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La carne prodotta in laboratorio potrebbe presto essere accessibile per l’acquisto. Introdotta la prima volta dieci anni fa sotto forma di bistecca al costo di diverse centinaia di migliaia di euro, potrebbe essere, nel giro di due anni, presente nei supermercati al prezzo di 9 euro, così come dicono alcune start-ut europee.I consumatori preoccupati per il cambiamento climatico, il benessere degli animali o per la loro stessa salute, si interessano sempre più alla carne cosiddetta “pulita”, e il numero di aziende che si lanciano in questa avventura è passato da quattro della fine del 2016 ad una ventina del 2018, secondo The Good Food Institute (GFI). La start-up olandese Mosa Meat, creata dal professor Mark Post e finanziata dal cofondatore di Google Sergej Brin, ha fabbricato, nel 2013, la prima “bistecca in vitro”, prodotta senza carne animale a partire da cellule staminali, al costo di 250.000 euro. Ma i costi di produzione di questi hamburger sono considerevolmente calati, osserva Mosa Meat la sua concorrente spagnola BioTech Foods. Il mercato è, in effetti, vasto, il consumo di carne non cessa di crescere. Nel 2017, ci sono stati 323 milioni di tonnellate di carne prodotti nel mondo, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), un dato in costante aumento. Per Liz Specht, scienziato al GFI , l’obiettivo della parità di costo tra la carne classica e quella cosiddetta “pulita” può essere raggiunto, a condizione che la sua produzione si faccia in scala industriale. La cofondatrice di BioTech Foods, Mercedes Vila, sottolinea anche l’importanza del passaggio da laboratorio a fabbrica. “Il nostro obiettivo è di raggiungere una produzione a livello industriale e che si ottenga un’autorizzazione entro il 2021”. I sostenitori di questa innovazione sostengono che si tratta dell’unico mezzo ecologicamente durevole per soddisfare la domanda di carne che, secondo la FAO, raddoppierà tra il 2000 e il 2050. Ma, per John Linch, specialista in ambiente all’Università di Oxford, questa alternativa non rappresenta necessariamente un mezzo per economizzare di più in energia rispetto al metodo tradizionale di produzione. “Alcuni studi hanno sottolineato che la carne coltivata necessita di meno fonti ‘di alimentazione’ rispetto alla produzione tradizionale in allevamento, ma che ha bisogno di più energia”. “Se questo è il caso, il suo impatto sul clima dipenderà dall’origine di questa energia”. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 23:17:41 |
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