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Evoluzione dei sindacati: ora servono a sedare la rabbia popolare...

Evoluzione dei sindacati: ora servono a sedare la rabbia popolare...
Autore: Editoriale del Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 22/10/2016

Sapete a cosa serve un Sindacato? Lo chiedo, perché a me sembra che molti cittadini italiani non lo sappiano o abbiano dimenticato.

Un sindacato ha ragione di esistere per un solo scopo: difendere i diritti dei lavoratori. E anche, dei datori di lavoro, visto che esistono anche i sindacati che rappresentano questa categoria, ma non se ne parla mai: eppure Confindustria è il più conosciuto, anche se nessuno usa il termine "Sindacato dei datori di lavoro"...

Seconda domanda: sapete qual è il rapporto che dovrebbe esistere tra politica e lavoratori? Uso il condizionale appositamente. La politica dovrebbe occuparsi dell’evoluzione equilibrata del mercato del lavoro, nel senso di generare politiche atte a migliorare considerevolmente la condizione dei lavoratori, e anche dei datori di lavoro.

Terza domanda: vi sembra che questi due criteri siano stati attuati nell’ultima manciata di decenni?

No. E la motivazione di questa mancanza grave, è presto spiegata: sindacati e politica, non fanno più ciò per cui esistono. Peggio: i sindacati ormai, esistono non tanto per occuparsi di garantire ai lavoratori di ottenere ciò che spetta loro di diritto, bensì per gestire la rabbia popolare. Ma non nel senso che ritenete voi: i sindacati, da anni, giovano alla politica a tenere basso il livello di rabbia popolare, attraverso la gestione di misere e inutili manifestazioni di piazza, che servono solo da momentaneo sfogatoio ora di una ora dell’altra categoria di lavoratori. Punto.

Se ancora non siete convinti, vi invito a tornare indietro con la memoria. Cercate di ricordare le vere, grandi manifestazioni nazionali, capeggiate da grandi sindacalisti del calibro di Lama, Benvenuti o Pier Carniti, che dialogavano con politici del calibro di Berlinguer o Almirante. All’epoca, le piazze straripavano di gente.

E non bastava: quelle piazze stracolme di gente, che manifestavano per i loro diritti, avevano non solo ragione di esistere, ma davano un senso all’esistenza di sindacati e politica: era la parte partecipativa della popolazione.

Poi, arrivarono gli anni ’80. Seppur ci si ricordi di quegli anni come degli anni dell’estremo sviluppo sociale ed economico nel nostro paese, io li ricordo e li individuo, come gli anni dell’inizio della grande crisi italiana.

Crisi di valori, ancor prima che economica. Ma quando si instaura una grande crisi di valori, non si può che procedere verso un’inattaccabile, terribile e inarrestabile crisi economica. Era tutto previsto.

Dopo un periodo di “vacche grasse”, pian piano si è passati nel girone infernale. Ritengo anzi, che gli anni ’80 siano stati generosamente elargiti alla massa, per far ritenere a tutti che mai e poi mai sarebbe cessato di splendere il sole, nella vita dei cittadini italiani. Invece…

Invece era il contentino e anche, un periodo utile a politica e mondo economico, per far rimpinguare i forzieri delle famiglie italiane, che si sono di fatto arricchiti. Tacitate le rabbie civili, tutti con la pancia piena e una rosa di possibilità da prendere in considerazione, gli italiani si sono sedati. E seduti.

Nel frattempo però, i sindacati stringevano alleanze coi partiti, sempre più strette. In parole povere, entravano nei libri paga della politica. Così come i dirigenti militari e molti personaggi chiave del paese: quelli che avrebbero potuto portarci fuori dai guai.

Passano gli anni, arrivano gli scandali politici di grossa portata, in seno alla politica. Si comincia a prender confidenza con parole quali “Corruzione” e “Appropriazione di denaro pubblico” e l’opinione pubblica, presa dall’appassionante lettura dei nuovi feuilleton, non si accorge di sopirsi giorno dopo giorno, dimostrando un’eccezionale abilità nel distaccarsi completamente dai fatti proprio. Tanto, ci pensano politica e sindacati, a trarre fuori dai guai tutti quanti…

Convinzione sbagliata. Proprio in quegli anni infatti, l’alleanza tra sindacati e politica è cresciuta a dismisura, tracciando una linea di demarcazione con il passato. Non più punto di riferimento dei lavoratori in costante verifica dell’attuazione dei diritti, ma gestori della rabbia civile, attraverso una metodica ben precisa e determinata di “manifestazioni al risparmio”.

Così, il popolo ormai precarizzato e spesso disoccupato, fa ora capo ai sindacati, che non trovano certo posti di lavoro ai disperati, in un sistema che – semmai – li nega. No: i sindacati attualmente e da qualche anno ormai, gestiscono le rimostranze popolari contro il sistema che ormai, è evidente, ha già imboccato la deriva autoritaria che viene palesata anche attraverso questa riforma costituzionale così perversamente incuneata nella vita di ogni singolo cittadino.

E’ vero che cambiano i tempi e tutto si evolve, ma qui si tratta di tornare indietro di secoli. Con un’aberrazione in più: gli organismi a tutela dei lavoratori, oggi si sono trasformati in realtà che operano per sedare la rabbia civile. A beneficio del sistema politico che infatti, non trova più ostacoli al proprio operato vessatorio contro la popolazione. Davvero un successo. Per il sistema.

Ancora una volta, sarebbe stato meglio estrarre la testa da sotto la sabbia. Ma non è mai tardi per tornare a pensare e a fare…

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Data:10/08/2013
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