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Il braccio violento della democrazia capitalista

Il braccio violento della democrazia capitalista
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 06/12/2013

 

Su richiesta di molti lettori, ripubblichiamo l'editoriale del nostro Direttore Emilia Urso Anfuso pubblicato il 5 Maggio 2013:

 

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(Noam Chomsky: la "crisi" è stata creata ad arte per cancellare i diritti)
Troppo spesso, in nazioni come l’Italia ma non solo, si fa un uso copioso della parola “Democrazia”. In realtà, in tutti i paesi cosiddetti civili, il Regime Democratico è – almeno teoricamente – il fondamento delle civiltà evolute. Tutti si è concordi nel pensare che solo un regime democratico sia alla basa di un paese libero, sviluppato, economicamente saldo e che necessariamente, lasci ai propri cittadini quel libero arbitrio necessario ad accendere lo stato in essere della stessa democrazia.

Nulla di più sbagliato, o meglio: nulla di più mistificato nella lunga storia dell’Uomo.

Intanto, ancor oggi, non si è mai trovato un vero punto d’incontro fra le versioni dei vari teorici che nei secoli hanno percorso lo studio del Capitalismo e della Democrazia. Abbinamento alquanto singolare in tutta franchezza, che difatti non ha mai trovato piena spiegazione proprio perché è difficile trovare punti di unione netti e certi su due criteri che in qualche modo cozzano pesantemente fra loro, anche se – ad una prima verifica dei due concetti – potrebbe apparire diversamente.

Democrazia e capitalismo appaiono coerentemente incompatibili. Almeno per ciò che la mano dell’uomo negli anni, è riuscita a generare facendo trasfigurare completamente prima di tutto il contenuto concettuale dei due singoli termini per poi, mischiandoli fra loro, generare altra incompatibilità.

Per inoltrarci in questa riflessione, è bene intanto non confondere fra capitalismo e democrazia capitalista. Non è di facile chiarimento, in quanto gli stessi pensatori storici non hanno di fatto mai chiarito univocamente cosa sia l’uno e cosa dettagliatamente l’altro.

Col termine Capitalismo infatti, bisogna prendere in considerazione le varie versioni leggendone i contenuti sui trattati di Marx, Weber o anche Friedman o Brauer. Ognuno di essi infatti, ha generato la propria personale visione di cosa sia il capitalismo, spesso coniando pensieri del tutto contrapposti fra loro. Ciò rende quindi di fatto molto libera l’interpretazione che del capitalismo ognuno di noi può decidere di assumere.

Prendendo in esame il pensatore la cui teoria è fra le più riconosciute a livello mondiale e cioè Karl Marx, possiamo dire che il capitalismo è quella serie di azioni che compromettono in pianta stabile intanto il concetto di stato sociale perché individua innanzitutto una forbice drammaticamente aperta su quella che ancoro oggi può essere denominata “borghesia” e la classe del livello sociale più basso, denominata “proletariato”.

Marx concluse che la borghesia, essendosi appropriata del “plusvalore” dal momento che poteva – col potere del denaro – essere detentrice quasi unica della possibilità di produrre e di conseguenza creare valore e quindi economia, facesse tutto rubando tale possibilità, letteralmente,  al proletariato – da “prole”, unica fonte di valore -  che diveniva quindi solo e unicamente risorsa umana da sfruttare.

E’ ovviamente solo un’estrema sintesi del pensiero di Karl Marx, che giova in questo articolo solo ad approfondire i temi del capitalismo e della democrazia.

Il plusvalore o valore aggiunto invece, è ciò che determina il costo di un bene o servizio, ricavandolo dal costo base degli elementi necessari per produrre il bene o servizio in questione fino al prezzo finale. In pratica: quanto si spende per avere gli elementi alla base della produzione, durante tale processo alimenta il costo fino a determinarne il valore finale effettivo.

In pratica: se per creare uno sfilatino di pane occorresse acquistare mezzo chilo di farina più un litro d’acqua e tot di lievito, questo è il valore dei beni iniziali che durante la produzione del bene finito, necessita di luce, opera umana ed altri costi che danno come valore finale una cifra maggiorata rispetto a quella dei beni iniziali fondamentali alla produzione.

Chiarito ciò: la fusione fra il concetto di capitalismo e quello di Democrazia, è stato in qualche modo necessario da un punto di vista politico ed economico, per far si che le popolazioni si convincessero mano a mano che non vi fosse una così profonda differenza sociale fra produttori di ricchezza e lavoratori inseriti nei processi di produzione.

Questo è stato necessario con l’avanzare del tempo, con i cambiamenti della struttura sociale e con l’idea – anche se del tutto effimera – che fra proletariato e borghesia non vu fosse quasi alcuna differenza di classe sociale.

In parallelo alla scalata al potere delle classi borghesi infatti, le battaglie per i diritti civili hanno posto il problema di dover in qualche modo scardinare almeno l’idea della divisione di classe. Che nella realtà non solo non è avvenuta, ma ha composto il grande caos della democrazia capitalista in cui si è fatto pensare che tutti potessero produrre avviando l’ipotesi di una imprenditorialità proletaria che di fatto solo in pochi casi si è dimostrata possibile e non certo per carenza di capacità imprenditoriale.

