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Processo Minotauro condanne per 609 anni

Processo Minotauro condanne per 609 anni
Autore: Teresa.Corrado
Data: 09/03/2015

Il procuratore generale Antonio Malagnino, insieme ai procuratori Roberto Sparagna e Monica Abbatecola, non fanno sconti e non si arrendono dinanzi alla 'ndrangheta. Al processo d'appello Minotauro, sono state chieste pene per 609 anni complessivi per 63 imputati. Il processo sta cercando di punire i colpevoli della 'ndrangheta infiltrata a Torino e provincia. In primo grado erano state inflitte solo 36 condanne mentre le persone assolte erano state 38. Per altri 50 imputati, invece, è già presente una condanna in Cassazione.

Tra le persone indagate figurano anche l'ex sindaco di Leinì Nevio Coral, per il quale sono stati richiesti 10 anni, Antonio Battaglia, ex segretario comunale di Rivarolo per cui sono stati richiesti sette anni. Richieste di condanna anche per Rosario Marando, che venne assolto in primo grado, ma nei giorni scorsi è stato arrestato a Roma perchè invischiato nel rapimento del giovane figlio del boss di Gioiosa Ionica, per lui sono stati richiesti 15 anni. Solo per nove assoluzioni in primo grado, la procura generale ha evitato di presentare appello.

Il processo in atto ha evidenziato che la 'ndrangheta operava a Torino e provincia già dal 1972, ha affermato Sparagna, identificando la presenza della cosca quando si ha la certezza di una richiesta, confermata da un pentito, di una richiesta di adesione ad un locale di Chivasso. Il procuratore generale Sparagna ha aggiunto che "è possibile che i politici piemontesi potessero non sapere dei legami di parentela di alcune persone con i boss i Calabria, ma abbiamo il sospetto che i politici di origine calabrese non potessero non saperli".

La capacità della 'ndrangheta di infiltrarsi in modo subdolo e silenzioso all'interno del territorio del nord Italia e di mimetizzarsi adattandosi al territorio, ha fatto si che crescesse e si infiltrasse sempre più all'interno dei palazzi del potere, senza che per anni, le forze dell'ordine riuscissero a trovare delle prove concrete come avveniva al sud Italia.

A schierarsi contro le cosche anche i comuni di Leinì e Volpiano che hanno richiesto rispettivamente un milione e 700 mila euro, per il danno che le infiltrazioni mafiose, grazie al benestare dei politici, hanno causato ai paesi. Le richieste sono state formulate dall'avvocato Giulio Calosso, che in attesa di un giudizio civile, dove verrà definito il reale ammontare della somma da risarcire, l'ammontare della metà della richiesta. 




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