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Una settimana di pesanti violenze, accompagnata dal blocco che impedisce tutti i rifornimenti vitali in Yemen, mostra ancora una volta l’assoluto disprezzo delle parti in guerra nei confronti della popolazione civile, dei pazienti e delle strutture mediche nel paese, denuncia l’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF).
Dal 29 novembre, pesanti combattimenti nelle strade e nuovi bombardamenti aerei stanno paralizzando la città di Sana’a, mentre la popolazione locale è costretta a rimanere in casa per diversi giorni, e i feriti sono impossibilitati a ricevere le cure mediche di cui hanno bisogno. Secondo fonti locali, alcune ambulanze chiamate per soccorrere i feriti sono finite in mezzo agli scontri, che hanno provocato oltre 100 vittime. Sebbene MSF non abbia ricevuto le necessarie garanzie dalle parti in conflitto per muoversi all’interno della città di Sana'a, è riuscita comunque ad assicurare forniture mediche gratuite agli ospedali della capitale.
Intanto, gli scontri si sono estesi ad altre zone del Paese, come i governatorati di Hajjah, Amran e Ibb. Lo scorso 2 dicembre, MSF ha ricevuto 28 feriti di guerra nei suoi due ospedali di Khamer e Houth. Nelle prime ore del mattino del 4 dicembre, un attacco aereo ha colpito l'ospedale di Al Gamhouri, sostenuto da MSF, nella città di Hajjah. Il pronto soccorso, la sala operatoria e l'unità di terapia intensiva sono stati danneggiati, costringendo 12 pazienti del pronto soccorso all’evacuazione. Nonostante i danni, l'ospedale è riuscito a ricevere, poco dopo l’attacco, 22 vittime dei bombardamenti aerei di Hajjah. Nella stessa struttura erano stati assistiti altri 38 feriti nei giorni compresi tra il 2 e il 3 dicembre.
“I servizi sanitari sono stati ripetutamente attaccati. Ancora una volta le parti in conflitto non stanno risparmiando dai combattimenti le strutture mediche, mettendo così a repentaglio la vita dei pazienti e del personale medico”, dichiara Steve Purbrick, coordinatore dei progetti di MSF ad Hajjah. "I civili devono essere in grado di fuggire o cercare assistenza medica, le ambulanze devono essere autorizzate a raggiungere i feriti e gli ospedali devono essere protetti”.
Gli ultimi scontri avvengono mentre lo Yemen è ancora alle prese con un paralizzante blocco delle importazioni commerciali e umanitarie imposto dalla Coalizione guidata dall’Arabia Saudita un mese fa. Sebbene sia stato consentito l’ingresso ad alcuni voli e navi umanitarie, il blocco è ancora in vigore per le importazioni commerciali di merci, come il cibo e il carburante. Questo blocco impedisce alla popolazione yemenita di avere accesso ai beni di prima necessità, comprese le medicine e le forniture mediche. Dall’inizio dei combattimenti e dell’imposizione del blocco, il prezzo del carburante è aumentato di oltre il 200% e in generale tutti i prezzi dei beni primari, come acqua e cibo, sono aumentati drammaticamente.
“Il blocco e i recenti combattimenti hanno avuto un effetto devastante anche sulla nostra azione medica”, afferma Djoen Besselink, capo missione in Yemen per MSF. “L'aumento del costo del carburante, ad esempio, comporta che le persone debbano pagare di più per il trasporto negli ospedali, o perfino scegliere tra recarsi in ospedale o comprare il cibo per la propria famiglia. Gli ospedali stessi stanno lottando per permettersi i costi del carburante e l’aumento del prezzo potrebbe spingere alcuni dei pochi ospedali ancora funzionanti a chiudere. La distruzione e lo sfaldamento dei servizi sanitari nel Paese”, aggiunge Besselink, “sono stati un segno distintivo del conflitto negli ultimi due anni e mezzo. Il blocco contribuisce in modo significativo a questo smantellamento e deve essere immediatamente revocato. Le navi e gli aerei commerciali devono essere ammessi nei porti del nord per prevenire ulteriori sofferenze inutili”.
MSF lavora in 13 ospedali e centri di salute in Yemen e fornisce supporto a più di 20 ospedali o centri sanitari in 12 governatorati yemeniti: Taiz, Aden, Al-Dhale ', Saada, Amran, Hajjah, Ibb, Sana'a, Hodaida, Abyan, Shabwa e Lahj.
TESTIMONIANZA DI FATIMA
Fatima siede sul letto accanto a Ishaq, il suo bambino di 18 mesi. Sono arrivati il giorno prima al centro di trattamento del colera gestito da MSF nella città di Al Qaeda, nel governatorato di Ibb, dopo un viaggio di quattro ore da Shokan, un villaggio situato nel distretto di Mawia, nel governatorato di Taiz.
“Si è ammalato tre giorni fa”, racconta Fatima, “ma all’inizio abbiamo sperato migliorasse, e abbiamo aspettato”. Dopo due giorni, il bambino continuava ad avere diarrea e vomito, quindi i suoi genitori hanno preso in prestito 9.800 YER/riyal da un vicino per coprire i costi del trasporto necessari per raggiungere una farmacia privata vicino al loro villaggio. “Gli hanno fatto un’iniezione e siamo tornati a casa”. Il mattino dopo, poiché Ishaq non dava segni di miglioramento, un vicino ha consigliato a Fatima di portarlo nella città di Al Qaeda, dove aveva saputo che Medici Senza Frontiere forniva gratuitamente assistenza sanitaria per il trattamento del colera. “Non siamo venuti il primo giorno perché non avevamo i soldi per pagare il viaggio. Ci eravamo già fatti prestare dei soldi da un vicino per andare alla farmacia, quindi nessuno voleva prestarcene altri.Ma mio marito li ha convinti”.
Per raggiungere il centro, il marito di Fatima ha dovuto prendere in prestito altri 30.000 YER/riyal. “Abbiamo pagato 20.000 YER/riyal per affittare una macchina e altri 10.000 per il carburante”. Fatima spera che suo figlio venga dimesso oggi poiché il prezzo del carburante cresce di giorno in giorno, e così anche i debiti in cui incorreranno per pagare per il viaggio di ritorno. Come lavoratore giornaliero, il marito di Fatima guadagnava 1.500 YER al giorno. Ma non riesce più a lavorare tutti i giorni. “A causa della guerra, le persone non hanno soldi e quindi non mi danno lavoro”. Per restituire parte dei soldi avuti in prestito, Fatima sta considerando di vendere le due capre di famiglia, che potrebbero rendere loro circa 13.000 YER.
“A causa della guerra, non possiamo neanche permetterci di comprare il cibo. C’è cibo nei negozi ma mancano i soldi per comprarlo.” Stando ai suoi racconti, prima 10 kg di grano costavano 4.000 YER, mentre adesso ne costano 9.000.
Oltre al colera, Ishaq soffriva già in precedenza di malnutrizione acuta – una condizione che non implica necessariamente l’ospedalizzazione, ma richiederebbe che il bambino ricevesse porzioni supplementari di cibo ogni due settimane per alcuni mesi. Dopo essere stato dimesso dal centro, Ishaq verrà registrato nel programma nutrizionale dell’Ospedale di Al Qaeda e riceverà il trattamento per 14 giorni. Ma, dati gli elevati costi del trasporto, è improbabile che i suoi genitori possano riportarlo in ospedale e senza gli adeguati controlli le sue condizioni peggioreranno di nuovo.
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 21/12/2024 05:21:28 |
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