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La polveriera mediorientale è pronta ad esplodere di nuovo. Chi credeva che la primavera araba avesse messo fine alle ingiustizie, alla corruzione, alle lotte interne, si sbagliava. La fine dei percorsi militari ha solo assopito una ben più temuta contrapposizione delle fazioni in lotta per il potere. Basta vedere la lunga lotta che si sta combattendo in Siria e che non trova né tregua, né fine. A farne le spese in queste ultime settimane, è la Libia, i cui combattenti si contendono le zone strategiche della capitale. Non c’è più Gheddafi e la sua famiglia da combattere, ma sicuramente ci sono le tante fazioni che il vecchio rais era riuscito a controllare sotto il suo stretto governo dittatoriale. Tutti, adesso, ambiscono al potere, a fare girare verso di loro l’ago della bilancia, consapevoli delle ricchezze che il governo libico può contendere con le potenze straniere le quali sono lì proprio per quelle. In due settimane di combattimenti già si contano 100 morti e 400 feriti anche se il numero potrebbe essere maggiore, visto che non si contano i feriti o morti che provengono dai villaggi vicini. Non sono solo questi numeri o le condizioni per cui la Libia ha ottenuto il bollino rosso dagli stati internazionali. La pericolosità della zona e l’inasprimento delle contese, per mesi rimaste solo sopra i tavoli delle trattative libiche, adesso è aumentato dalle richieste dei governi stranieri di far rientrare i propri cittadini in patria. Cosa che accade solo dopo che la situazione è diventata davvero insostenibile e pericolosa, tanto da non garantire la sicurezza dei connazionali in visita o residenti per lavoro. La Germania ha formalizzato il rientro dei propri connazionali solo ieri. A darne conferma da Berlino un funzionario degli Esteri, in conferenza stampa, il quale ha sottolineato che l’ambasciata tedesca a Tripoli è stata evacuata. Per il momento l’ambasciata non è ancora chiusa, ma in servizio restano solo gli impiegati locali. Il rischio di rapimenti e attentati è troppo alto, tanto che tutti i cittadini tedeschi sono stati invitati a rientrare e a evitare la Libia. Stessa sorte è toccata al personale italiano che ha voluto lasciare la Libia. Il ministro degli esteri Federica Mogherini, ha predisposto da giorni un piano di tutela dei connazionali in Libia, preoccupandosi anche di scortare chi voleva abbandonare la zona, diventata pericolosa per gli stranieri. La conferma di una vera evacuazione, però, non c’è. L’operazione ha solo aiutato i cittadini italiani che volevano lasciare la Libia. Alle nostre forze di stanza in Libia, si sono rivolti anche altri stati, chiedendo di trasferire i propri connazionali sotto la protezione delle forze armate italiane. Dopo l’evacuazione dell’ambasciata americana, anche Gran Bretagna, Germania, Olanda e Francia, hanno deciso di richiamare i propri connazionali, facendo lasciare loro al più presto il suolo libico. Restano sotto stretta sorveglianza e scorta i responsabili dell’Eni, la quale ha reso noto che le attività proseguono normalmente, anche se viene monitorata di continuo, l’evolversi della situazione. Lo stato libico ha parlato di rischio di “catastrofe umanitaria e ambientale dalle conseguenze difficili da prevedere”, dopo che un razzo ha colpito un secondo serbatoio in un deposito di benzina a Tripoli, dove gli scontri sono duri e proseguono senza tregua. A darsi battaglia, ex ribelli di Misurata e quelli di Zintan che hanno il controllo del paese dal 2011, quando deposero Gheddafi e le milizie a lui fedeli. A Tripoli si lotta per mantenere il controllo dell’aeroporto e di zone strategiche, ma si combatte anche a Bengasi, in Cirenaica, dove si scontrano forze speciali libiche e gruppi armati islamici.
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 21/12/2024 08:37:50 |
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