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Gli esperti a Economia sotto l’Ombrellone: puntare sull’azionario e sui paesi emergenti Il secondo incontro della rassegna estiva dedicata all’economia si è concentrato sui consigli ai risparmiatori. I consigli di Mario Fumei, Vincenzo Marotta e Gianluca Scelzo: gli investitori italiani devono cominciare a rischiare, ma con prudenza ed evitando il fai da te La guerra dei dazi esplosa fra Stati Uniti e Cina, e che, probabilmente, a nessuno dei due contendenti conviene vincere al punto da “schiantare” l’avversario, sta pesantemente influenzando le prospettive economiche generali e gli andamenti delle borse mondiali. L’Europa e gli altri Paesi sono costretti ad agire da comprimari con danni per qualcuno (l’Europa) e, forse, vantaggi per qualcun altro (India e Paesi emergenti). A parlare di questo scenario, durante la seconda puntata della nona edizione di Economia sotto l’ombrellone svoltasi al Beach Aurora di Lignano Pineta sul tema “Investire al tempo dei dazi”, sono stati il consulente finanziario e private banker Mario Fumei, il responsabile Private Udine e Pordenone di Banca Monte dei Paschi di Siena, Vincenzo Marotta e il consigliere delegato di Copernico Sim, Gianluca Scelzo, moderati dal giornalista Carlo Tomaso Parmegiani. Nel corso dell’incontro i relatori hanno cercato di analizzare quali potranno essere gli sviluppi e i rischi futuri, provando a dare qualche indicazione di scenario utile a orientare gli investimenti nei prossimi anni, fermo restando il fatto che in un mondo economico-finanziario che si fa di giorno in giorno più complesso, rimane fondamentale evitare il “fai da te” e il trading quotidiano in autonomia, con il quale tanti italiani si stanno facendo male, e affidarsi agli esperti per la gestione dei propri portafogli. «L’Italia – ha sostenuto Fumei – sta vivendo un periodo di relativa tranquillità sul fronte dello spread, ma l’impressione è che ciò accada perché al momento i rischi finanziari nel mondo sono altri e, quindi, gli operatori si siano concentrati su altre questioni. Il serio rischio, però, è che quando i nodi della prossima finanziaria verranno al pettine e il forte squilibrio della nostra economia si evidenzierà nuovamente, lo spread possa tornare a salire notevolmente. L’Europa, dal canto suo, in questa battaglia economica finanziaria mondiale ha le armi spuntate perché ha già i tassi negativi e non ha una velocità di decisione e la politica unitaria che possono mettere in campo Washington e Pechino. Tuttavia – ha continuato – le aziende europee quotate oggi sono sottostimate rispetto a quelle americane e, quindi, sull’azionario forse oggi vale la pena di investire in Europa. Inoltre, bisogna stare attenti, perché negli Usa c’è il rischio di una possibile esplosione di una bolla del debito dovuta al fatto che molte aziende negli anni scorsi hanno riacquistato azioni proprie a debito. In questa situazione – ha concluso –, gli italiani sono investitori che non amano il rischio, ma l’obbligazionario non rende, l’immobiliare nemmeno, se non in rasi casi, rimangono, quindi, l’azionario, soprattutto di alcune aree, e le materie prime. Premesso che è sempre meglio affidarsi agli esperti, suggerirei di guardare con attenzione a piani di accumulo sui mercati emergenti dove oggi si concentra il 70% della crescita mondiale». Secondo Marotta, il prossimo passaggio europeo con l’assunzione delle rispettive cariche di Ursula von der Leyen (presidenza della Commissione Europea) e Cristine Lagarde (Bce) potrebbe portare a un nuovo e più deciso interventismo europeo in economia e a una forte azione di mediazione fra i due grandi contendenti Cina e Usa. «In questo momento – ha, poi, spiegato – circa il 70% degli asset obbligazionari planetari danno rendimento negativo a 10 anni e i titoli italiani sono fra i pochi che danno ancora un minimo rendimento positivo. Certamente, oggi, non paga lasciare i soldi in conto e bisogna