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Prima col “botto” al Teatro Quirino di Roma, per “Il visitatore” di Eric-Emmanuel Schmitt e diretto da Valerio Binasco. Sul palco Alessandro Haber, nella parte di Sigmund Freud, Alessio Boni in quella del Visitatore, accompagnati da Nicoletta Robello Bracciforti, in quello della figlia di Freud Anna e Alessandro Tedeschi in quello dell’ufficiale della Gestapo. Un testo impegnativo che dura un’ora e quaranta minuti senza interruzione. La storia è ambientata in una Vienna invasa dai soldati nazisti, siamo nel 1938, una sera si sentono i canti dei soldati mentre in casa del famoso padre della psicoanalisi la figlia si dispera per l’andamento delle vicende naziste all’interno di quella che sta per diventare la loro patria lontana. Tutto si svolge in una sera. Qualcuno bussa alla porta, è un ufficiale della Gestapo che porta via Anna dalle braccia del padre. L’ormai vecchio e stanco Freud si abbandona quasi alla disperazione, quando dalla finestra entra nella casa un visitatore strano. Non è un ladro, non è un paziente, ma vuole intavolare con l’uomo un discorso. Il vecchio psicanalista si accorge quasi subito che è venuto a trovarlo Dio in persona, anche se lui non crede in Dio. È proprio il dialogo tra Freud e il visitatore è il fulcro del testo. Qui si parla di Dio, della vita, di religione, dei grandi temi dell’esistenza, del bene e del male. Si scontrano opinioni, pensieri, ma soprattutto si fanno domande l’uno all’altro. Mentre Freud è ormai vecchio e stanco e tentenna sul credere o meno in un Dio che non si occupa degli uomini, anche Dio si riscopre stanco della sua assistenza agli uomini, dei suoi anni e delle situazioni che si ripetono a ciclo continuo. La storia, che potrebbe apparire filosoficamente dura da comprendere e seguire, è presentata in modo brillante, non cadendo mai nella retorica e anzi, regalando momenti di ilarità. Tutto però, concentrato sui grandi temi della vita che restano importanti e decisivi per la pièce. Sulla scena la ricostruzione di quella che rappresenta la casa, devastata qualche giorno prima, proprio dalla Gestapo, dalla cui stanza principale si intravedono i principali luoghi di movimento delle scene in penombra. Ben interpretato da due grandi attori di teatro, quali Alessandro Haber e Alessio Boni, lo spettacolo, attraverso l’interpretazione, riesce a far riflettere facendoci soffermare sulle domande principali della vita, lasciando sempre una risposta affermativa, un si ad una domanda che lo spettatore può ricercare all’interno della rappresentazione. Gli attori con la loro interpretazione, sono entrati nel personaggio regalando un’esperienza unica nel suo genere, immergendoci in una discussione di parole, di discorso, come raramente in questo ultimo periodo, avviene nelle nostre case e nelle nostre vite. La parola è, infatti, la protagonista di questa rappresentazione. Un Alessandro Haber in gran forma che ha saputo interpretare un vecchio e stanco Freud, che poteva essere il nonno di chiunque, con quella attenzione intellettiva di pochi e un Alessio Boni che, nella parte del Visitatore, ha saputo modificare il suo ottimismo con il pessimismo con la naturalezza di un dio. Anche il pubblico ha apprezzato, omaggiando gli attori con un lungo e sentito applauso per la bravura dimostrata sul palco, consapevoli del talento e impegno che hanno dimostrato. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 26/12/2024 11:04:27 |
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