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Nigeria nord-orientale: una crisi umanitaria senza fine

Nigeria nord-orientale: una crisi umanitaria senza fine
Autore: Redazione Esteri
Data: 11/01/2019

Nel nord-est della Nigeria l'emergenza è tutt'altro che finita per i quasi due milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case negli ultimi nove anni. Ogni giorno c’è chi scappa dalla violenza di un conflitto continuo che costringe molte persone a lottare per trovare cibo, acqua o un riparo negli stati di Borno e Yobe, rendendoli di fatto dipendenti dagli aiuti umanitari per sopravvivere.

 

Le pessime condizioni di vita nei campi sfollati hanno provocato una serie di emergenze sanitarie, tra cui un’epidemia di colera, dichiarata dal Ministero della Salute nel settembre 2018, che ha portato Medici Senza Frontiere (MSF) ad aumentare le proprie attività a Maiduguri e in molte altre città degli stati di Borno e Yobe. “Nel 2018 MSF abbiamo curato oltre 8.000 pazienti affetti da colera e vaccinato 332.700 persone contro questa malattia” afferma il Dr. Louis Vala, coordinatore medico di MSF in Nigeria.

 

Già nei primi giorni di gennaio 2019 MSF è intervenuta a Maiduguri per assistere i nuovi sfollati, fornendo loro assistenza medica, distribuendo coperte e sapone e costruendo latrine. Sono più di 8.000 persone sono arrivate a Maiduguri nell'arco di un paio di settimane, dopo essere fuggite dal conflitto in aumento nel nord dello Stato del Borno.

 

L'intensità della crisi e le sue conseguenze umanitarie non sono diminuite nel momento in cui le persone non ricevono gli aiuti di cui hanno bisogno” dichiaraLuis Eguiluz, capomissione di MSF in Nigeria. “Sono bloccate nei campi da anni. La limitata libertà di movimento impedisce loro di potersi sostenere, mentre il conflitto in corso gli dà poche possibilità di tornare a casa”.

 

Nonostante la loro dipendenza dagli aiuti, spesso non ne arrivano abbastanza nei campi.  “L'assistenza umanitaria è insufficiente e non copre tutti i bisogni delle persone, da quelli di salute a quelli relativi all’accesso all’acqua, fino alla necessità di protezione e di avere un rifugio dove vivere” afferma Eguiluz di MSF. “A Gwoza la distribuzione di cibo è diminuita. A Pulka l’approvvigionamento d’acqua è inadeguato e 4.000 persone vivono in un campo di transito in attesa che gli venga assegnato un rifugio (VIDEO). Stessa situazione a Bama, dove le persone appena arrivate dormono a volte sotto gli alberi o condividono rifugi comuni con altre 70 persone per mesi”.

 

“Tutto quello che ho sono i vestiti che indosso”

 

Maryam Sofo, una vedova di 80 anni (foto in allegato), vive in un campo per sfollati a Bama. Due anni fa, la sua famiglia ha lasciato la città natale di Banki, vicino al confine con il Camerun, dopo che frequenti attacchi rendevano estremamente difficile la vita di tutti i giorni. Maryam era troppo malata per muoversi e così la sua famiglia ha preso la difficile decisione di non portarla con sé. È così rimasta sola, sopravvivendo con il cibo distribuito dalle organizzazioni umanitarie, anche se la sua debolezza le impediva di raccogliere la legna da ardere e cucinare. Nel novembre 2018, recuperate le forze, ha raggiunto suo figlio e la sua famiglia a Bama, una città distante a 60 km a nord-ovest. Arrivando a Bama, ha scoperto che la vita nel campo è tutt'altro che facile.

 

La vita qui è preoccupante” racconta Maryam. “Sono arrivata 20 giorni fa, subito dopo la distribuzione mensile di cibo e di generi di prima necessità soccorso. E così da quando sono arrivata qui non ho ancora ricevuto niente. Non ho cibo, nessuna coperta, nessuna tanica per raccogliere acqua, nessuna stuoia su cui dormire. Tutto quello che ho sono i vestiti che indosso”.

 

Per Maryam, così come per i quasi due milioni di persone costrette a lasciare le loro case nella regione, l’arrivo della stagione secca non porta altro che l’aumento della violenza e dell'insicurezza. Oltre ad abbandonare le loro case, molti hanno perso familiari e sono sopravvissuti a violenti attacchi. Confinati nei campi, le loro prospettive sono estremamente limitate e dipendono dagli aiuti per sopravvivere.

 

Distribuire aiuti nel nord-est della Nigeria è una vera e propria sfida a causa dell’insicurezza e dell’inaccessibilità di molte aree per le organizzazioni umanitarie. Le operazioni militari sono in corso in molte parti dello stato del Borno e gli attacchi avvengono regolarmente sulle strade di collegamento tra le città, così come nei centri abitati. Di conseguenza, le organizzazioni sono spesso costrette a dipendere dalla disponibilità di aerei per trasferire personale e trasportare rifornimenti in aree al di fuori di Maiduguri, capitale dello stato del Borno. Ma anche in luoghi con meno vincoli di sicurezza non arrivano spesso aiuti a sufficienza.

 

Aiuti umanitari, MSF: non è il momento di interromperli

 

L’Agenzia per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite stima che 800.000 persone vivono in aree non accessibili alle organizzazioni umanitarie. Mentre si sa poco sulle loro condizioni di vita e sui loro bisogni, è invece estremamente preoccupante lo stato di salute delle persone che arrivano da queste aree. Uno studio epidemiologico condotto da MSF nel settembre 2018 mostra come l'8,2% dei bambini arrivati a Bama dal maggio 2018 soffre di malnutrizione severa acuta e al 20,4% è stato riscontrato un tasso di malnutrizione globale (indicatore che comprende la malnutrizione acuta grave e quella moderata), cifre molto al di sopra della soglia di emergenza. Questi tassi allarmanti riflettono molto probabilmente le disperate condizioni di vita e gli importanti bisogni delle persone che vivono in aree insicure inaccessibili alle organizzazioni umanitarie.

 

L'emergenza nel nord della Nigeria è tutt'altro che finita. I dati nutrizionali raccolti a Bama nel settembre 2018 non sono molto diversi, se non addirittura peggiori, rispetto a quelli di alcuni anni fa quando la critica situazione nutrizionale del Borno divenne di dominio pubblico” dichiara Eguiluz di MSF. “Non è il momento di ridurre gli aiuti umanitari di emergenza nel Borno. Le persone dipendono fortemente dagli aiuti esterni per sopravvivere e attualmente questi bisogni fondamentali rimangono insoddisfatti. La popolazione soffre quotidianamente delle conseguenze del conflitto in corso ed è vitale che venga almeno assicurata un'assistenza di base, specialmente nelle aree fuori da Maiduguri”.

 

 

 




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