Meno di due anni. E’ il tempo che resta all’umanità per cominciare a ridurre drasticamente le sue emissioni di gas ad effetto serra (GES). L’ultimatum è stato fissato dagli scienziati del Gruppo di esperti intergovernativi sull’evoluzione del clima (Giec) nel loro famoso rapporto su 1,5 gradi pubblicato ad ottobre. Il tempo comincia a mancare per bloccare il riscaldamento del clima a 1,5 gradi rispetto all’epoca preindustriale.
Queste emissioni nefaste per il clima non cessano di crescere a livello planetario, come è confermato dagli ultimi dati pubblicati dalla rete europea di osservazione Copernicus.
Nel mondo le emissioni di gas ad effetto serra continuano a crescere
La curva assomiglia ad una montagna la cui vetta stenta ad appiattirsi. Grazie alle misure satellitari di Copernicus, sappiamo che le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera sono cresciute nel 2018 di circa 2,5 parti per milione ogni anno. Questi dati completano quelli dell’Organizzazione meteorologica mondiale e quelli del Global carbon project, basati su osservazioni di superficie e pubblicati a fine 2018. Questi fanno sapere di una crescita delle emissioni Ges del 2,7%. In più rispetto al 2017, quando la crescita era stata dall’1,6%.
“Nel 2018 abbiamo ancora avuto un anno molto caldo, il quarto anno più caldo mai registrato, dichiara Jean-Noel Thépaut, capo del Copernicus Climate Change Service (C3S). Alcuni avvenimenti climatici drammatici come l’estate calda e secca in gran parte dell’Europa, con l’aumento delle temperature intorno alle regioni artiche, sono segni allarmanti per tutti noi. E’ il momento che, unendo le nostre forze, potremmo fare qualcosa di diverso e preservare il nostro Pianeta per le generazioni future”.
In Usa, le emissioni ricominciano a crescere
Gli americani non non vengono meno alla regola ed hanno visto le loro emissioni di gas ad effetto serra aumentare nel 2018 del 3,4%, dopo tre anni di cali, così come lo fa sapere uno studio pubblicato dall’istituto Rhodium group nei giorni scorsi. “Questo indica il secondo più forte aumento in più di venti anni, sorpassato solo dal 2010 quando l’economia è ripresa dopo la ‘grande recessione’”, dice il rapporto. Questa crescita è da attribuire essenzialmente ai trasporti, il settore più inquinante in questi ultimi tre anni. Le domande di diesel e kerosene sono fortemente aumentate, in compenso si è registrato un leggero calo dei consumi di benzina.
L’Europa in calo
Nel Vecchio continente il quadro è meno scuro, Tra il 1990 e il 2015, le emissioni di Ges sono calate del 23,6%, malgrado un aumento del Pil del 50%. Solo dopo quattro anni esse sono ripartite al rialzo, mettendo fine alle speranze di aver superato il picco. Nel 2018, la dinamica per i Paesi dell’Ue è di +1,8%.
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In Cina siamo prossimi alla stagnazione?
Sulla scena climatica, l’attore più importante resta la Cina e le sue 2.700 megatonnellate di CO2 emesse nel 2017, cioé un quarto delle emissioni mondiali. Dal 1990, le emissioni per abitante del Paese si sono moltiplicate di oltre il 3,8. Il Paese rimane il più grande inquinatore al mondo, in percentuale per abitante. I dati del 2018 non sono ancora conosciuti, ma l’anno precedente le emissioni sono cresciute del 1,7%, dopo due anni di stagnazione. Tuttavia, Pechino ha promesso di raggiungere un picco prima del 2030.
Per questo, un gigantesco piano di transizione energetica è stato avviato nel Paese. Nel 2017, la Cina ha installato più pannelli solari che non le capacità fotovoltaiche di Germania e Francia messe insieme. Malgrado questi sforzi, circa il 70% delle emissioni cinesi sono causate da una forte dipendenza dal carbone, una delle energie più inquinanti al mondo.