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Metodo educativo originale nato in Italia nel 2008 e ideato da Carlo Maria Cirino, laureato in filosofia e con un dottorato in Scienze della Complessità e una formazione eclettica che spazia dalla teologia al buddismo, e da Cecilia Gampaoli, laureata all’Accademia delle Belle Arti di Urbino con una tesi sulla Grafica d’Arte contemporanea, mira ad allenare la forza immaginativa del bambino in un’epoca in cui la tecnologia sta cercando in ogni modo di azzerarla. Con questo presupposto l’ideatore offre la possibilità di una formazione attraverso workshop e corsi formativi specifici in sede a Torino, percorrendo con approfondimenti e analisi una strada che porta alla comprensione di che cosa sia un bambino e che cosa si intenda per filosofia. Questo l’incipit dell’incontro appena svoltosi a Roma lo scorso 22 Aprile, con la partecipazione di una trentina di persone, principalmente insegnanti della scuola materna e primaria, in cui Carlo Maria Cirino ha tirato le linee fondamentali del metodo tracciandone una storia e un obiettivo. Partendo dal presupposto che il bambino è un essere che immagina e lo fa in tre fasi: il pensarsi altrimenti (immaginare di essere altro da sé), il pensare altrimenti (la bottiglia è un cavallo) e il pensare l’altrimenti (amico immaginario), il vero nodo da sciogliere è come associare la filosofia, che è un sistema unitario di spiegazione di vari fenomeni che confluiscono in un punto, alla sfera del bambino, che fondamentalmente è disinteressato a creare un sistema esatto che racchiuda il tutto caotico. Da qui nasce Filosofia Coi Bambini, il "coi" che fa la differenza rispetto al per, sfruttato da scuole degli anni ’60 che tradivano il mondo-bambino per concentrarsi su una trasmissione di un sapere, inutile alla comprensione stessa del fenomeno interessato. La filosofia in questo metodo rimane tutto un sapere intrinseco del “filosofocoibambini” che si rivolge con un fare semplice e poco inquadrabile nella didattica come la conosciamo. Perché la filosofia in questo caso fa da tramite e non da fine, per questo non si vedranno piccoli bimbi travestiti da Platone o Aristotele, ma piuttosto esseri interessati al dialogo, alla creatività, al gioco. Il metodo si propone di affiancare la didattica ufficiale delle scuole in momenti di necessità educativa ove si evidenzia la lacuna dell’insegnante o il deficit immaginativo dei bambini che, subissati da una tecnologia dirompente, hanno perso l’abitudine a cercare dentro di sé mondi nuovi. Questi nuovi filosofi vengono pertanto chiamati dagli istituti e si inseriscono all’interno dell’orario regolare, per un’ora al giorno o anche meno, nell’arco di un triennio in media, affinché si raggiungano dei risultati evidenti. Si parte da giochi semplici di associazione di idee, partendo dalle parole, per passare agli oggetti, agli eventi e infine ai concetti, in un percorso in cui il filosofo ha una parte marginale, lasciando che la classe si sforzi di dare sfogo alla propria forza immaginativa, creando connessioni e lanciandosi in associazioni libere da ogni condizionamento. Nello sforzo di superare il tentativo coatto di omologazione dettata dalla società contemporanea e soprattutto dal mercato globale, si esce da quella che comunemente chiameremmo finalità educativa, per trasformare il bambino da educato a educando, cioè un essere in continua fase evolutiva e metamorfica, innescando una controtendenza, poiché il crescere uniforma e la scuola velocizza questo movimento, si cerca di iniettare negli educandi la possibilità di evadere da questa imposizione. Il plus immaginativo si può infatti trovare non nell’educazione ma nell’educando, in colui che non si ferma. L’immaginazione è poi diversa dal fantasticare che pertiene ad esempio ai lavoratori in fabbrica, costretti ad eseguire sempre il medesimo movimento, che si trovano costretti a crearsi mondi paralleli dove fuggire, mondi e possibilità che però appartengono ad altri. L’immaginazione invece è intrinseca al bambino, il creare dal nulla un qualcosa di nuovo e inaspettato. Contro la tendenza di oggi a fissare su uno schermo l’infanzia, distratta da trame e colori e fluorescenze inventati da altri e quindi solo il riflesso di una fantasia sbiadita, come l’ombra di un’idea che man mano perde sostanza e diventa solo forma. Il bambino si spegne, perde la sua carica creativa e diventa un adulto privo di energia e inventiva. Subentra l’omologazione dettata dal consumismo in cui il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza rappresentano un terreno fin troppo fertile. Prossimo appuntamento il festival a Como il 15 e 16 Giugno, dove interverranno esperti del settore. Per intraprendere il percorso formativo non vengono richiesti titoli di studio particolari ma piuttosto una certa sensibilità e la disponibilità di tempo da dedicare al lavoro in classe ma anche ad una ricerca continua che miri a definire sempre meglio questa nuova disciplina a supporto delle scuole e delle famiglie. Aldilà di semplici definizioni, non si tratta di sostituire la didattica o la pedagogia o addirittura la psicologia ma di creare un nuovo sistema in cui il bambino sia la parte centrale e il protagonista, partendo da forme semplici verso le più complesse e iniziando ad ignorare o almeno ad abbandonare in parte la vita apparentemente facile proposta da videogiochi, schermi e spot, nuova vera droga di questo millennio. Per informazioni su Roma rivolgersi a Cristina Puglisi – Canale Monterano SP3/A Braccianese Km 4,3 Sito web: CoiBambini |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 26/12/2024 06:24:12 |
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