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Allarme clima: nessuno salvera' il pianeta

Allarme clima: nessuno salvera' il pianeta
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 14/05/2015

Aprite Google News e provate a immettere la chiave “allarme clima”. Il risultato di questa ricerca è pressoché inesistente, tolti due o tre link che affrontano il tema e la cui fonte sono siti generalisti e non testata di informazione.

Eppure, da molto tempo sul pianeta terra quello sul clima è un tema che meriterebbe di essere affrontato quotidianamente e con dovizia di particolari sulle ragioni per cui, lo possiamo notare tutti e a tutte le latitudini, molte cose sono cambiate sulla Terra e in tempi molto brevi.

La temperatura globale sta salendo irrimediabilmente. I ghiacciai che già da anni stanno liquefacendosi, perdono estensione giorno per giorno. La siccità sta attaccando vaste aree del pianeta, costringendo molte etnie del terzo mondo a tentare di migrare verso terre ancora ricche di acqua, elemento fondamentale per l’esistenza di qualsiasi entità presente sul pianeta.

Tutto ciò malgrado trattati internazionali, primo fra tutti il protocollo di Kioto ratificato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, che ponevano il problema a livello planetario e tracciavano le linee guida su come salvare il pianeta e i suoi abitanti.

Non basta ratificare un trattato internazionale per salvare il pianeta. Bisogna anche attuare ciò che c’è scritto. Ma se solo per l’entrata in vigore del protocollo di Kioto sono stati necessari 8 anni, e da allora non si è fatto altro che chiedere deroghe all’attuazione delle politiche ambientali ed energetiche internazionali, come si può pensare che a livello governativo planetario vi sia mai stata davvero la volontà di rimboccarsi le maniche e di agire?

Salvare il pianeta costa. Molto più che distruggerlo. La verità è questa. E chi se ne fotte se andando avanti di questo passo, andremo incontro a un genocidio certo di buona parte della popolazione mondiale.  D’altronde siamo in troppi. Le riserve energetiche scarseggiano, così come quelle alimentari. Tagliar via un bel po’ di persone dalla faccia della terra, letteralmente, non può che essere una soluzione per il sostentamento dei pochi che resteranno. Deve essere questo il pensiero dei “grandi” del pianeta. Quelli che contano. Che decidono. Lobbisti o come volete chiamarli. Qualcuno li chiama “saggi” ammesso che possa essere considerato saggio chi, a capo di una nazione, ne compromette per sempre il futuro. E qui parliamo del pianeta intero.

Gli scienziati che si occupano della questione, dicono che abbiamo massimo 10anni per risolvere la situazione. Io dico: avevamo. Se si fosse messo in atto alla lettera ciò che su raccomanda sui trattati internazionali. Dal momento che ciò non sta accadendo, tranne qualche sparuto esperimento e a macchia di leopardo, come possiamo non tenere il peggio e nel giro di pochissimo tempo?

La Stampa nazionale dei vari paesi, queste cose non le dirà mai. Dipendendo direttamente dai partiti politici, nessuno attuerà mai una campagna d’informazione seria e metodica per informare le popolazioni dei rischi che tutti stiamo correndo. La propaganda politica continuerà a ritenere inammissibile questo tipo d’informazione, dal momento che ritengono “allarmistico” parlarne.

Oltretutto, vi sono casi in cui – addirittura – alcune nazioni fanno esattamente il contrario di ciò che dovrebbero per aderire agli accordi a tutela del pianeta. Un esempio per tutti: la Germania, nel biennio 2012/2013, ha aumentato di 20mln di tonnellate le emissioni di Co2 da carbone. Significa che, se ora volesse correre ai ripari, sarebbe del tutto inutile in quanto non c’è più tempo per mettere in atto le strategie utili a raggiungere gli obiettivi previsti dagli scienziati per sanare la situazione. E parliamo di una sola nazione.

