Sierra leone: nelle strade dei villaggi a circolare sono solo gli operatori sanitari autorizzati. Il governo ha imposto tre giorni di quarantena nel tentativo di contrastare la diffusione del terribile virus Ebola.

In questi territori, il welfare non esiste più da tempo e solo le organizzazioni umanitarie tentano di dare aiuto alla popolazione ormai abbandonata a se stessa.

Luca Rollo di Emergency racconta: «Sono qui dal 2011 e ho seguito l’aggravarsi della situazione giorno dopo giorno, quando il 4 agosto scorso il presidente ha dichiarato l’emergenza sanitaria è crollato tutto: anziché accorrere a dare una mano, come avviene in questi casi nel resto del mondo, i medici e gli infermieri sono scappati dagli ospedali che adesso sono vuoti»

Da pochi giorni Emergency ha aperto un centro per il trattamento dei malati a Lakka.

In Sierra leone non si riesce più nemmeno a sopravvivere. Manca di tutto, anche le cose basiche per la sussistenza e le derrate alimentari di ogni tipo hanno raggiunto prezzi da capogiro

La carenza poi di personale sanitario ha fatto si che il direttore generale dell’Oms Margaret Chan abbia chiesto 1000 effettivi in più

Ben il 10% delle persone infettate dal virus sono medici e infermieri che hanno operato a lungo nel territorio

Il racconto agghiacciante di Rolla continua così: «L’Ebola è terribile, la gente lo capisce e infatti ha ascoltato l’appello del presidente e se ne sta in casa. Ma c’è una tragedia ancora più grande nella tragedia. La Sierra Leone è un Paese con un già altissimo tasso di mortalità infantile (il 178% su 1000 bambini nati vivi ndr.) e a breve peggiorerà. L’unico ospedale pediatrico infatti è chiuso ormai da 36 giorni, non era mai accaduto neppure durante i dieci anni di guerra civile. Gli altri ospedali governativi sono deserti o lavorano a regime ridotto da almeno tre mesi, vale a dire pronto soccorso e niente ricoveri. Di fatto siamo la sola struttura funzionante 24 ore al giorno in una situazione in cui oltre che di Ebola si continua a morire di malaria».