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Si continua a parlare di calo delle nascite e del fatto che l’Italia sia la seconda nazione al mondo, dopo il Giappone, per il più alto indice di persone anziane. Molti si preoccupano di voler risolvere in qualche modo la situazione, promettendo misure a sostegno della natalità. Altri sparano castronerie su un eventuale, quanto necessario, ricambio della popolazione attraverso l’importazione di altre etnie, che dovrebbero – a parer loro – rimettere a posto la situazione, senza però meditare sul fatto che, in tal modo, non potremmo più parlare di popolo italiano, bensì di un qualcosa di trasformato in popolazione multietnica e multirazziale. Soluzione non percorribile. Eppure, a ben guardare, il calo della popolazione non dovrebbe poi esser preso come criterio negativo. Siamo troppi, lo sappiamo, e lo spazio vitale per ognuno cala clamorosamente di giorno in giorno in giorno. Perché a ogni costo si desidera riempirlo di altra umanità? Oltretutto, considerando come le istituzioni non sostengono affatto le famiglie con figli, va da se che chi sostiene la crescita demografica spari slogan senza costrutto. Semmai, si dovrebbe pensare a come migliorare la vita degli anziani, che ormai raggiungono età rispettabili, dal momento che l’aspettativa di vita cresce ed è anche per questo che il numero di chi supera i 70 anni è in crescita costante. Guardiamo ad esempio cosa accade in Giappone. Innanzitutto vanno in pensione a 65 anni, ma se si scocciano di restarsene a casa a girarsi i pollici, possono decidere di continuare a lavorare. Cominciamo a prendere esempio da loro. A 65 anni, oggi come oggi, non si è vecchi, semmai in là con gli anni, che fa un effetto diverso. A parte questo, contrariamente a quanto accade da noi, gli ultrasessantacinquenni giapponesi, godono del rispetto dell’intera società: l’esperienza paga da quelle parti, al punto che – a livello governativo – in considerazione del fatto che il trend di anzianità è in crescita, invece di relegare gli anziani nell’angolo più remoto della società nipponica, si pensa a come reintrodurceli, varando misure che, concretamente, mettono questo 40% di popolazione – è la percentuale degli anziani sul totale del popolo nipponico – nella condizione di restare attivi e produttivi per la società. Da quelle parti, la gente non ama cascare a ridosso delle istituzioni o delle famiglie: amano restare attivi e indipendenti, criterio che da noi dovrebbe essere insegnata fin dalle scuole elementari. Oltretutto, restando attivi, gli anziani sconfiggono molti dei malanni legati non tanto all’età che avanza quanto alla sedentarietà. Prendiamo quindi spunto dai giapponesi: invece di sostenere la natalità, per poi abbandonare a se stesse le famiglie, che si varino misure a sostegno della riattivazione degli ultrasessantacinquenni. Il patrimonio culturale, di conoscenza lavorativa e professionale, la maggiore capacità di comprensione dovuta all’esperienza, non possono essere gettate nel secchio della spazzatura, ma utilizzate per il bene di tutti, a cominciare da quello degli anziani, che non sentendosi più come una scarpa vecchia, inutile e imbarazzante, potranno solo migliorare la condizione di tutti, con un notevole risparmio anche per ciò che riguarda la sanità, le politiche sociali per gli anziani e anche quelle per la famiglia. Auspichiamo che chi di dovere prenda nota. Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina |
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 21/11/2024 07:37:30 |
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