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Un’idea forse non innovativa nel suo genere, struttura già vista in tanto teatro contemporaneo e anche nei lavori precedenti dagli stessi autori di Cuori Monolocali, Sessolosè e Appese a un filo - Maria Antonia Fama e Lorenzo Misuraca - ma con una freschezza, una gioia nel recitare, un ritmo sempre acceso che fanno di Non ti fissare: tu chiamale se vuoi ossessioni, per la regia di Velia Viti, un vero exploit di comicità senza sosta, alternata a momenti di contemplativa autocritica, in cui i protagonisti, Alessandro di Somma, Maria Antonia Fama, Ermenegildo Marciante, Lidia Miceli, Francesco Bonaccorso , si allineano alla tradizione del monologo interiore per poi riagganciarsi alla realtà grazie a qualche escamotage non insolito ma comunque efficace. Il testo molto moderno, riprende i cliché ridondanti legati alla tecnologia onnipresente e automatizzante. Non mancano le battute d’arresto, in cui la modernità non può più fare nulla e allora i malcapitati, vittime di un guasto al motore del bus che avrebbe dovuto accompagnare ciascuno verso la propria destinazione, si svelano nelle proprie debolezze, sempre uguali, sempre mediocri ma molto e irresistibilmente umane. La donna in carriera falsamente cinica che si lascia andare di fronte a qualche tavoletta di Xanax, pur di bloccare la bolla d’ansia che la opprime, oppure il maniaco del tag, dei like e dei social perennemente collegato per non pensare alla propria solitudine interiore, tra un Murakami di cui non distingue nome e cognome e tutta la filosofia esistenzialista che racconta l’uomo ma non lo risolve. Il ragazzo in cerca d’amore vessato da una madre una e doppia, una sorta di metafora della dea della fertilità che dall’alto incombe e decide. Il conducente del bus ignaro di qualsiasi precetto di carburanti e motori disegnato sulla falsariga di un vecchio Verdone mai tramontato, munito di sacchetto di medicinali e tormentato da presagi di morte e malattie letali. Infine la zitella quarantenne apparentemente normale ma anche lei mortificata dai flussi di coscienza che la costringono a immobilizzarsi sulle sue convinzioni senza trovare soluzione se non nella speranza di una amore salvifico. Un gruppo assortito di megalomanie e depressioni croniche, rimbalzate sulle pareti di una sorta di grande fratello, in mezzo ad una strada desolata che costringe i protagonisti a guardarsi dentro e cedere finalmente alla loro realtà, meschina e misera ma pur sempre viva. Il tutto condito con umorismo garbato e intermezzi musicali molto adeguati al contesto e al ritmo mai stanco di questa fresca e nuova commedia all’italiana. Fino al 2 aprile al Teatro Trastevere di Roma. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 26/12/2024 18:30:42 |
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