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Clima: 100 aziende sono responsabili del riscaldamento climatico

Clima: 100 aziende sono responsabili del riscaldamento climatico
Autore: Robin Ecoeur - Redazione Scientifica
Data: 17/07/2017

“L’industria delle energie fossili ha raddoppiato il suo contributo al riscaldamento climatico emettendo tanto gas ad effetto serra in 28 anni (1988-2016) quanto in 237 anni”. E’ quanto fa sapere un rapporto della ONG Carbon Disclosure Project (CDP) sull’impatto ambientale della principali imprese mondiali, pubblicato a giugno con il Climate Accountability Institute.

Peggio, “dopo il 1988, piu’ del 50% delle emissioni di CO2 provenivano da solo 25 imprese e Paesi”, dettaglia il rapporto, il cui obiettivo e’ di aiutare le imprese e i Paesi inquinanti a meglio organizzarsi per far fronte agli impatti ambientali. In totale, 100 compagnie sarebbero responsabili del 71% delle emissioni.

Tra i piu’ grandi inquinatori, la Cina, l’Arabia saudita, l’Iran e la Russia sono in testa all classifica. Alcune imprese, anche quotate in Borsa, sono nel collimatore; la russa Gazprom, leader di esportazione di gas nel mondo, Suncor, ExxonMobil, dove l’ex-ad Rex Tillerson e’ stato nominato al posto del Segretario di Stato agli Usa, Totale e Shell. Il rapporto, che si basa su dati pubblici, precisa che un quinto di queste emissioni provengono d imprese che usufruiscono di fondi pubblici e che il 41% delle emissioni provengono da imprese che usano questi fondi pubblici e che il 41% delle emissioni degli ultimi 28 anni provengono da aziende in mano ai propri investitori (Peabody, Chevron, Total). Dei grandi padroni che dovrebbero, secondo il rapporto, assumersi le proprie responsabilita’ e fermare di investire in queste energie. Se si continua sul medesimo ritmo, da qui a 28 anni, “la temperatura media della Terra potrebbe aumentare di quattro gradi”, avvisa la CDP.

Verso un Pianeta verde?
Per cercar di raggiungere gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi sul clima, con cui gli Stati ambiscono a limitare il riscaldamento climatico a 2 gradi, anche 1,5, le grandi aziende si mettono in verde: BP, ExxonMobil, Shell e Total sono per esempio favorevoli ad una tassa sul carbone. La lista comprende anche delle imprese del carbone, un settore per niente in declino: “Ci sono 840 GW (l’equivalente di 840 reattori nucleari -ndr) di nuova capacita’ di carbone in previsione per i prossimi anni. Bisogna assolutamente impegnarsi su questo se si vogliono rispettare gli accordi di Parigi sul clima”, dice al quotidiano Libération Lucie Pinson, degli Amici della Terra. Altri come Apple, Google, Facebook o Ikea, si impegnano ad usare il 100% di energie rinnovabili. Comunque, Apple, Facebook e Google sono le sole imprese ad ottenere la migliore nota globale (A). L’azienda con la mela si distingue con il suo indice di energie rinnovabili, che si attesa sull’83%, rispetto al 67% dell’impresa fondata da Mark Zuckerberg, e 56% per il motore di ricerca. Per suo conto, il costruttore svedese di automobili Volvo, ha annunciato che tutte le vetture saranno elettriche o ibridi da qui a due anni.

Le energie rinnovabili piu’ redditizie
Il fondatore del movimento mondiale sul cambiamento climatico, Bill Mckibben, scrive in una tribuna a proposito del disinvestimento delle energie fossili che le imprese “sanno che i combustibili fossili appartengono al passato ed hanno osservato che i rendimenti degli investimenti nel carbone, gas e petrolio sono molto al di sotto di quelli del resto del mercato, in particolare delle rinnovabili”. Alcuni Paesi l’hanno ben compreso: indirizzarsi verso le energie rinnovabili sara’ redditizio, e le economie reagiranno di conseguenza sul lungo termine. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia rinnovabile (Irena), raddoppiare la parte di energie rinnovabili nella rosa energetica mondiale da qui al 2030, permetterebbe di risparmiare 4.200 miliardi di dollari (3.740 miliardi di euro) all’anno. Durante la COP21, l’India, terzo Paese che produce gas ad effetto serra, ha fatto la promessa di ridurre le proprie emissioni di CO2 e di moltiplicare per 25 in sette anni le sue capacita’ di produzione di energia solare. Stessa cosa per la Cina. Se il carbone resta la sua prima fonte di energia e il Paese continua ad investire in questo settore, essa ha cominciato nel suo disimpegno per questo combustibile. Pechino prevede nel suo ultimo piano quinquennale, di diminuire la parte del carbone nel mix energetico dal 64% a meno del 58% nel 2020.

