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Israel Cesare Moscati, figlio della Shoah, ha deciso di fare un viaggio alla ricerca di altri figli o nipoti della Shoah, per scambiare informazioni, ricordi, dolori e vicissitudini che hanno accompagnato o accompagnano ancora la sua vita. Grazie a questo viaggio tra passato e presente, è stato girato un documentario dello stesso Israel Cesare Moscato, per la regia di Beppe Tufarullo, dal titolo “I figli della Shoah, Un viaggio nell’animo dei figli della Shoah”, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2014 nella sezione Eventi. Israel è un figlio della Shoah e come tanti altri che hanno vissuto con genitori morti o che sono sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, porta dentro di sé, invisibile me sempre presente, una cicatrice familiare. Il documentario vuole raccontare proprio questo, la difficoltà del cambiamento dopo aver subito e vissuto una tragedia umana immane come quella della shoah, che ha caratterizzato la seconda guerra mondiale. Emerge dal documentario la differenza delle varie generazioni, di affrontare lo sterminio avvenuto durante la guerra. Chi l’ha subito sulla propria pelle, o ha perso genitori, fratelli, familiari e amici, per anni non ne aveva voluto parlare, non essendo in grado di affrontare un momento così doloroso. Nei campi di concentramento, le persone venivano spogliate della propria dignità e chi lo ha subito non ha perso solo quella, ma sicuramente ha perso la fiducia nelle persone, nel genere umano. Le difficoltà affettive e umane sono state trasportate all’interno delle famiglie che successivamente queste persone hanno formato. Paure, ansie, difficoltà di relazione, in alcuni anche mancanza di affetto verso i familiari, come a proteggersi dal grande dolore che ne sarebbe scaturito per una loro probabile dipartita. I figli della Shoah hanno incamerato dentro le proprie vite i dolori, le diffidenze dei genitori, vivendo un’infanzia ben lontana da quella che vivono i bambini adesso, riempiti dalla paura più grande, quella che avrebbe potuto far ritornare una nuova Shoah. Di generazione in generazione, le difficoltà affettive si sono riscontrate anche nei nipoti o in molti di essi, che sono cresciuti attraverso i ricordi della famiglia e al doloro di avere una famiglia piccola e spezzettata a causa di un genocidio che voleva sterminare un intero popolo. Per uscire da questo stato di diffidenza, alcuni, soprattutto i figli della Shoah, hanno fatto ricorso a terapie psicologiche che hanno cercato di far emergere problematiche ma anche soluzioni. Non a caso, nel documentario viene raccontato che i sopravvissuti e i loro figli, nella maggior parte dei casi, non torna nei luoghi della reclusione, è un compito che lascia portare a termine ai propri nipoti. Loro, alla fine, cercano solo di ricordare, raccontare quello che è avvenuto, per evitare che una cosa del genere possa ancora accadere. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 26/12/2024 11:12:20 |
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