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Riflessioni sul clima che sta cambiando

Riflessioni sul clima che sta cambiando
Autore: Susanna Schivardi - Redazione Ambiente
Data: 10/08/2019

Osservo da vicino il lento cambiamento che avviene davanti ai nostri occhi, ho come un senso di smarrimento quando vedo la città desertificata da un mare di cemento, da una politica del verde che taglia gli alberi invece di piantumarli, quando vedo palazzi interi tutti con le loro decine di motori di condizionamento, auto infuocate e piene di aria fredda artificiale, interni raffreddati da queste ventole salvifiche ma minacciose per l’aria. La notte l’afa attanaglia la gola e la pelle, rendendo gli esseri umani come viscidi rettili scivolosi e sudati.

Siamo una popolazione in lento movimento che durante l’estate arranca faticosamente da un marciapiede all’altro tentando di sconfiggere la calura torrida di un terrificante pomeriggio di Agosto. Previsioni sempre più minacciose, quasi da thrilling nell’attesa di conoscere quali saranno le massime del giorno dopo. Se non è l’afa è la pioggia torrenziale, calda anch’essa che immerge nel fango interi paesi, per poi tornare al caldo intenso da punte massime mai registrate prima, ogni anno è un nuovo record.

All’interno delle abitazioni si sta chiusi con i condizionatori in piena attività, tentando un riassetto del fisico debilitato e deformato dalle temperature esterne, ormai invincibili, e dentro queste case condizionate si sta come in un frigo sottovuoto, imbottigliati in scatole da cui si consiglia di non uscire per non incorrere in gravi incidenti alla salute. Finestre chiuse, serrande abbassate contro i raggi violenti del sole, si sta come gatti in una tana, in attesa della fine. Non si sentono i rumori esterni, la vita come ovattata non lascia filtrare più nemmeno una goccia di voce proveniente dalla strada, perché aprire i vetri significherebbe essere soffocati da un’ondata di calore insopportabile.

I movimenti rallentati, la mente ottenebrata, un paesaggio apocalittico che coglie alla sprovvista mentre ci ricordiamo di quei tempi in cui non esistevano condizionatori perché non ce ne era bisogno. Le notizie si accavallano sormontate da un senso di spaesamento perché contro lo scioglimento della Groenlandia è veramente difficile trovare misure di sicurezza. La tecnologia ci è servita per tante cose ma evidentemente esistono limiti profondamenti umani all’eludere il collasso dell’umanità stessa che sembra votata all’autodistruzione.

Non serve evidentemente pensare ai figli o ai nipoti che tra 20,30,40 anni probabilmente troveranno il deserto in sud Italia, la pianura padana e il Friuli Venezia Giulia saranno risucchiate dall’acqua, la Marmolada sarà solo una bella cartolina lasciata dai genitori e la settimana bianca non esisterà più come gli sport invernali se non oltre i tremila dove l’ossigeno è già piuttosto rarefatto.

Enormi fette di popolazioni da zone povere dell’est Asiatico, dell’Africa saranno costrette a migrare e ad andare verso un nord che sarà già colonizzato da chi ha avuto modo di spostarsi prima e con mezzi sicuramente più adeguati. I super ricchi vivranno nelle loro abitazioni d’acciaio, blindate, piene di accessori super funzionali per sopravvivere ai cambi di temperatura e di condizioni di vita. Gli altri moriranno di stenti in zone dove l’agricoltura sarà morta e dove non ci sarà più acqua.

Si verificherà una selezione durissima tra chi dovrà vivere e chi no. I paesaggi cambieranno, molte specie animali non ci saranno più e forse con l’intelligenza artificiale si riusciranno a ricreare habitat e fauna in 3d da mostrare ai nostri discendenti, se mai ci saranno, e raccontare loro com’era bello il Pianeta Terra. L’autodistruzione è vicina e noi stiamo vivendo il momento clou, quello delle grandi scelte, quello dei si e dei no che segneranno il nostro futuro. È solo un lancio di dadi. Se preferire vivere o autodistruggersi, ma conoscendo l’uomo temo che la seconda sarà la scelta. Purtroppo. 




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Data:10/08/2013
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Obbiettivo:50000 firme

 
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