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Stravagante Ricerca Disperata 'La Fee verte' di Erminio Maurizi

Stravagante Ricerca Disperata 'La Fee verte' di Erminio Maurizi
Autore: Susanna Schivardi - Redazione Cultura
Data: 30/05/2015

Erminio Maurizi, per la Gangemi Editore, ha scritto quest’opera in versi liberi, partendo da una serie di fotografie scattate da Michele La Paglia, e proposte come filo conduttore per raccontare la storia di un giovane innamorato che, deluso, si stordisce con l’assenzio. Trasmutando il sentimento in una visione, Maurizi ha fatto uno sforzo concettuale per rendere, tramite le parole, ciò che solo l’occhio può cogliere, il senso dell’immagine. Il volume, incorniciato e sostanziato da un colore verde onnipresente, allude chiaramente all’assenzio che veniva appunto chiamato La Fée Verte, per gli effetti allucinogeni che procurava a chi ne faceva uso.

Seguendo una tradizione già da tempo praticata, di utilizzare oppiacei o alcool per ottenere una capacità visionaria soprannaturale, il testo segue una via contorta e quasi profetica, per descrivere, simbolicamente, le fotografie e narrare il viaggio mentale del giovane disilluso e sofferente. Ventidue scatti in cui si evince solo la suggestione di un effetto allucinogeno, i materiali e gli oggetti si smembrano per diventare essi stessi fluido, liquido, vaghezza. Come l’incertezza dell’amore che sprofonda le sue radici laddove l’immaginazione può solo che galleggiare, per sopravvivere all’inevitabile morte.

E quello che in questi versi sembra provare il poeta stesso è un tentativo di morte, di sfaldare tutto laddove non v’è più salvezza. La fata verde lo prende con inganno, come una donna dai lunghi capelli che avvinghia il corpo del giovane inconsapevole e lo avviluppa nelle sue viscere. L’uso sapiente delle parole regala al lettore un effetto vivido e concreto. Le vertigini, l’angoscia, il fluttuare distorto del tutto, l’aggrovigliarsi delle cose, “sono onde di un mare stizzito/colorati di rosso giallo e verde brillante”. I colori presenti in ogni pagina, a cui si associano sensazioni ora di vuoto, ora di pienezza, come nei versi “è una visione di assoluto squallore/da una bellissima memoria di agosto”, “schiaffi invece che carezze/un vuoto incolmabile tra loro/colori brillanti luminosi”, e poi il desiderio di morte quando scrive “possibilità di pensiero suicida/sarebbe liberazione attesa/dopo la disperazione”.

Si incontra anche un’ascendenza ungarettiana quando leggiamo “oscilla come una foglia al vento abbandonata”, per tornare alla visione mistica nei versi “poi sbocciano improvvisamente i soliti verdi/e gli aironi grigi diventano fantasmi”. Fino ad evocare un desiderio di speranza quando scrive “intanto i sensi rilevano l’urgenza/trovare la chiave che apra lo scrigno/dei sentimenti dell’amore/per disperdere quello che lo fa soffrire”.

Nel finale riecheggiano immagini sepolcrali, quasi di una vaghezza Tardo Romantica “La fée verte scruta il tramonto/celebra la sepoltura del giorno/promette un nuovo orizzonte/per non confondere l’alba col tramonto/annota l’ora/se non desideri restare confuso/apri la porta alla contemplazione”. E’ proprio l’ultima fotografia a ridare finalmente luce ad una mente annebbiata dall’oblio dell’amore. Oblio inutile, vacuo, abortito grazie alla percezione di una possibilità oltre l’errore. La luce del sole che può essere sia all’ora dell’alba che al tramonto, quando la palla gialla si sfalda e si mescola col cielo, là dove la mente si rischiara e ricompone la sua frattura. Usando versi liberi, Erminio Maurizi si slega dal nodo che già lo avvince alle immagini, a cui fa continuo riferimento in una sorta di sottotesto. Dichiara di aver letto tantissimo nella sua vita ma di non aver letto molta poesia, ed è forse proprio grazie a questo digiuno poetico che la sua grazia e la sua ispirazione possono esprimersi con tanta forza e tanto vigore, in un testo che si apre a molteplici interpretazioni e sfumature.

 

Erminio Maurizi ha pubblicato Il Tempo. Il desiderio di ritrovarlo (Campanotto 2004); Quando puoi sorridi (Pellegrini 2008); Come se avessi usato tutto (Pellegrini 2009) e Lilus diavolo difettoso, con fotografie di M. La Paglia, con il quale ha pubblicato anche la Ballata del Milite Ignoto (Pellegrini 2008) e Caduti dalle Nuvole (Pellegrini 2010). 




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