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Intervista a Giovanni Anfuso, regista di “Classe di Ferro’ di Aldo Nicolaj – al Teatro Parioli fino al 22 Gennaio 2017 Emilia Urso Anfuso - Maestro, la prima domanda è in realtà una riflessione: non le sembra che, ognuno di noi, giunto a un certo punto della propria esistenza, ritenga di far parte di una “classe di ferro”? Giovanni Anfuso – io credo che sia nell’ordine delle cose, poter dire che – il passato che ci appartiene – possa essere migliore del presente, e quindi, essendo stati noi migliori, la nostra sia una classe di ferro. In qualche modo, fa parte delle dinamiche che la vita ci pone. Volendo fare un esempio: la classe politica del passato, ci sembra migliore di quella attuale, ma forse abbiamo solo dimenticato, come anche nel passato abbiamo contestato le persone che ci hanno trascinato verso il baratro. EAU – passiamo alla piece teatrale “Classe di ferro”: mi ha incuriosito la scelta di far incontrare, sul palco e quindi nel racconto, questo piccolo gruppo di amici, sulla tradizionale panchina nel parco. E’ un’immagine retorica, o solo un avvio di ciò che, i personaggi di questa storia, dipaneranno lungo il percorso della pièce? La domanda è: perché gli anziani sulla classica panchina, anziché – ad esempio – in un pub piuttosto che in trattoria? GA – fermo restando che, la panchina, è diventato a tutti gli effetti un luogo di ritrovo – e li dico con cognizione di causa perché, spesso, vedo anziani ritrovarsi sulla piazza del paese – nella pièce, la panchina è un “non luogo”, ma soprattutto appartiene a quella periferia dell’anima, laddove questi personaggi, si ritrovano a vivere la loro giornata. EAU – sembra esserci una pennellata di Bauman, recentemente scomparso, in questo “non luogo dell’anima”, questa società liquida, inafferrabile e difficilmente collocabile a livello spazio temporale. GA – questo sicuramente, però secondo me c’è una riflessione maggiore di Aldo Nicolaj – autore troppo facilmente dimenticato dalla nostra generazione di teatranti – e c’è una riflessione che Nicolaj a mio parere vuole porre in campo: se è vero che il futuro di una civiltà si misura attraverso l’attenzione che si dedica ai bambini, è anche vero che, la qualità della vita nel mondo, si misura dalle attenzioni che si dedicano agli anziani. E’ questa quindi, la questione che Nicolaj pone al centro del suo “Classe di Ferro”, e mai titolo fu più opportuno, perché ognuno – a buon diritto – ritiene di essere appartenente a una classe di ferro. Ma la vera questione, non è come ci poniamo noi, bensì che tipo di qualità della vita ci riserva il diventare anziani. EAU – una riflessione: gli anziani, nella società attuale, vengono emarginati, rispetto ai tempi in cui erano invece il punto di riferimento delle famiglie. Oggi, possiamo pensare di essere noi a rideterminare il nostro valore, quando giungiamo alla fatidica “terza età”, e quindi uscire da questo schema – a livello collettivo – attraverso il quale si pensa che l’anziano sia da escludere ed emarginare? GA – la domanda che io mi pongo, a conclusione della sua riflessione, è molto semplice: qual è il posto che la nostra società riserva agli anziani, in un sistema in cui in pensione si va – quando va bene – a 68 anni – e che anzi, probabilmente, non ci si va nemmeno in pensione? Bisogna determinare il valore di un anziano, ma a partire da cosa? Certamente, a partire dal valore che la società riconosce alla persona non più giovane! EAU - concordo, però non crede che, stante l’attuale situazione, si dovrebbe uscire da una visione statalista e tentare di creare noi un sistema di supporto nei confronti dei cittadini anziani? GA – posso dirle che, io ho timore di tutto ciò che non è regolato e quindi, facente parte del sistema in cui viviamo. Di