Che dire poi delle cosiddette nazioni emergenti? Asia, ma anche Cina e Brasile. Immense aree sul pianeta che ora sono in forte sviluppo. Tradotto: un aumento significativo delle emissioni, molte delle quali derivanti dall’industrializzazione. Altro che salvare il pianeta.

Nel solo 2014, le persone coinvolte in disastri ambientali sono state circa 11 milioni. Ovunque il pianeta sta presentando il conto dell’assoluta follia umana. Frane, smottamenti, incendi, inondazioni. L’aumento della temperatura, per ora dicono di un grado che è già moltissimo, unito allo scioglimento dei ghiacciai è una garanzia di distruzione di interi territori e di morte certa per milioni di persone oltre a qualche altro milione di persone che saranno sfollate a causa dei crolli delle abitazioni.

Tutto ciò ha un costo. Le stragi hanno un costo. A quanto pare però, minore di quello che bisognerebbe sostenere per mettere in atto progetti ambientali consoni ad abbattere le emissioni sul pianeta.

Numeri alla mano, forniti da un rapporto dell’Overseas Development Institute e dall’Oil Change International, i governi del G20 continuano a sovvenzionare progetti di esplorazione per trovare nuove fonti di carbone e petrolio, mentre calano vertiginosamente i fondi destinati al Green Climate Fund, che avrebbe dovuto essere la soluzione ai problemi climatici. Il motivo? Il calo dei costi dei combustibili fossili. Che convengono rispetto all’adeguamento delle infrastrutture a minor impatto ambientale. Si preferisce continuare a trivellare il pianeta succhiando fino all’ultima goccia di petrolio e di carbone piuttosto che mettere sul piatto i miliardi necessari alla salvaguardia della terra e delle popolazioni.

Ovviamente, i fondi messi a disposizione per cercare nuovi giacimenti petroliferi e nuove miniere di carbone, sono pubblici. L’umanità sta pagando per garantirsi una brutta fine. Che ormai è certa, irreversibile e terribilmente prossima.

Nessuno si convinca che chi governa le nazioni non si renda conto di ciò che sta accadendo: è l’esatto contrario. Sanno benissimo cosa sta accadendo e cosa accadrà a breve, compreso un ulteriore innalzamento di un grado sulla temperatura globale che sarà la causa per cui intere aree abitate spariranno per sempre, specialmente sulle fasce costiere, che verranno totalmente sommerse dalle maree generosamente alimentate dai ghiacciai in discioglimento.

Nelle mani delle potenze industriali energetiche, soggiogati dai giochi di potere economici, prostituiti alle regole delle lobby, persino i migliori leader del pianeta non potranno far altro che accettare inermi di mettere in atto un accordo, mai scritto ma globalmente ratificato da tutti i governanti a livello globale: è quell’accordo che già da tempo tira le somme su quanti morti, quanti disastri, quante terribili modificazioni avverranno da oggi ai prossimi dieci anni. Appronteranno “unità di crisi” che gioveranno solo a macinare qualche miliardo in più mentre qualche miliardo di persone, carne al macello, cesserà di esistere e di rappresentare un costo per i governi. Mettetevi il cuore in pace.

Si potrebbe dire: “Ma anche chi vuole tutto ciò sta rischiando la vita”. Siamo certi che non abbiano già un “piano B”? Singolare che proprio in questi ultimi anni sia stato avviata dalla Nasa la missione “Mars One”. Sul pianeta Marte, a parte alcune sonde inviate da tempo, stanno costruendo una base. Stanno anche selezionando risorse umane, che creeranno la prima colonia umana sul pianeta rosso. Un viaggio senza ritorno. Casualità?

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Oggi ho partecipato a un interessante convegno sul clima: l‘International Symposium on Climate Change. Fra i relatori, l’Onorevole Giulietto Chiesa, cui ho posto come domande una sintesi di ciò che avete appena letto nel mio articolo. La volontà è quella di mettere insieme un gruppo di menti e scienziati che, a livello internazionale, prendano in seria considerazione il tema dei cambiamenti climatici per generare le soluzioni migliori. Bisognava farlo prima.

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