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Sopravvivere al sistema consumistico

Sopravvivere al sistema consumistico
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 17/03/2016

Riproponiamo un editoriale del nostro Direttore, Emilia Urso Anfuso, pubblicato nel 2009 ma molto attuale

Le medicine da acquistare, per fare scorta, nell' ipotesi di malattia futura. La connessione web 24 ore al giorno. E poi ancora, le vetture, la moda, i modi, i posti. La sfrenata ricerca di mercati da ampliare. Servizi da spacciare per innovativi. Imposizioni di nuovi acquisti. Che si voglia o meno. La crisi economica internazionale, impallidisce di fronte a tanta sfrenata volontà di ottenere nuovi acquirenti e nuove sezioni di mercato.

Se da un lato si ammette la scarsa capacità di acquisto, dall’altra si impone. L’acquisto di qualsiasi cosa. Spese rese improrogabili da una tendenza al consumismo che non conosce ostacoli, se non mentali.

Stiamo vivendo una realtà contraddittoria e continuamente contraddetta dai dati statistici. Da un lato siamo una nazione di poveri e cassaintegrati. Dall’altro una nazione di fagocitatori di ogni bene o servizio. Non possiamo fare a meno di nulla. E chi non è realmente in grado di soddisfare la fame bulimica da acquisto, sente su di se una sorta di fallimento sociale.

Ma la domanda da porsi – crisi o meno – è: abbiamo necessità di essere un granello di sabbia nella macina del mercato globale? E’ reale l’affezione all’acquisto? Siamo suscettibili di un criterio personale ogni qual volta ci preme dentro, urgente ed assoluto, un bisogno di avere?

Non esattamente. I criteri di scelta negli esseri umani, sono ormai da tempo immemore il risultato di una serie di studi e dinamiche che sono assolutamente tesi ad organizzare, in maniera occulta, la capacità dei singoli di operare una scelta che “appare” personale.

Nulla di ciò che sembra indispensabile, lo è nella realtà. Persino ciò che crediamo un’intima risposta, una scelta personale: tutto è frutto di delicati equilibri strategici che marcano indelebilmente l’individualità degli Esseri.

Scegliamo un colore non per tendenza personale, ma perché qualcosa di esterno, nel tempo, ha amplificato in noi un messaggio teso ad individuare come desiderabile ciò che scegliamo. E così accade per ogni cosa che debba e possa essere posseduta tramite l’acquisto.

Nella realtà dei fatti, tutto ciò che viene proposto – o almeno in larga parte – non ha necessità di essere…desiderato. Se ne potrebbe allegramente fare a meno, scoprendo peraltro un percorso di vita tendenzialmente più “sano” e centrato.

Noi non siamo ciò che indossiamo. Ciò di cui ci contorniamo. Ciò che palesa appartenenza ad una classe sociale rispetto ad un’altra. Noi siamo altro. Qualcosa di cui si perde il senso. Difficile da raggiungere, come la stessa libertà di opinione, che quotidin'anamente viene costretta e gestita da altre opinioni, al di fuori di noi.

Il Consumismo è una regola del gioco di Sistema. Un palcoscenico ove quotidianamente gli individui giocano la loro parte: quella di teatranti attaccati ad orpelli tesi solo a dimostrare qualcosa. Ricchezza, appartenenza, possibilità. Eppure, nulla di tutto questo è parte integrante dell’animo umano. Lo diviene nel momento in cui si inizia a trascurare se stessi, troppo presi da un altro ingranaggio del Sistema: quello dell’apparenza del fare.

Il correre sfrenato verso qualcosa: orari, tempi, interazioni sociali. Tutto falso eppure reso indispensabile non da noi stessi, bensì da chi detiene il controllo su larga scala di esseri umani, resi molecole impazzite verso qualsiasi strada che non sia se stesso.

Si rende così “necessario” esistere in quanto…inesistenti. Non più acoltatori di ciò che sorge dal nostro essere, ma applicatori di regole imposte. Eccoci correre verso un traguardo che non giungerà mai, perché chi muove i fili sa come – sapientemente – spostare l’asse un po’ più in la, ogni qualvolta pensiamo di vederne i confini.

E’ necessaria una volontà incredibile per ristabilire un ordine nel disordine impazzito di un vivere che è ormai trascendente il codice umano. E’ necessario ritrovare la consapevolezza di ciò che ci fa bene realmente. Ed è necessario un processo di involuzione che per molti può apparire una stramberia e che eppure è alla base di una coscienza a dimensione umana: ritrovare i propri tempi, la propria interiorità, le reali necessità di ognuno: ecco, questo può apparire – inizialmente – l’ostacolo più forte.

Eppure, ciò che se ne ricava – quasi magicamente – è una condizione che, se raggiunta, può cambiare del tutto un’esistenza intera. Incredibilmente ed in maniera del tutto contraddittoria, l’Essere Umano è convinto di vivere meglio nel male. Riduce se stesso a pedina mossa ora in un verso ora nell’altro. E teme.

Teme di poter risvegliarsi senza più gli eccessi, le corse, le imposizioni. Libero. E nella totale mancanza di saper gestire una libertà così grande, come quella di Esistere.

©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina




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