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Ciakpolska Film Festival, il festival del cinema polacco a Roma che ha avuto luogo alla Casa del Cinema dal 1 al 7 dicembre, ci ha regalato una perla rarissima di cinematografia, in uscita nelle sale italiane il 20 dicembre, dal titolo Cold War, del premio Oscar Paweł Pawlikowski maestro e interprete grandioso di un cinema attuale e molto determinato. Vincitore come miglior film a Cannes, è cornice di una brillante e struggente storia d’amore strappa viscere, puro ardore tra due protagonisti, Zula e Wiktor, in un lasso di tempo tra la fine della seconda guerra mondiale, il 1949 e il 1964, tra Berlino, Varsavia, la Jugoslavia e Parigi. Girato in bianco e nero e in uno stringente 4:3, con una regia essenziale che nulla lascia al caso e nulla risparmia, la trama si divincola tra un amore scomposto e una ricerca inossidabile e tracotante di assoluto, attraverso l’amore impossibile da conquistare su questa terra. Travolti da una musica incessante e accelerata, i due, molto distanti per mondo, visione e origine, si ritrovano indissolubilmente uniti da una passione viscerale e incontrollabile, tra l’ansia di perfettibilità e la follia di Zula, estrema, ubriaca di bellezza ed ebbra di fascino, sconvolta dalla forza trascinante di Wiktor e spaventata dalla violenza della vita che tutto dona e tutto travolge. Non vi è pace fra i due, se non nella cornice di una natura fresca, incontaminata, spettrale, gli unici rari momenti privi di musica, in cui le due anime si fondono, per un finale senza pari, teso tra la forza dell’amore e la fragilità dell’esistenza. Un bianco e nero di classe, immenso nelle sue sfumature accennate di grigio, oltre il quale si intravedono senza dubbi la moltitudine dell’essere travolto dall’ardore e dall’inconsapevole ragione condizionata dalla storia, dagli eventi, dagli ostacoli che si frappongono costantemente tra due anime dissolte in un destino fatale. Il ritmo incandescente come il ritmo delle note sul pianoforte, la poesia, l’alcool e una moltitudine di sigarette consumate alla Humphrey Bogart, con un fumo che dissolve le pieghe di qualsiasi diluvio. Un diluvio dirompente come la personalità di Zula che travolge inesorabilmente Wiktor, una forte pianta dall’arbusto flessibile ma dinoccolato, nutrito a jazz e amore sconfinato per lei. Un amore tanto estremo come la pellicola che conclude una lunghissima e straziante avventura, in un assordante silenzio abbandonato ad un paesaggio lunare. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:42:21 |
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