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Quel 'bravo' ragazzo di Jenny 'a carogna

Quel 'bravo' ragazzo di Jenny 'a carogna
Autore: Teresa.Corrado
Data: 07/05/2014

Ormai è un caso nazionale, forse internazionale, visto che a guardarci non sono solo gli italiani, ma tutti gli sportivi e politici del mondo, soprattutto d’Europa! Tutti con il dito puntato verso i nostri, di politici, quelli che si sono risvegliati solo il giorno dopo. Diciamocelo pure, che solo dopo le critiche internazionali i politici italiani si sono visti “costretti” a fare, o meglio, a dimostrare qualcosa. Dimostrare che a comandare in Italia non sono le curve degli stadi, non è la paura, non sono le numerose organizzazioni criminali che hanno trovato, nel nostro paese, terreno fertile non solo per nascere e crescere, ma per espandersi, ma è la democrazia.

Che si chiami “Jenny ‘a carogna” oppure Daniele “Gastone” De Santis, non ha importanza. È il classico capo degli ultrà, una formazione ormai divenuta delinquenziale e che raccoglie, grazie alle informative di indagini di polizia, e lo sottolineo per chi continua a dire che se non ci sono condanne nessuno è colpevole, certo, ma intanto ci sono le indagini e i risultati, per i processi aspetteremo come i vent’anni della mafia, intanto si continuerà a morire e ad assistere a scene come quelle di sabato scorso tra napoletani e romanisti, oppure alle indagini di giornalisti che ci mettono non solo la faccia, ma anche la loro vita a cercare informazioni su cosa accade tra le curve delle varie squadre italiane, per chi, invece, dice che i giornalisti gridano sempre al lupo al lupo e poi alla fine, non risponde nessuno.

Cosa sia realmente successo quel pomeriggio di sabato 3 maggio, si spera ce lo chiariscano le indagini, senza atti intimidatori e i soliti procedimenti e progetti, messi in cantiere solo nel momento della grande scena, rischiando poi di andare nel dimenticatoio.

Visto che intanto, la notorietà se l’è cercata proprio lui, salendo a cavalcioni sulla grata degli spalti della curva Nord dello stadio Olimpico di Roma, per parlare con la “suacurva e comandarla a bacchetta, con tanto di invidia da parte di tutti i leader di partito che avrebbero voluto, almeno una volta nella vita, zittire in un sol colpo i propri antagonisti, non possiamo non parlare di lui.

Gennaro De Tommaso, soprannominato “’a carogna”, viene da una famiglia legata ad un clan, quello dei Misso dei Rione Sanità. E chi contesta che un figlio, non deve per forza seguire le orme del padre, dovrebbe seguire, almeno per un momento, la vita dello stesso Gennaro.

Nel 1991 Jenny diventa il capo e leader assoluto dei gruppi degli ultràSkizzati” e “Alta tensione” che si fondono in un unico gruppo. Il nuovo gruppo si fa chiamare Mastiffs e nel giro di vent’anni iniziano a prendere potere e a contare dentro e fuori dallo stadio.

Sicuramente ricorderete le vicende relative alle strane rapine ai danni dei giocatori del Napoli, e alle loro compagne. Otto colpi tra il 2008 e il 2012, tra cui Hamsik, Cavani, Lavezzi. Durante le indagini un pentito Salvatore Russomagno, fa il nome de ‘a carogna e dei Mastiffs il gruppo degli ultrà, quali autori delle rapine, per punire chi parlava male degli ultrà, chi non partecipava a eventi ai circoli sportivi o gioca male.

Arrestato per droga, ma come dire, ormai questo è una condanna lieve e quindi non dovrebbe nemmeno far parlare di sé, il suo nome compare ancora ad opera di un altro collaboratore di giustizia, un certo Emilio Zapata Misso, il quale ha spiegato agli investigatori il nesso che c’è fra i gruppi di tifosi e i clan camorristici e come questo sia legato e si influenzi. Per chi continua a negare le infiltrazioni, facciamo riferimento a inchieste della Digos di Napoli e della Magistratura, come il gruppo guidato da De Gennaro, insieme ad un altro, quello dei Fedayn, siano stati più volte oggetto di indagini giudiziarie per tifo violento. All’interno, infatti, militano esponenti della delinquenza napoletana. Adesso arriva anche la Daspo, ma per il capo degli ultrà napoletani non è una novità.

Ciò non è diverso da quello che accade nelle altre tifoserie, ci mancherebbe. Lo stesso accade a Roma, a Torino, le cose non cambiano.

Cambia solo la scena. Tutti hanno visto in tv il dialogo tra Jenny ‘a carogna e il capitano del Napoli Hamsik, circondati dai responsabili della sicurezza. Pubblicato dal Corriere dello Sport, anche il dialogo, a firma di un collaboratore della Procura Federale. I due si parlano e parlano degli scontri, in un primo momento attribuiti a fatti estranei alla partita. Ma non è così. A scontrarsi sono i tifosi del Napoli e quelli della Roma. “Con un tifoso morto non avremmo mai giocato, ma ci hanno assicurato che le cose non stanno così” dice il capitano del Napoli al capo degli ultrà che non si fida. “Ci sto mettendo la faccia” continua a dire il capitano. Quello che dovrebbe far riflettere, è la risposta di De Gennaro “allora ok, ci metto la faccia anch’io. Tanto tutti sappiamo chi siamo e dove siamo”.

Su quest’ultimo punto, non si potrebbe non essere convinti delle sue parole, soprattutto se correlate alle tante indagini che seguono la figura di Jenny ‘a carogna, o meglio, alla figura che il calcio italiano, lo stato italiano, la polizia italiana, ha fatto di fronte agli ultrà.

Intanto sappiamo che la politica tollera volentieri gli ultrà, visto che da loro possono girare un gran numero di voti, perché quando il leader invita a votare un nome, nessuno si tira in dietro. Poi ci sono i traffici di droga che fa comodo anche ai dirigenti, chissà poi se sfogarsi tra tifoserie eviti anche di andare a protestare per cose molto più importanti. A gestirli, ci vuole poco, un capo carismatico con cui trattare e capace di zittire in un minuto l’intera curva, come è accaduto sabato sera.

Finisco con le parole di Pier Paolo Pasolini, scritte per un suo articolo del Corriere della Sera, in cui scriveva una verità, seguita da tanti giornalisti e non solo, ma anche da uomini che ragionano sui fatti. Lui parlava delle stragi, delle tensioni di quegli anni, che alla fine non sono tanto lontane da quelle che viviamo noi, solo in modo diverso:

“Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero".




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