Dal 7 all’11 giugno a Roma Nicola Piovani al Teatro Argentina  ha esaurito i posti, tutto pieno per la serata di sabato, un tripudio e un successo aspettati, perché Piovani è una vera certezza. Il suo spettacolo concerto ruota intorno alla passione per la musica che come tutte le cose troppo belle rischia di essere pericolosa, come l’amore per gli adolescenti, come l’incontrollabile ispirazione e aspirazione al sublime.

Nicola Piovani, direttore artistico di La Musica è pericolosa, ha lavorato con grandissimi registi componendo per loro colonne sonore ormai storiche. Assembla in questo spettacolo diversi strumenti, alle tastiere e alla fisarmonica Rossano Baldini; al sax e clarinetto Marina Cesari; al violoncello, chitarra e mandoloncello Pasquale Filastò; alla batteria e percussioni Ivan Gambini; al contrabbasso Marco Loddo; al pianoforte lo stesso Nicola Piovani.

Il direttore è plastico, sensibile, generosissimo, spazia tra proiezioni di vecchi film, video, note e improvvisazioni in cui si esprime tutta la sua immensa maestria e cultura. Si può definire un’opera polidisciplinare, con la musica come protagonista assoluta, corteggiata da immagini e partiture, perché ci sono cose che solo con la musica si possono raccontare, il linguaggio del cuore. Il maestro esegue un ricco percorso da De Andrè, con cui ha lavorato, a Fellini e altri registi spagnoli e francesi, corteggiando il mondo greco e l’educazione musicale insegnata ai bambini.

Musica e parole hanno bisogno di unirsi e fondersi per aiutarsi l’una con l’altra laddove incombe la minaccia del silenzio. Il titolo è un richiamo portentoso a Fellini che dalla musica era intimorito come una belva da cui non potersi difendere, la musica ammaliatrice che ricorda la potenza delle Sirene o la leggenda di Orfeo, una pericolosità mitica, con sapienza elegante ci si muove all’improvviso tra gli Argonauti e le Sirene, Poseidone e le coste partenopee.

Ma Nicola Piovani non si ferma qui, il suo fervore arriva fino a Salomè e la danza dei sette veli, per approdare alla versione di Manara proiettata in teatro.

Piovani ripercorre l’esperienza con Benigni e Vincenzo Cerami, mette mano alla musica come un prestigiatore, lo spazio e il tempo che ricopre con la sua fantasia immaginifica sonno immensi e portentosi, impossibili da comprendere appieno dallo spettatore che ormai completamente ammaliato si lascia trasportare in un fiume in piena senza argini.

La pericolosità è anche nel sentimento insorgente che pian piano si delinea nello spettatore inconsapevole, attirato ma spaventato dalle pieghe interiori plasmate da uno spettacolo così intenso e totalizzante.

Se ne esce storditi, strappati dall’anonimato per sollevarsi ad una dimensione altra, di pienezza e completezza psichica. Potenza della musica pari alla potenza dell’amore, ma anche di più, se dell’amore si può parlare, la musica si può solo ascoltare e rimanerne trafitti.