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“Le parole sono importanti” ripeteva Moretti nel suo film “Palombella rossa” e aveva ragione. Aggiungo: le parole hanno un senso. Se ognuno di noi applicasse metodicamente questa regola, troverebbe la soluzione a molti pensieri, dubbi e riflessioni. Penso spesso, ultimamente, al senso della parola “delinquente” e del verbo “delinquere”. Nel nostro paese, si è quasi perso il senso e l’importanza di questi termini. Una parte di popolazione è stata deviata dalle troppe notizie di cronaca che, in questi ultimi anni, hanno visto come protagonisti decine di politici, di imprenditori, di industriali e di semplici cittadini, macchiarsi di ogni tipo di reato e spesso, farla franca. Queste mancate pene, questi reati compiuti e non puniti, questo “garantismo ad omnia” che è stato inoculato nella mente di molte persone, ha fatto si che il caos si appropriasse della ragione, la scardinasse dal compartimento mentale dove alberga la coerenza, e rendesse assolutamente incapaci di senso critico milioni di persone. Nel nostro paese, diviene ogni giorno più difficile far comprendere come certe azioni debbano necessariamente essere collocate fra quelle deprecabili. D’altro canto, a causa di un sistema giudiziario lento e spesso preda di personalismi e anche a causa delle tante depenalizzazioni di reati di un certo ordine, col tempo molti cittadini hanno trasformato la percezione del reato, la sua gravità e il conseguente giudizio da parte di un’opinione pubblica disattivata e depredata di capacità critica. Nel paese dove tutto è possibile, si è generata l’idea che molti reati non siano poi così gravi. E c’è anche da dire che la nostra è una popolazione è composta di molte persone avvezze al piccolo reato, quello che si compie come una sorta di rito comune, e, di conseguenza, spogliato del contenuto negativo. Si rosicchia qua e la qualche diritto che non toccherebbe. Si fanno orecchie da mercante al momento di onorare il Fisco. Ci si sente solidali col commerciante al momento della battitura dello scontrino e si accetta di pagare senza che venga emesso, approvando di conseguenza che il commerciante di turno compia un altro piccolo reato. Come se in questo modo, si pareggi un qualche conto in sospeso con uno Stato che si ritiene essere costrittivo e vessatorio. Ciò che mi lascia sempre un poco di amaro in bocca però, è la percezione dell’atto di delinquere che nel nostro paese si sta storpiando al limite del ridicolo. Quelli che leggerete di seguito, sono una serie di reati penali commessi da un’unica persona: 2006 - Aggressione di un pubblico ufficiale (Polizia Municipale) Tutto ciò, è stato commesso in un breve lasso di tempo, da Fabrizio Corona. Corona è stato condannato a 13 anni di reclusione ma, dopo circa tre anni di permanenza nelle patrie galere, ha ottenuto da pochi giorni di uscire dal carcere e soggiornare presso la comunità di Don Mazzi per “affidamento terapeutico”. In pratica, i suoi legali sono riusciti, attraverso un escamotage, a farlo uscire di prigione per “incompatibilità col sistema carcerario”. Nessun essere umano è “compatibile col sistema carcerario”, ovvio, ma se ci provi ad avanzare una proposta del genere, magari ti capita pure che venga accettata. Così è stato. Non polemizzerò sull’uscita dal carcere, evidentemente i giudici hanno considerato che ci fossero i termini per accettare l’istanza presentata dai legali di Corona. Bisogna però soffermarsi a riflettere su come una buona fetta di popolazione e anche molte testate nazionali, abbiano fatto la “ola” non appena appresa la notizia. Corona, novello agnello sacrificale, colpevole “solo” di essere un “giovane scavezzacollo” e condannato “ingiustamente” a una pena incredibilmente dura. Si è persa la ragione. E la capacità di dividere il bene dal male. La serie di reati commessi da Corona meritavano la pena assegnata dalla corte. Punto. Se poi vogliamo confrontare il caso di Corona con quello di altri personaggi più o meno noti che purtroppo stanziano sul nostro territorio, compiendo reati e non venendo a volte nemmeno giudicati, è un’altra storia. Ma giudicare “ingiusta” la pena assegnata a Corona per reati non esattamente di poco conto, è da persone che hanno perso del tutto il senso delle cose e delle parole. Credo fermamente che, se fossimo partiti dalla condanna inflitta a Corona per riguadagnare il terreno della coerenza, oggi saremmo una popolazione migliore, maggiormente centrata e con un sano risveglio della capacità di giudizio. Giudicheremmo altri fatti, altri personaggi, altri reati, con maggior serietà e chiederemmo coralmente che a determinati reati compiuti, corrispondesse sempre la giusta pena. Invece, è stata un’occasione persa. Quanto accaduto con Corona, non è servito a ristabilire l’ordine delle cose. La condanna a 13 anni e la recente scarcerazione, hanno confuso ancor più il senso e l’importanza di certi accadimenti. “Finalmente libero” hanno detto e scritto in tanti, sui social, sui giornali, sui blog. Finalmente libero un delinquente che ancora oggi ha la stessa espressione in viso di colui che dentro, in fondo a se stesso, non cambierà mai. “Malacarne” dicono in Sicilia, ad indicare persone che sembrano nate per commettere reati di ogni sorta. La delinquenza a pelle. Nessun modo per scacciarla da se stessi. Fa parte di certi esseri. E’ nel DNA. Miseria umana che si confonde e si amalgama con altra miseria umana. Che inneggia allo stolto, che ama immaginare ambienti sordidi, ricchi, perversi. E che perversamente, di conseguenza, trova nel delinquente “v.i.p.” un modello da amare, se non da imitare. Sono spesso le stesse persone, gli stessi cittadini, che gridano allo scandalo quando vengono compiuti reati da parte di persone comuni, da persone a volte diverse – vedi l’ondata di razzismo contro i migranti che per alcuni, sono “tutti delinquenti” – da persone troppo simili a se stessi per applaudire ai reati commessi. Dov’è la differenza? Nello status sociale. Corona è uno dei simboli di un mondo che di dorato ha solo la superfice ma che affascina molti. Per tali motivi, posso dire di esser quasi certa che Corona, non appena gli sarà possibile, non potrà che replicare se stesso. Avendo garanzia di un nutrito stuolo di stolti che approveranno ogni azione contraria alla legalità. Perché questo è il paese dei controsensi, della corruzione che è entrata nel tessuto nazionale, dei furbi invidiati dai fessi. Quando a volte mi sento dire: “ma da qualche parte dobbiamo cominciare a fare piazza pulita dei disonesti” credetemi: non so più cosa rispondere. ©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 01:46:37 |
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