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Recensione: Vinoforum 2017 a Roma

Recensione: Vinoforum 2017 a Roma
Autore: Recensione della nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 13/06/2017

Dal 3 al 12 giugno anche quest’anno il consueto appuntamento romano con i vini e le aziende vinicole migliori in Italia, in una sintesi che si concentra per pochi giorni proprio accanto allo Stadio Olimpico.

Enorme l’affluenza soprattutto nel fine settimana, quest’anno ad accompagnarci in un percorso di degustazione il sommelier Fis e Ais Massimo Casali, che l’anno scorso ha lavorato al Vinoforum dietro al banco degli assaggi. “Si parte dalle bollicine del Mionetto, un classico per inaugurare una serata piacevole di inizio estate”.

Da qui il percorso del bianco è lungo e ardimentoso, tra gli stand i giovani si avvicinano curiosi e pochi sono gli esperti ma molti i neofiti. “Si può continuare con un ottimo Frascati Villa Simone e un Luisa, ribolla gialla spumantizzata brut – commenta il sommelier “. Luisa e Cà Bolani sono entrambi distribuiti da Zonin, in particolare l’azienda Luisa è votata per il sauvignon con un vigneto importante di 550 ettari vitati.

“La linea clou è disponibile da settembre dopo aver passato una ventina di giorni in acciaio inox”  come ci spiega il sommelier Casali  che nel frattempo ci consiglia di assaggiare il Sauvignon di Gradis’ciutta della zona Collio. 

Alla radio passano una musica soave come il vino che sobriamente addolcisce gli animi, senza eccessi i partecipanti passeggiano e chiacchierano all’interno di un salotto di eccellenze. Parlando del Sauvignon “al naso si sentono le classiche suggestioni erbacee e in bocca rispecchia le attese dal gusto fruttato con note minerali e un’acidità importante che chiede un abbinamento con pesci non delicati”.

Passiamo al Consorzio Tutela denominazioni vini Frascati , dove compaiono  l’azienda Eremo Tuscolano e L’Olivella che ha operato un’autoriduzione per accrescere la qualità, e oggi sta diffondendo la sua cultura contro la tendenza di fuga verso l’estero. Insolito l’incontro con il biowine Raceyno e il biologico dell’Olivella puntando molto sulla ricerca di eleganza. La sommelier Rosanna che presenta l’azienda Eremo Tuscolano si dilunga con racconti affascinanti legati alla sobrietà e al senso di pace del posto dove viene prodotto il vino.  

 

“L’eremo nasce da terreni dei Frati Camaldolesi in una zona di clausura, un terreno chiuso fino al seicento e quasi disabitato su un colle di 500 metri dove il vigneto è arricchito dall’escursione termica che favorisce l’espressione aromatica dell’uva”. Marco Masini ha ristrutturato il terreno di otto ettari dove le uve sono 60% malvasia del Lazio, 10% malvasia di Candia e il resto Trebbiano Toscano, trebbiano giallo e bonvino bianco. Un vino che fa solo acciaio alla ricerca di un’espressione di freschezza e sapidità da terreni di natura vulcanica.

Superando stand come Casale del Giglio dove la fila si alimenta per eccesso di zelo verso un’azienda molto pubblicizzata ma non migliore di altre, arriviamo a Le Monde rappresentata proprio da Alberto Canella, un uomo ironico e istrionico che fa del vino la sua filosofia. “Un sauvignon aggressivo – mentre sorseggia il sommelier Massimo Casali – ma per la chiarificazione usa soltanto gelatina vegetale e non animale, come l’estratto di patata e piselli”. Simpatia e affabilità rendono il vino piacevole ma il Pinot bianco non riempie.

Tra un bicchiere e l’altro i profumi attirano la fame che si scontra con un mondo altrettanto estroso, passando per lo stand di Capecchi, dove stasera c’è il grande chef Gerlando che ci porta un’amatriciana con spuma di pecorino di fossa e germogli di ravanello. Per terminare il viaggio enogastronomico che il Vinofrum non smentisce mai, lo stand di Corrado Tenace, la perla del posto, in una semplicità disarmante vende le sue rinomate ostriche.

L’ostrica non è un microcosmo, è un mondo a parte, una sospensione del tempo. Oyster Oasis è il suo marchio e il prodotto che vende è come il sublime che si fa mare e si condensa in un istante di piacere puro.

L’altissima qualità si distingue tra la Bretagna con la Marie Morganes un dimenticatoio del prima e del dopo di lei, oppure la Pleiade bianca che nasce in Normandia con la sua esplosione di nocciola.

La Tarbouriech, un’ostrica allevata con tecnica raffinatissima che riesce a riprodurre il flusso delle maree. Il più grande esperto al mondo ha studiato un sistema complicatissimo alimentato da pannello solare in modo che le ostriche salgono e scendono col ritmo della Luna.  Un sentore di frutta tropicale e frutta secca. Il resto però è noia perché dopo le ostriche è quasi impossibile trovare il giusto vino da abbinare, la persistenza del mare in bocca è qualcosa di impossibile da superare.

 




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