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Incontrando Don Sardelli

Incontrando Don Sardelli
Autore: Antonio Martines
Data: 15/11/2007

Quando si in contra per la prima volta una persona il primo metro di giudizio che si può usare è senza dubbio la stretta di mano. Quella di Don Sardelli è una stretta forte incisiva asciutta e dai tempi giusti, una stretta che di solito appartiene a persone schiette e leali, forse a volte anche dure e combattive ma mai non sincere. Ed in effetti quando Don Sardelli parla, conferma queste caratteristiche, denotando una fermezza morale ed un'onesta intellettuale che ormai appartengono a uomini d'altri tempi, uomini che ai giorni nostri è sempre più difficile incontrare. La società contemporanea non è più in possesso del prezioso conio in grado di produrre uomini del genere, quindi quei pochi che sono rimasti sembrano quasi dei sopravissuti, dei viaggiatori che hanno visto cose ed epoche che non torneranno mai più se non nelle loro memorie e nei loro racconti. Tuttavia Don Sardelli è un uomo del presente che combatte per il futuro, e a questo futuro tutti devono avere diritto, anzi forse qualcuno deve averne di più, visto che viene da un passato tormentato e da un presente difficile. Di solito chi se la spassa non si interessa gran chè del futuro, riducendo quest'ultimo ad un'incognita il cui valore è tutto da scoprire, ma chi soffre invece guarda al futuro con una speranza quasi… disperata. Verso questi ultimi si è sempre rivolto l'interesse di Don Sardelli, fin dal lontano 1970, quando in quella che era una vera e propria baraccopoli costruita quasi a ridosso dell'acquedotto romano del parco di San Policarpo, fondò la scuola 725. Quella scuola era stata anch'essa allestita alla bene e meglio in una baracca, e al suo interno si leggeva Che Guevara, Mao Tse Tung e si parlava della guerra in Vietnam. I bambini che frequentavano quella scuola erano dei bambini speciali, che studiavano cose speciali, cose che non si studiavano in nessuna altra scuola in quegli anni,ma che sarebbero servite a dar loro una corazza con la quale affrontare gli urti della vita. Una vita che si stagliava all'orizzonte e tutto sembrava tranne che facile. Quei bambini insieme a Don sardelli spedirono una lettera all'allora sindaco di Roma Clelio Darida, e in quella lettera c'era scritto che loro esistevano e avevano diritto ad una vita vera. Roma scopri un'umanità che rivendicava con forza i propri diritti contro tutto e contro tutti, anche contro la stessa città, che in alcune sue frange guardava con malcelato sospetto i propositi di riscossa portati avanti con tanta fierezza da questo energico prete. I risultati non mancarono, visto che l'amministrazione di allora accolse le proposte avanzate da Don Sardelli, abbattendo la baraccopoli e costruendo delle nuove case. A quasi quarant'anni di distanza Don Sardelli, che nel frattempo non ha mai smesso di frequentare gli umili e i diseredati, ha deciso di rifarsi vivo, ancora una volta,per denunciare la grave situazione sociale che sta vivendo Roma ai giorni nostri. Lo strumento di battaglia è sempre lo stesso; una lettera, firmata da gran parte di quei bambini che nel frattempo sono diventati adulti. Il destinatario sempre lo stesso, allora come oggi, il sindaco di Roma.Le tematiche affrontate sono sempre quelle: povertà,alienazione,violenza,fame,degrado. Chi ne soffre non è più italiano, ma straniero e proviene da posti lontani e parla lingue diverse, ed è quindi ancora più difficile farsi capire.


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Data:10/08/2013
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