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Roma, Auditorium: Roberto Vecchioni inaugura il nono Festival delle Scienze

Roma, Auditorium: Roberto Vecchioni inaugura il nono Festival delle Scienze
Autore: Nostro inviato Luca Nasetti
Data: 24/01/2014

Ludwig Wittgenstein (Vienna, 26 aprile 1889 – Cambridge, 29 aprile 1951) diceva che “i limiti del linguaggio sono i limiti del [mio] mondo”. E data la necessità, sempre più spesso incalzante, dovuta a quest’era contemporanea cosiddetta “della comunicazione” di diffondere quanti più contenuti possibile, ecco che superare le barriere storiche e filosofiche del linguaggio diventa una missione scientifica.

Dal presupposto che la conoscenza sia la naturale e innata inclinazione dell’uomo alla comprensione della vita e del mondo, la Fondazione Musica per Roma ha costruito la nona edizione del Festival delle Scienze (dal 23 al 26 gennaio 2013 all’Auditorium) proprio sul linguaggio, anzi i linguaggi, come metodo fondamentale per capire, sapere, conoscere, studiare e ampliare gli orizzonti gnoseologici di tutto ciò che può essere compreso da tutti attraverso le parole e i suoni.

Lo stesso presidente della Fondazione Aurelio Regina, durante l’incontro con le scuole per l’inaugurazione del Festival (oggi 23 gennaio 2013, ndr), ha ribadito che le lingue e i linguaggi sono già di per sé “scienza”, perché lo studio approfondito della loro evoluzione rende fruibile il contenuto di un oggetto che per questo si fa conoscere. Il linguaggio è quindi conoscenza e sapere tout court. All’appuntamento nella Sala Petrassi dell’Auditorium era presente anche l’assessore alla Cultura del Campidoglio, Flavia Barca, che senza mezzi termini colloca Roma nel circuito europeo delle città moderne proprio grazie allo sforzo di mantenere vivo e in progressivo crescendo il Festival delle Scienze: «I numeri parlano chiaro: una media di 25mila spettatori con punte di 40mila per un totale di 200mila spettatori hanno caratterizzato le edizioni precedenti».

A completare il trio che ha dato il via al Festival anche il curatore scientifico Vittorio Bo: «I linguaggi sono una struttura scientifica complessa e ricca attraverso la quale ogni disciplina scientifica può rendersi comprensibile, purché naturalmente chi ne parli abbia voglia di farlo». Cosicché parlare e capire la “genetica dei popoli” per esempio, o la “meccanica quantistica”, può diventare anche un affare culturale, perché andrebbe ad arricchire la conoscenza base di chiunque non sappia nulla di quelle discipline.

Tutto parte da qui: dalla parola. Meglio ancora: dal suono che essa evoca e dalla storia che essa porta con sé.  Ne è convinto il cantautore Roberto Vecchioni, appassionato linguista, che ha ufficialmente aperto il ciclo di incontri, lectio magistralis e appuntamenti del Festival subito dopo l’inaugurazione alla Sala Petrassi. «La musica è storicamente la prima inclinazione dell’uomo verso la comprensione della vita e del mondo – esordisce Vecchioni – è conoscenza».

Che a sua volta diventa cultura: «I primi racconti, le prime apparizioni teatrali, le prime storie narrate anche quelle scritte nei famosi poemi epici, erano tutte cantate – continua il cantautore – perché in Grecia i poeti scrivevano e raccontavano secondo regole metriche precise, il cui suono dava sensazioni ed emozioni diverse dalla semplice parola parlata».

Due, secondo Vecchioni, sono i versi che hanno caratterizzato poi ogni genere musicale anche quelli moderni come il rock: il giambo e l’esametro dattilico. Il primo per conferire forza e il secondo per recitare il distacco e la malinconia.

La musica quindi rappresenta il primo linguaggio, se vogliamo specifico, attraverso il quale raggiungere la conoscenza della storia, delle tradizioni e della cultura di un popolo. Anche Dio: «Le prime canzoni sono innologiche, sono un tentativo di avvicinarsi al divino – continua Vecchioni – anche oggi in molte tribù indigene dell’Australia il ripetere all’infinito cantando e ballando un solo verso di preghiera, rappresenta la necessità dell’uomo di dire al dio che lui c’è e ha bisogno dei suoi favori».

La necessità di sapere e comprendere la storia di ogni parola porta ad una conoscenza tale che è possibile poi parlare (quasi) di tutto, e la tendenza ad apprendere è innata nell’uomo. Anche quest’anno al Festival delle Scienze parteciperà Radio3Scienza, il quotidiano scientifico di Radio3, Rossella Panarese intervisterà alcuni dei protagonisti che prenderanno parte a questa IX edizione. Ospite di punta di tutta la kermesse è il famoso linguista Noam Chomsky, secondo il quale «quando studiamo il linguaggio umano ci avviciniamo a quello che potremmo chiamare lo studio della “natura umana”, le qualità della mente che ci caratterizzano come specie e che sono inseparabili da ogni fase critica dell’umana esistenza, individuale e sociale». Tutto il programma e le informazioni del Festival si possono trovare consultando il sito dell’Auditorium, www.auditorium.com.

 




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