trovare soluzioni alternative di investimento. Penso che si debba guardare con interesse al Giappone che, avendo una dinamica demografica simile a quella italiana, ha fatto importanti riforme e oggi ha un’economia che sta uscendo da lunghi anni di crisi. Certamente, c’è, poi, bisogno che gli italiani, se vogliono avere rendimenti, si abituino a rischiare, con prudenza, un pochino di più e, allora, i piccoli Paesi emergenti, come Vietnam, Indonesia, ecc., (che prenderanno beneficio dallo spostamento delle aziende occidentali e, in particolare, Usa che stanno lasciando la Cina), possono essere interessanti». «In Europa – ha detto senza mezzi termini, Scelzo – siamo talmente impegnati a litigare fra un Paese e l’altro, sui migranti e sui confini, che non ci accorgiamo che l’economia va avanti e noi, tutti insieme, stiamo rimanendo indietro. L’Europa dovrebbe essere uno Stato, ma in realtà è composta da tanti Stati con idee completamente diverse e non ha fatto nessuna riforma strutturale seria negli ultimi vent’anni. Continuando così, conteremo sempre meno a livello globale. Gli Usa, invece, oltre a rischiare una bolla del debito, sono di nuovo in una pericolosa bolla immobiliare, con i valori immobiliari che salgono ininterrottamente da 11 anni come mai prima nella storia. Lo spread italiano è tranquillo, ma è solo apparenza perché, comunque, ciascun italiano, neonati e centenari compresi, ha 39mila euro di debito pubblico sulle spalle e, prima poi, questo nodo la cui soluzione continuiamo a rimandare, dovrà necessariamente venire al pettine. In questa situazione, investire non è una scelta facile. Personalmente – ha continuato il consigliere delegato di Copernico Sim –, vista la demografia estremamente negativa del nostro Paese e le tasse di successione così basse che dovranno essere, prima o poi, necessariamente alzate considerevolmente, eviterei l’immobiliare ovunque in Italia tranne che a Milano centro e nei centri delle quattro/cinque città turisticamente più attraenti. Per investire, penserei a una forte diversificazione, ragionando bene sugli obiettivi e i tempi che si hanno a disposizione, ma in linea di massima al momento punterei sui Paesi emergenti e su alcuni beni e settori rifugio, come l’oro, ma non fisico quanto piuttosto in gestito da investitori professionali, o come il settore farmaceutico». Com’è nata la guerra dei dazi tra USA e Cina – Tutto prende il via con la crescita, in rallentamento, ma ancora inarrestabile, dell’economia cinese le cui principali 129 aziende, per la prima volta secondo l’indice Forbes, hanno superato per capitalizzazione totale le prime 121 aziende americane, e dalla politica, solo apparentemente dolce, della Cina che negli ultimi decenni con un’azione sotterranea e silenziosa sta cercando di conquistare i gangli vitali dei Paesi economicamente sviluppati e non. Una predominanza economica che, probabilmente nei prossimi decenni, sarà sostenuta dal fatto che la Cina possiede oltre un terzo del debito pubblico americano, è il Paese di gran lunga più ricco delle preziosissime “terre rare” e con i suoi 1,3 miliardi di abitanti ha una forza vitale e propulsiva sconosciuta a tutti gli altri. Uno strapotere al quale Trump sta tentando di reagire con i dazi per salvaguardare il primato economico Usa, ma ottenendo spesso effetti scarsi o controproducenti e pesantissime e immediate contro-reazioni cinesi come la netta svalutazione dello Renminbi (noto anche come Yuan) di ieri (la prima dopo 11 Anni). Fatto che potrebbe portare a una progressiva svalutazione del dollaro e a possibili effetti sull’Euro. Nel complesso un intricato insieme di provvedimenti e reazioni economico-politiche che rendono sempre più difficile per gli operatori finanziari decifrare il possibile equilibrio internazionale futuro e, quindi, anche gli andamenti economici e borsistici.
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 23:05:24 |
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