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Arriva dall’Afghanistan e ha tutte le caratteristiche del racconto horror. Una bambina di 10 anni rischia di essere uccisa dalla propria famiglia perché violentata nella moschea dal mullah locale. Siamo ad Alti Gumbad, un villaggio alla periferia di Kunduz, nord Afghanistan. Un fatto che risale allo scorso maggio ma che è stato reso noto solo pochi giorni fa dalle attiviste di Women for Afghan Women http://www.womenforafghanwomen.org/, organizzazione che si batte per proteggere le donne del Paese ma che purtroppo viene accusata di americanismo. La bambina è stata riconsegnata alla famiglia che aveva già manifestato la volontà di ucciderla per lavare la macchia della dignità perduta. Nessuna ritorsione invece nei confronti del suo aguzzino che tuttora è in libertà; chi ha cercato di proteggere questa giovane vita ancora sta dalla parte degli sconfitti. Dalle autorità che hanno tentato di perseguire il mullah alla dottoressa Hassina Sarwari, pediatra e direttrice della casa rifugio dove la piccola è stata accolta dopo la violenza e che ora sarà costretta a dimettersi. La bambina ricoverata in condizioni critiche per il forte sanguinamento rischiava la vita a causa di una fistola causata dalla brutalità della violenza. Una rottura della parete che separa la vagina dal retto non è sufficiente a dimostrare la violenza da parte dell’uomo che, interrogato, ammette di aver avuto rapporti con la bambina dopo la lezione di Corano ma che questa era consenziente e aveva risposto al suo approccio e che inoltre la riteneva più grande della sua età. Un esserino di 18 chili mostrato in tribunale dalle foto portate dal Nederah Geyah, responsabile delle questioni femminili, che evidenzia la mancata pubertà della vittima, confermata anche dai medici e dalla madre. I certificati di nascita in Afghanistan sono infatti molto difficili da ottenere. Gli abitanti del villaggio se la prendono con la vittima anziché con il colpevole e come spiega la dottoressa Sarwari prima delle dimissioni con il ritiro delle truppe internazionali gli attivisti per i diritti umani vedono venire meno risorse e sostegni e quanto fatto in questi anni rischia di scomparire. I delitti d’onore come questo – cioè uccidere la vittima per cancellare l’onta – sono fatti comuni in Afghanistan e da un intervista rilasciata da un’attivista di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan) il 90% della popolazione femminile afghana ha subito violenza domestica. Nel 2011, 2.300 donne si sono tolte la vita. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 30/12/2024 09:00:19 |
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