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A partire dal 1980, in Italia fu istituito il Sistema Sanitario Nazionale. Venivamo da decenni di Casse mutualistiche dedicate alle varie tipologie di lavoratori che, negli anni, avevano accumulato ingenti debiti nei confronti degli enti ospedalieri e che furono estinti attraverso la Legge n. 386 del 17 agosto 1974. All’epoca il Presidente del Consiglio era Aldo Moro. Col Sistema Sanitario Nazionale, non si fece altro che mettere in atto il criterio universalistico dettato dall’art. 32 della nostra Costituzione, che recita: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Per un paio di decenni dall’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale, l’Italia è stata un esempio di civiltà ed efficienza in campo sanitario. Oltre ciò, garantendo l’assistenza sanitaria ai cittadini, l’Italia poté dimostrare come, attraverso l’ottica universalistica si possa mettere in atto il cosiddetto stato sociale, quel tipo di criterio che si fonda sui principi di uguaglianza e di conseguenza, di pari diritti. Le cose hanno iniziato ad andar male alla fine degli anni ’90, quando le U.S.L. – Unità Sanitarie Locali – vennero trasformate in A.S.L. – Aziende sanitarie Locali, attraverso la Legge 502/92 che all’art. 3, c. 1 bis recita: "in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le Unità Sanitarie Locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale". Dal momento in cui le Unità Sanitarie Locali divennero, di fatto, delle imprese di Stato, il rapporto fra cittadino e Sistema Sanitario è andato via via modificandosi. Così come venne a modificarsi il rapporto economico rappresentato dalle prestazioni sanitarie erogate: così è nato il tripudio di analisi e prestazioni sanitarie prescritte in maniera indiscriminata. Come ogni impresa che si rispetti, le Aziende Sanitarie Locali hanno dovuto iniziare a guardare ai bilanci piuttosto che all’efficienza del servizio sanitario prestato ai cittadini e, di conseguenza, alla tutela della loro salute. Ovviamente, in un sistema imprenditoriale, esistono molti metodi per far si che i bilanci appaiano regolari, e – come accade spesso – è facile cadere prede della volontà di appropriarsi di fondi pubblici messi a disposizione del settore sanitario per poi taroccare i bilanci fino a far letteralmente crollare interi enti ospedalieri. E’ ciò che stiamo vivendo in questo periodo: ospedali storici che chiudono i battenti – vedi ad esempio a Roma l’Ospedale Forlanini – o, nella migliore delle ipotesi, interi padiglioni ospedalieri costretti alla chiusura. Non basta, perché al danno di un sistema sanitario che guarda ai bilanci, ai numeri e ai finanziamenti che vengono utilizzati per scopi impropri, si aggiungono i tagli costanti dedicati alla Sanità. Si sappia anche che, quando viene fatta la cosiddetta “spending review” nel settore sanitario, le somme risparmiate non vengono riutilizzate per la Sanità ma vanno a riempire un calderone che è rappresentato dalle casse del Ministero del Tesoro che utilizzerà il denaro – pubblico – secondo criteri non del tutto aderenti alle necessità della popolazione. Ciò che sta avvenendo in queste ore, relativamente la stretta sugli esami diagnostici e le visite specialistiche, è un ulteriore tassello che compone un disegno letteralmente contrario all’art. 32 della Costituzione ma anche all’art. 1, quello che ci ricorda come l’Italia sia una “Repubblica democratica”. Dal Ministero della Salute la Lorenzin tuona: “13 miliardi di euro risparmiati con meno esami diagnostici e minori visite specialistiche”. Forse la Lorenzin spera che nessuno ragioni sul fatto che, vietare in maniera indiscriminata gli esami diagnostici e le visite specialistiche, minacciando i medici di vedersi decurtare lo stipendio in caso di non adesione al nuovo diktat, significa in pratica confermare che i cittadini italiani dovranno rivolgersi a medici e centri diagnostici privati, e che così facendo il nostro ex eccellente Sistema Sanitario Nazionale, viene di fatto cancellato così come l’art. 32 della nostra Costituzione. Non a caso, il governo pone la fiducia anche su questa proposta. Se anche stavolta la popolazione non si opporrà in maniera coesa a quest’ulteriore negazione di diritti umani, non ci saranno altri margini di contrattazione con le istituzioni che, dietro la parola “democrazia”, quella stampata sul logo del Partito Democratico, sta mettendo in atto il più rigido regime dittatoriale mai realizzato nel nostro paese dai tempi della seconda guerra mondiale. Proporrei un bel referendum popolare per verificare se, quest’atto assolutamente incostituzionale, è fattibile, accettabile e condivisibile. Sempre di più, l'Italia copia il modello statunitense, quello che non è mai riuscito a garantire uno stato sociale ai cittadini dei vari Stati e che con Obama sta tentando di apporre qualche modifica - lontana ancora da venire - per copiare (assurdo ma vero) almeno in parte, il nostro sistema universalistico che era basato sullo stato sociale. Era, appunto. Importiamo sistemi fallaci ed esportiamo sistemi democratici. "Geniale", non c'è altro da aggiungere... 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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 03:10:46 |
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