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Di e con Melania Giglio, per la regia di Daniele Salvo e con Adona Mamo e Sebastian Morosini, in scena fino al 25 novembre uno spettacolo intenso e onirico, evocativo in un modo singolare e suggestivo. Un palcoscenico rivestito di bianco, come una dama purissima, una vergine rarefatta che accoglie tra le maglie delle sue pieghe indolenzite tutte le sofferenze del mondo. Un dolore straziante quello di Mimì, Mia Martini, cantante, donna, artista, dal poliedrico aspetto, mutevole e nella sua perfezione la proiezione iconica della sofferenza interiore, un duetto indivisibile di esistenza e arte che si fondono creando il sublime immortale. Due angeli al suo fianco, Adona e Sebastian, che la chiamano, rievocando i momenti più significativi di una vita tutta lacerata dalle delusioni, a partire da un padre difficile, un rapporto controverso con la madre, la sua voce inconfondibile ed eterna e poi l’onta della sfortuna, la rinascita e il precipizio verso la malattia fino ad una morte prematura. Mimì ha incarnato l’estasi del canto e la fine dell’amore in senso universale, perennemente delusa dalle sue esperienze è stata uccello troppo fragile per volare senza farsi male. Nella scena Melania Giglio è onnipotente, recita con una voce roca e pesantissima, come fosse sasso da scaraventare addosso al pubblico, per poi innalzarsi altissima quando da voce alle note di canzoni come Piccolo Uomo, Almeno Tu, Gli Uomini non Cambiano, E non finisce mica il Cielo, e altre che segnano come fregi la sua anima innocente, la sua ribellione sentimentale, la sua speranza vanificata, il suo grido inascoltato. In provincia di Varese in un palazzo anonimo l’hanno poi trovata morta, ma questo il testo di Daniele Salvo non lo racconta come in una cronaca ma ce lo fa sentire come un evento ineluttabile, l’inevitabile fine di una persona estremamente fragile per un mondo tanto crudele e inesorabile. Adona Mamo, attore e cantante, esemplare originalissimo di voce da soprano in un corpo maschile, e Sebastian Morisini, angelo androgino e ambiguo, in abiti celestiali si muovono adagio attorno a lei, intonando e celebrando la sua voce con un senso di riverenza e mestizia. Come se solo dal silenzio possa nascere il vero canto libero di un’anima che chiede pietà. Su un testo denso e concitato i tre si muovono con solennità, senza sgarbo, senza forzature, e l’immagine bianchissima e fulgida delle due creature celesti porta lo spettatore verso una rarefazione e uno scollamento dal terreno che rende questo spettacolo davvero innovativo e vincente. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:45:32 |
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