della disabilità, da qualche anno un termine ha sostituito l'ormai obsoleto "integrazione": è la parola "inclusione". Per inclusione, si intende la messa in atto di tutte le strategie atte a rendere uguali e non dissimili le persone che per vari motivi presentano una sorta di diversità data da varie condizioni, siano esse di ordine sociale, religioso, etnico sia di disabilità.
E su quest'ultimo tipo di condizione vorrei porre alcuni spunti di riflessione legati al concetto appunto di "inclusione". Per molto tempo, soprattutto per quanto riguarda la condizione di disabilità, si è parlato di "necessità di integrazione", ponendo però con questo termine, una chiusura totale alla capacità sociale e morale di accettare come propri simili persone che di diverso hanno solo minori prospettive di vita attiva e dignitosa. La scelta di utilizzare il termine "inclusione" racchiude in se un primo positivo passo nel cammino di una rinnovata volontà di sentire come assolutamente simili e parte integrante del nostro sistema sociale, tutte le persone che semmai subiscono uno stato di disabilità ed a caro prezzo, come tristemente è noto a tutti.
Le strategie di inclusione, quando esse vengono realisticamente prese in considerazione, prevedono azioni in ordine di inserimento nel mondo del lavoro, accesso alla formazione mirata, diritto alla casa, all'autonomia ed alla riconosciuta dignità di esistere. Inoltre, fondamentale per qualsiasi grado di disabilità, l'abbattimento delle barriere, sia di origine mentale – e sono quelle che producono più danni in assoluto – che architettonico. Tutte queste azioni messe insieme, determinano un pensiero globale di inclusione delle persone disabili alla nostra società che, se messe in atto con una ferma determinazione al cambiamento, possono non solo favorire l'esistenza del disabile ma anche e soprattutto, favorirne lo sviluppo delle proprie peculiarità umane e strutturali.
Se un disabile, invece che essere vissuto come un problema da affrontare, venisse finalmente riconosciuto come risorsa utile alla società - così come dovrebbe essere per tutti - ci troveremmo non solo con un cospicuo numero di persone a ricoprire ruoli specifici nel mondo del lavoro ma anche a poterne apprezzare capacità spesso sconosciute a chi viene definito "normodotato".
Un disabile è di per se una persona con capacità maggiormente sviluppate rispetto a chi non subisce l'handicap. L'esempio di disabili che riescono, pur subendo barriere aberranti nel quotidiano, a vivere pur di esistere, dovrebbe essere un vessillo da portare nell'anima per farci rendere conto che semmai si è disabili quando pensiamo che l'esistenza sia fatta di successi effimeri spesso legati all'immagine esteriore.
Il processo di inclusione, nel nostro paese ma non solo, ha ancora un orizzonte lontano, anche se sono presenti molti eventi legati alla volontà di comprendere all'interno del vivere comune persone simili e dissimili, cancellando ogni tipo di pregiudizio.
Ma a volte, è proprio in questi "eventi" che si legge una spettacolarizzazione di ciò che, se veramente si volesse operare un processo di reale inclusione, non si dovrebbe sbandierare come un evento eccezionale.
La condizione di disabilità rimarrà così, soltanto uno stato di diversità proclamata a gran voce a seconda del momento sociale e politico, da sbandierare per demagogia o per un sentimento di pena che si contrabbanda per evoluzione sociale e politica.
Ma la speranza si sa, è l'ultima a morire, anche nel nostro tempo, ove tutto appare ormai palese: le regole che non regolano più nulla, la politica che non serve più ad amministrare un paese, un'economia – quella che dovrebbe gestire una nazione – utilizzata per tasche improprie… e di passo in passo, sempre più soffocati, ecco l'esercito dei disabili. La vita osteggiata dalla condizione fisica, dalla negazione di un diritto a vivere, dai pregiudizi che albergano nel cuore di chi considera la vita una strada da cui togliere il maggior numero di sassi durante il percorso.
E' necessario che ogni organizzazione attualmente in essere che abbia come fondamento la reale inclusione delle persone disabili, dialoghino con maggiore fermezza e decisione presso le istituzioni. E' necessario che si operi nell'unità di intenti. E' necessario portare proposte concrete ed attuabili. E' necessario aprire le porte della luce della speranza, affinché si possa un giorno, non più parlare di diritti negati, ma di un mondo ove ognuno porti il suo contributo. Sia che si cammini con le proprie gambe, sia che si percorra la vita su quattro rotelle.
Disabilità sia uguale a nuove risorse per il nostro e per gli altri paesi: solo così un giorno, cancelleremo anche il termine "inclusione" che sarà si meno persecutorio e diversificante di "integrazione", ma sempre termine discriminante.
Riflettere, come sempre, è d'obbligo. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 21/11/2024 07:31:32 |
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