conseguenza, mi aspetto che sia il sistema a rideterminare il valore degli anziani, come è giusto che sia. Uno Stato che mi dice: “Se sei malato, curati coi tuoi soldi”, “Se vuoi far studiare i tuoi figli, mandali nelle scuole private”, “la Cultura non serve a nulla”, oppure “Gli anziani sono un peso per la società, e quindi gli diamo una pensione minima” così poi si innalzano i livelli di povertà, è uno Stato che ha abdicato alla sua funzione…Io invece mi auguro che, lo Stato, torni a fare il suo mestiere. Tornando alla sua prima domanda, la pièce è ambientata in un parco giochi, dove c’è lo scivolo, l’altalena, la giostra. Perché questa scelta? Perché estendendo l’indicazione che ci da l’autore, chi l’ha detto che l’anziano non abbia voglia di giocare? Le dinamiche che Nicolaj mette in campo per raccontarci questi tre anziani, sono dinamiche proprie dei bambini: il muso lungo, la mala parola, la ripicca, la rabbia, l’affetto…L’abbraccio sincero col cuore pulito, un minuto dopo aver litigato…! Forse Aldo Nicolaj, voleva raccontarci di una dinamica semplice, bambinesca, quasi puerile, ma proprio per queste ragioni, molto più ricca e pregna di significati, proprio perché messe in campo da uomini, che bambini non sono più. Nel nostro spettacolo, vedremo uomini che vanno sullo scivolo, anziani che si divertono con l’altalena. E mentre giocano, raccontano la condizione di solitudine alla quale un anziano, sempre più spesso è sottoposto. EAU – vuole essere più un messaggio culturale, o un messaggio civile? GA – non so come gli spettatori metabolizzeranno questo spettacolo. Io sono come un pittore che compone un quadro. Se poi il mio quadro commuove, ti fa arrabbiare o ti pone delle domande, questo non posso determinarlo prima. Sento però il bisogno di raccontare un mondo interiore attraverso i miei spettacoli. Ciò che mi farebbe piacere, è che gli spettatori venissero attratti dalla voglia di confrontarsi. EAU - oggi come oggi, in una società ormai abituata a fruire di contenuti di ogni genere, anche grazie al web, forse ritiene di avere un profondo coinvolgimento con il mondo della cultura, e quindi anche del teatro. Ci sono anche molte persone che, vanno a teatro al solo scopo di poter poi dire: “Ho partecipato a questo o quell’evento”. Effettivamente però, la partecipazione reale – recandosi appunto a vedere una pièce teatrale – coinvolge il pubblico in maniera diretta e quindi, la rende partecipe della storia, quasi in un abbraccio circolare che rende il pubblico un po’ protagonista e non solo spettatore. GA – Certamente, il teatro nasce dal rito sacro, dalla Grecia. Il teatro è fondamentalmente dibattito. Basti pensare che, nell’Antica Grecia, era obbligatorio andare a teatro. La famosa “Catarsi”, che doveva servire a migliorare il popolo…Il Teatro è il luogo del dibattito, ma la disgrazia, è che oggi tutti fanno un po’ teatro. Noi, col nostro “Classe di Ferro”, saremo al Parioli fino al 22 Gennaio. Poi, andremo in tournèe in mezza Italia, arriveremo in Sardegna, in Sicilia, in Puglia… Lo spettacolo ha debuttato lo scorso anno, presso lo Stabile di Trieste, e, appunto, quest’anno riparte dal Parioli. In scena Paolo Bonacelli, Beppe Pambieri, Valeria Ciangottini, le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Adele Bargilli le musiche di Massimiliano Pace. Siamo abbastanza carichi. Lo scorso anno il pubblico ci ha tributato un grande successo e ci auguriamo di fare il bis anche quest’anno. EAU – Grazie per l’intervista, sarà un piacere venire ad assistere al suo lavoro. ********
Classe di Ferro – di Aldo Nicolaj – Regia di Giovanni Anfuso
Al Teatro Parioli fino al 22 Gennaio 2017 Acquista i biglietti: CLASSE DI FERRO
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 30/10/2024 09:20:31 |
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