(articolo di Robin Ecoeur, pubblicato sul quotidiano Libération del 12/07/2017)

Articolo originale:

«L’industrie des énergies fossiles a doublé sa contribution au réchauffement climatique en émettant autant de gaz à effet de serre en 28 ans (1988-2016) qu’en 237 ans.» C’est ce que révèle un rapport de l’ONG Carbon Disclosure Project (CDP), qui vise à étudier l’impact environnemental des principales entreprises mondiales, publié en juin en partenariat avec le Climate Accountability Institute. Pire, «depuis 1988, plus de 50% des émissions de CO2 proviennent de seulement 25 entreprises et pays», détaille le rapport, dont l’objectif est d’aider les entreprises et pays pollueurs à mieux réaliser leurs impacts environnementaux. En tout, 100 compagnies seraient responsables de 71% des émissions. Les entreprises visées sont majoritairement des producteurs d’énergies fossiles (pétrole, charbon, gaz naturel)
Responsabilités

Parmi les plus gros émetteurs, la Chine, l’Arabie Saoudite, l’Iran et la Russie arrivent en tête du classement. Des entreprises, dont certaines cotées en bourse, sont elles aussi dans le collimateur : le russe Gazprom, leader d’exportations de gaz dans le monde, Suncor, ExxonMobil, dont l’ex-PDG Rex Tillerson a été nommé au poste de secrétaire d’Etat aux Etats-Unis, Total ou encore Shell. Le rapport, qui se base sur des données publiques, précise qu’un cinquième de ces émissions proviennent d’entreprises profitant de fonds publics et que 41% des émissions sur les 28 dernières années émanent d’entreprises aux mains d’investisseurs (Peabody, Chevron, Total). Des grands patrons qui doivent, selon le rapport, prendre leurs responsabilités et arrêter d’investir dans ces énergies. Si nous continuons sur ce même rythme, d’ici 28 ans, «la température moyenne de la Terre pourrait augmenter de quatre degrés», alerte la CDP.

Pour essayer d’atteindre les objectifs prévus par l’accord de Paris sur le climat, où les Etats ambitionnent de limiter le réchauffement climatique à 2°C, voire 1,5°C, les grandes entreprises se mettent au vert : BP, ExxonMobil, Shell et Total sont par exemple favorables à une taxe carbone. La liste comprend également des entreprises du charbon, un secteur pas totalement en déclin : «Il y a 840 GW [l’équivalent de 840 réacteurs nucléaires, ndlr] de nouvelle capacité de charbon en prévision dans les prochaines années. Il faut absolument empêcher cela si on veut pouvoir respecter les accords de Paris sur le climat», alertait dans Libération Lucie Pinson, des Amis de la Terre. D’autres, comme Apple, Google, Facebook ou encore Ikea, s’engagent à utiliser à 100% les énergies renouvelables. D’ailleurs, Apple, Facebook et Google sont les seules entreprises à obtenir la meilleure note globale (A). La firme à la pomme se distingue avec son indice d’énergies renouvelables, qui atteint 83%, contre 67% pour l’entreprise fondée par Mark Zuckerberg, et 56% pour le moteur de recherche. De son côté, le constructeur automobile suédois Volvo a annoncé que toutes leurs voitures seront électriques ou hybrides d’ici à deux ans.

Les énergies renouvelables plus rentables

Le fondateur du mouvement mondial sur le changement climatique, Bill Mckibben, écrivait dans une tribune à propos du désinvestissement des énergies fossiles que les entreprises «savent que les combustibles fossiles appartiennent au passé et ont observé que les rendements des investissements dans le charbon, le gaz et le pétrole sont très en deçà de ceux du reste du marché, en particulier des renouvelables»Certains pays l’ont bien compris : se tourner vers les énergies renouvelables sera rentable, et les économies plus conséquentes sur le long terme. Selon l’Agence internationale de l’énergie renouvelable (Irena), doubler la part des énergies renouvelables dans le bouquet énergétique mondial d’ici à 2030 permettrait d’économiser 4 200 milliards de dollars (3 740 milliards d’euros) par an. Lors de la COP 21, l’Inde, troisième pays émetteur de gaz à effet de serre, a fait la promesse de réduire ses émissions de CO2et de multiplier par 25 en sept ans ses capacités de production d’énergie solaire. Même son de cloche en Chine. Si le charbon reste sa première source d’énergie et que le pays continue d’investir dans ce secteur, elle a débuté son désengagement de ce combustible. Pékin prévoit dans son dernier plan quinquennal de diminuer la part du charbon dans le mix énergétique de 64% à moins de 58% en 2020.




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