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Renzi e il vandalismo politico

Renzi e il vandalismo politico
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 04/08/2015

 

Per diversi anni, Silvio Berlusconi nel ruolo di Premier, fu tacciato di autoritarismo e uno dei motivi era relativo alla tendenza a chiedere la fiducia sui provvedimenti presentati in Parlamento.

L’arrivo di Monti che, nel 2011, fu designato premier ed etichettato strategicamente quale “governo tecnico”, decretò l’avvio dei governi basati sulla fiducia: durante il suo mandato, il governo presieduto da Monti chiese la fiducia per ben 51 volte in soli 18 mesi.

E’ probabile che siano ancora molti i cittadini a non aver ben compreso cosa si intenda con la richiesta di fiducia di un governo. Essa si mette in atto, quando si vuol far passare un provvedimento, una riforma, un decreto Legge, senza dover temere che la discussione in aula e i conseguenti emendamenti di aggiustamento presentati dai vari parlamentari, possano da un lato rallentare la messa in atto del provvedimento del caso e dall’altro, la sua degenerazione dalla sua stesura primaria. In poche parole, un governo chiede la fiducia quando vuole imporre il testo di una Legge o di una riforma senza che esso possa subire alcun tipo di modifica.

L’art. 94 della Costituzione recita:

Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.

Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

Senza troppi giri di parole, la richiesta di fiducia corrisponde a un’imposizione sul Parlamento, che in questo modo cessa di avere una valenza nel sistema che dovrebbe essere a regime democratico. In Parlamento, infatti, si dovrebbero discutere i provvedimenti, bisognerebbe che i parlamentari portassero la voce dei cittadini in aula, per far si che le Leggi e le riforme non si trasformino in un capestro per la popolazione. Invece, così facendo, s’impone un volere e si mette a tacere quella che dovrebbe essere la rappresentanza popolare che ormai, è divenuta tutt’altro.

L’arrivo di Renzi, designato Premier in un periodo particolarmente critico per il nostro paese, aveva fatto tirare a molti un gran respiro di sollievo. Abituati più che altro a credere alle parole piuttosto che ai fatti, molti italiani hanno davvero creduto che Renzi avrebbe “rottamato” la vecchia politica e i suoi rappresentanti, cancellato il berlusconismo e dato finalmente ascolto alle istanze della popolazione.

Purtroppo, non solo nulla di tutto questo è avvenuto ma anzi, con Renzi al Governo, l’Italia sta conoscendo il periodo più buio della storia degli ultimi 50 anni.

Inizia il suo mandato con un bel patto stretto con Berlusconi, i cui contorni ancora oggi non sono del tutto chiari, salvo il fatto che vi fosse – fra le altre cose – un accordo sulla realizzazione dell’Italicum e la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, uno dei vecchi cavalli di battaglia di Berlusconi che però, strategicamente, non aveva mai realizzato, per non togliersi qualche milione di elettori che gli avrebbero immediatamente voltato le spalle se solo avesse osato depennare un articolo del genere che oggi, a cose fatte – da Renzi - ha messo in ginocchio la sicurezza contrattuale di molti lavoratori.

Non basta: Renzi, dall’inizio del suo mandato, va avanti chiedendo costantemente la fiducia su ogni provvedimento e sta per doppiare il numero di fiducie chieste dal Governo Monti. E’ un modus operandi che ormai, palesemente, conferma la messa in atto di un regime basato sull’autoritarismo, il non ascolto delle istanze dell’elettorato e un totale menefreghismo per ciò che riguarda la discussione democratica dei provvedimenti che si abbattono sulla popolazione. L’esatto opposto di ciò che Renzi diceva avrebbe fatto nel caso in cui fosse stato designato Premier.

E’ storia antica il fatto che, quando si è in odore di nomina, si prometta e si decanti tutto il possibile e l’impossibile. C’è però da dire che Renzi non ha solo preso per i fondelli il suo elettorato ma sta sparando in testa a ogni singolo cittadino, compresa buona parte del parterre di politici che non stanno avendo la voglia, la capacità e la forza di contrastare il vandalismo politico operato da questo governo.

D’altronde, cui prodest? Che convenienza avrebbero gli attuali parlamentari a far cadere il governo ponendo la sfiducia sui provvedimenti presentati alle Camere? Se va a casa Renzi, ci vanni tutti quanti. E del resto, è chiaro come Renzi sia solo una pedina, l’immagine esteriore di un potere che ormai non consente repliche democratiche o ascolto delle istanze della società civile. Renzi è solo un mezzo. Un attuatore di ordini. E il ruolo in cui si è calato gli piace, è evidente.

Perché se è vero che la politica è anche compromesso, un uomo onesto si sarebbe dimesso piuttosto che falciare via per sempre diritti civili e speranze di una popolazione ormai utilizzata solo per batter cassa. D’altronde, non saremmo una nazione ai più alti livelli di corruzione, numero di leggi, scandali e negazione delle norme europee se al governo vi fosse una persona votata alla garanzia – per la popolazione – di sviluppo della dignità, dell’uguaglianza e della partecipazione democratica alla vita del paese.

Ci vuole qualcuno che guardi solo al prestigio e al potere, per commettere azioni come quelle che stiamo subendo ormai ogni giorno, e non è ancora finita…

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