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Teatro Vascello per i piccoli: in scena Il gobbo di Notre dame

Teatro Vascello per i piccoli: in scena Il gobbo di Notre dame
Autore: Nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 17/12/2013

Nel periodo tra il 14 dicembre 2013 e il 24 febbraio 2014, tutti sabati e domeniche, al Teatro Vascello di Roma, la Compagnia dei giovani del Teatro Vascello con Isabella Carle, Valentina Bonci, Matteo Di Girolamo, Marco Ferrari, Valerio Russo, Jacopo Sorbini, Maya Giovanna Vassallo, diretti da Isabelle Carle e Maurizio Lombardi con musiche di Claudio Corona, propone una rivisitazione de Il Gobbo di Notre-Dame, per raccontare a grandi e piccoli una storia molto nota e commovente.

Per bambini dai tre anni, la rappresentazione in alcuni momenti appassiona anche gli adulti, la sceneggiatura e le musiche rendono lo spettacolo veloce e vivace, ben architettato. I bambini si divertono perché gli attori usano la mimica e la voce in modo accattivante, mescolando l’aulico con un linguaggio alla portata di tutti e cenni alla più semplice quotidianità. Piccoli sketch da spot mescolati a fitte scene drammatiche. A volte la trama non permette strappi e allora la violenza, anche se solo accennata, deve comparire, e forse, in alcuni momenti, per brevissimo spazio, il testo non si adatta per bambini troppo piccoli. La trama stessa richiede uno sforzo di immaginazione per non cadere nel tranello del finale, in cui il nostro protagonista, Quasimodo, muore per mano di Frollo, l’arcidiacono della Cattedrale.

Non si è potuto evitare l’accanimento sulle scene più tragiche, la musica incombente e il ritmo accelerato che sicuramente non avranno solleticato la serenità dei piccolissimi. Per questo lo consigliamo ad un pubblico dai 5 anni in su. Per gli adulti invece una sorpresa, perché nella sua breve durata, poco più di un’ora, lo spettacolo risulta piacevole, appassionante, travolgente sotto tutti i punti di vista. Come nella scena in cui le statue, amiche di Quasimodo, lo convincono a partecipare alla festa dei folli. Che non risparmia il triste epilogo in cui il mostro viene messo alla berlina e incatenato nella pubblica piazza. E poi il momento in cui il protagonista si innamora di Esmeralda o, nel suo apice di brutalità, il finale in cui il gobbo vuole uccidere Frollo, per aver tentato a sua volta di porre fine ai giorni della sua amata.

Si ribella al suo destino di sottomesso ai voleri di Frollo e rivela una forza d’animo tenace e appassionata. Anche un mostro può provare sentimenti forti e tragici. L’amore non trionfa in questa vicenda, la fata si affaccia sul palco per rassicurare i piccoli che in realtà Quasimodo non è morto, ma vivrà sempre tra le pietre, lassù in alto, vicino al rosone della Cattedrale. Il Cantastorie si raccomanda “bambini, quando andrete a Parigi, guardate nella parte più alta e tra le altre statue, ne vedrete una, con il volto deforme e lo riconoscerete, è lui, il vostro eroe”. Un Quasimodo snodato, esile, che si muove sulla scena con destrezza, si avvinghia alle corde per suonare le campane e distinguerne il suono; commovente e intensa la scena in cui mostra ad Esmeralda le sue migliori amiche, le campane, appunto. Storia di solitudine e incomprensione, malvagità e depressione, tuttavia il campanaro vince su tutto e lascia al pubblico un sorriso, sulla scia delle note finali, sulla falsariga dei colori sgargianti degli zingari e della corte dei miracoli.

 




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