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Teatro Vascello 'Lucido' - Recensione

Teatro Vascello 'Lucido' - Recensione
Autore: Susanna Schivardi - Redazione Cultura
Data: 14/04/2015

Difficile mescolare riso e pianto, lucidità e follia, sogno e realtà, con la maestria che Rafael Spregelbrud dimostra in questo lavoro teatrale, complesso, significativo e densissimo, intitolato Lucido.

 

L’autore, nato a Buenos Aires nel 1970, ha fama internazionale e Milena Costanzo e Roberto Rustioni hanno curato la regia trattando il testo con raffinatezza e una ricerca continua per differenziarsi nello stile. Proposto al Teatro Vascello di Roma dall’11 al 13 aprile, il testo propone un linguaggio frenetico, battute e risposte che si susseguono con estrema intelligenza, senza lasciare mai nulla al caso. In una piéce di due ore, quattro personaggi si scontrano come marionette mosse da un dio superiore, alla ricerca di un senso che sarà svelato solo alla fine. Graffiante e spregiudicato, il testo di Spregelbrud parla di cose serissime ma trattate come fossero superficialità innocue.

Ci sono in ballo la vita e soprattutto la morte, ma per tutto il tempo lo spettatore viene proiettato in una dimensione onirica da cui uscirà sconcertato. L’effetto sorpresa è commovente, il finale spiazzante, gli attori pieni di mordente e tutto appare perfetto, con una scrittura che poco ha a che vedere con la banalità. La scena è piuttosto scarna, la vicenda, ambientata a Buenos Aires, si svolge tra un tavolo, tre sedie in un accenno di cucina e un divano, all’interno di uno spazio claustrofobico, ove gli attori si muovono plasticamente.  Milena Costanzo è Tetè, la mamma dominante, Antonio Gargiulo è Luca, il fratello minore in cura da uno psicoterapeuta che gli dà dei compiti strani per superare il complesso della madre, Maria Vittoria Scarlattei è Lucrezia, la sorella maggiore che, si verrà a sapere solo dopo, ha donato un rene al fratello all’età di dieci anni, rischiando di morire lei stessa e infine Roberto Rustioni, Dario o Daro, che fa la parte di un cameriere incompreso oppure di un amante sopravvalutato o ancora, sul finale, del cognato di Tetè, con il ruolo di consolatore. Lo scandagliamento dei rapporti personali all’interno di questa famiglia sgangherata è spaventosamente profondo, tra ripicche, rancori e sfilettate di odio-amore che caratterizza sia il rapporto tra sorella e fratello che quello della madre con i suoi due figli.

Nell’ossessivo ritorno a certi argomenti viene da chiedersi se effettivamente la vicenda sia reale o solo immaginata dai suoi protagonisti, che a turno mettono in tavolo debolezze, fragilità, incomprensioni volti solo a fare leva su quello che comunemente chiamiamo inconscio. Di lucido in realtà non c’è nulla in questa rappresentazione, che avviluppa lo spettatore in un vortice di fatti e azioni da seguire con pedissequa attenzione, per poter giungere al finale, nel quale si scoprirà una storia segreta nella storia, tutta via mai svelata fino in fondo, come del resto è sempre la vita che mantiene di sé un debole anelito di sorpresa, di non detto, di sotterraneo.      




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Data:10/08/2013
Categoria:Politica e Governo
Obbiettivo:50000 firme

 
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