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Ormai lo sanno anche i bambini. Tra i tanti record negativi registrati dal nostro paese, c’è anche quello relativo la più alta pressione fiscale in Europa. Lasciamo per un attimo da parte il solito tema della crisi economica e finanziaria nazionale e internazionale e concentriamoci sul tema della pressione fiscale. Lo Stato chiede ai cittadini di contribuire economicamente alle spese relative la gestione della nazione. Per ovvie ragioni di equità, i padri costituenti ritennero di dover così formulare l’art. 53 della nostra Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Semplice e pulito. Chi più possiede più contribuisce economicamente alla gestione dello Stato. E’ una regola che mette tutti nella posizione di poter contribuire, e che se fosse stata applicata negli ultimi decenni, non avrebbe creato un ulteriore e gravissimo dissesto economico all’interno della maggior parte delle famiglie italiane, che hanno ormai come priorità assoluta quella di dover assolvere il proprio compito di contribuente, mai però “in ragione della propria capacità contributiva”. I lavoratori si ritrovano con la busta paga saccheggiata all’origine. Così come i pensionati. Qualsiasi azione si compia all’interno del nostro territorio genera gettito fiscale: dall’acquisto di un pacchetto di sigarette al pieno di carburante. Aprire un’attività commerciale nel nostro paese è ormai sconsigliato in virtù delle tasse e imposte che gravano su chi vuole fate impresa. Una miriade di imposte occulte minano ancor più la capacità economica delle fasce media e bassa, e – cosa ancor più aberrante – il bene primario, la casa dove si abita, è costantemente aggredita da imposte sempre più alte. A conti fatti, la pressione fiscale reale che ogni cittadino di fascia media si trova a subire ha sforato di un bel poco il 50%, il che significa che – nel caso dei lavoratori con contratti a norma di Legge – si lavora per metà dell’anno al solo scopo di contribuire economicamente alle spese legate alla gestione della nazione e alla remissione del debito pubblico. Pagare oltre il 50% fra tasse e imposte, non avere una rivalutazione equa degli stipendi e delle pensioni che sono fermi al 1997, temere un nuovo prelievo forzoso sui conti correnti, come avvenne nei primi anni ’90, non avere mai garanzia di ciò che si deve versare al Fisco, è quanto di più distante dall’art. 53 della Costituzione italiana e di conseguenza, possiamo ammettere che la pressione fiscale che si subisce, oltre alla mancanza di equità nei prelievi, è quanto di più anti costituzionale si possa accettare. Malgrado ciò, la politica economica nazionale continua a esigere che tutti i cittadini, in special modo di classe media e bassa, contribuiscano con oltre il 50% delle loro entrate, ponendo invece le persone di fascia alta e altissima, nella situazione di pagare, nella migliore delle ipotesi, quanto un cittadino di fascia media. Palesemente anzi, ogni governo sembra avere particolarmente a cuore un criterio: chiedere semmai meno ai ricchi. Quei ricchi che possono sostenere una campagna elettorale, elargire qualche favore, decidere in qualche modo le sorti della popolazione. Coerenza vuole però, che in presenza di una Costituzione in essere, di un articolo – in questo caso il 53 – che detta la regola per cui chi più ha più versa nelle casse dello Stato, tutti i cittadini italiani dovrebbero fare i conti della serva, valutare mensilmente gli introiti e le uscite fondamentali, oltre a un gruzzolo che garantisca un’esistenza dignitosa, decidere anche una somma fissa da relegare alla cassa risparmi familiari e poi, quantificare l’importo - semmai rimanga del denaro in tasca – da versare al Fisco per contribuire equamente al funzionamento della baracca nazionale. Ovviamente, non è possibile che ogni singolo cittadino faccia da se. E’ vero invece, che si deve finalmente giungere a una fiscalità che davvero prenda in considerazione le fasce di reddito e contestualmente le necessità del nucleo familiare, e che non si mischi il ricco col comune cittadino quando si tratta di versare gabelle, anche perché continuando a impoverire la maggior parte delle famiglie, si sta giungendo a un minor gettito fiscale, a un aumento delle sanzioni legate al mancato pagamento delle cartelle esattoriali e al crollo prevedibile in tempi brevi dell’intero sistema economico nazionale. Se tutti insieme decidessimo di applicare l’art. 53 della Costituzione, riusciremmo in breve tempo a ristabilire un criterio di equità e persino a risollevare l’economia nazionale. Sono queste le richieste che la popolazione dovrebbe lanciare collettivamente al governo. Invece, si continua a manifestare sterilmente su decisioni e Leggi già varate, come lo sciopero generale contro il Jobs Act e le eventuali riforme che questo governo dice di voler realizzare. Uno spreco di tempo e di energia. Dovremmo tutti giurare sulla Costituzione di "onorare il Fisco in ragione della capacità contributiva". Diventeremmo un popolo migliore. Aiuteremmo la politica a migliorare almeno un poco. Quella politica che non ci ascolta più da tempo, perchè non siamo più in grado di sapere per primi cosa chiedere e come. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 01:29:13 |
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