In qualche modo, la potente macchina del potere economico, non ha trovato altro modo concreto – per spazzar via le nuove classi imprenditoriali – che fagocitarle. In ogni maniera possibile. Ed essendo le classi borghesi molto spesso legate a doppia mandata con gli ambienti politici e finanziari, non c’è voluto poi molto a far si che questo accadesse, facendo crollare un sistema di produzione di beni e quindi di altra economia, sotto le pesanti leggi dei mercati internazionali.

Chi oggi si chiede perché la politica, a livello internazionale, non riesca a trovare soluzioni alle impellenti necessità delle piccole e medie imprese e di conseguenza di trovare risposte alle sempre più pressanti carenze in ambito di sostegno alle fasce di lavoratori come gli operai o anche certe fasce impiegatizie, deve accettare una grande seppur amara realtà: si spazza via ciò che il grande sistema economico e politico ritiene inutile se non dannoso al Mercato, nazionale ed internazionale.

Se è pur vero che per alcuni decenni dopo la seconda guerra mondiale si è potuto toccare con mano quel boom economico che sembrava aver toccato chiunque con la mano misericordiosa delle possibilità più varie ed ambite, è vero che – lo abbiamo costantemente sotto gli occhi – è bastato poco davvero a gettare alle ortiche tutto ciò che si era fatto credere possibile, sfruttando – anche in questo caso – tali miraggi di capitalismo esteso a tutti, al solo scopo per alcuni di avvantaggiarsene nei periodi elettorali e nel compimento di quelle scalate sociali e politiche i cui nomi ancor oggi nella maggior parte dei casi, sono li a dettar legge, in ogni senso.

Come si è potuto demolire un miraggio? Molto semplicemente. Si è aperto lo spazio solamente per il Mercato che nulla ha mai avuto a che fare col piccolo sistema produttivo interno e internazionale.

Dando maggiori poteri e a tutti i costi alle lobbies che decidono le sorti del pianeta e nei comparti fondamentali per l’umanità, ecco che l’imprenditoria di medie piccole dimensioni è stata falciata via, lasciando – oltre al vuoto sociale – un paio di generazioni in bilico fra la visione di una possibile ripresa economica e la visione molto aderente alla realtà, di un futuro prossimo molto simile ai tempi in cui non si parlava nemmeno di diritti civili sia in ambito sociale che lavorativo.

Così, nella cosiddetta “democrazia capitalsita”, se da un lato – a parole – si fa intendere alle popolazioni che si lavora alacremente per ricostituire una sorta di benessere globale che comprenda ogni classe sociale, coi fatti accade l’esatto contrario. Costantemente.

Si continua a parlare di democrazia mentre tangibilmente i governi lavorano solo nel senso opposto: abbattimento dei diritti civili, impoverimento delle classi sociali più povere, alienazione del diritto al lavoro, soppressione del diritto alle cure sanitarie…

Le parole non vengono mai convertite in fatti. Ma la propaganda che i vari stati, coinvolti nei nuovi processi di “rieducazione” delle popolazioni utilizzano, non può certamente essere quella di uscire allo scoperto e dire: “Signori: la ricreazione è finita. Si torni tutti ai propri posti. Abbiamo scherzato. Tu popolo, non vali niente. E niente otterrai. Noi che il popolo conduciamo, continueremo ad avere diritti di vita e di morte su tutti”. Nessuno lo direbbe mai pubblicamente, nemmeno sotto tortura, ma è la sola verità che pur se non detta, si vive giorno per giorno.

Le fandonie sui debiti pubblici che solo la popolazione deve risanare. Le crisi finanziarie tenute molto bene sotto controllo da chi gestisce il potere e che servono in buona parte a tenere sotto minaccia le popolazioni dell’intero pianeta, l’iper produzione di beni che serve solo ad alimentare potere produttivo ed economico ma che nessuno sarà in grado di acquistare considerando l’azione di costante impoverimento delle masse. Tutto riporta ad un programma ben definito che deve riportare indietro di secoli una società – quella occidentale – che oggi non sembra aver avuto alcun merito, almeno socialmente parlando, visto che il ritorno all’indietro non potrà che produrre effetti devastanti sulle classi sociali meno abbienti.

Il braccio violento della democrazia capitalista, sta falcidiando generazioni di umani che oggi non comprendono cosa stia accadendo e non  comprendono che nel prossimo futuro potremmo pensare ai giorni attuali come ad una sorta di paradiso terrestre, considerando che – a mio parere – siamo solo all’inizio della fase di distruzione.

L’unica via di scampo, sarebbe quella di mettere i cittadini delle nazioni coinvolte in questa opera di “riconversione”, nella condizione di capire, di crearsi una cultura che li metta nella situazione di poter comprendere le azioni, le metodiche, le strategie e captare ogni nuova situazione perversa, contrabbandata ad arte per qualcosa di altro, come elemento da studiare per poter trovare la contro strategia utile a tutta la comunità in cui si vive.

Invece, si sta facendo di tutto per abbattere la Cultura e di conseguenza il livello di capacità di comprensione di intere popolazioni, che – mantenute in uno stato di sub coscienza critica – si troveranno solo a cose fatte nell’i9mpossibilità a tornare indietro, almeno al punto in cui, tutto appariva essere ancora un mondo a misura d’uomo.

Credo di poter dichiarare che mai nella storia dell’uomo si sia condotto un genocidio di tali proporzioni. Che se non uccide il corpo, vizia per sempre l’essere umano del fondamentale diritto di esistere in condizioni di dignità e libertà. Un giorno, pochi o nessuno saranno in grado di spiegare cosa significhi essere un uomo libero e di pari dignità. Quel giorno spero di essere già nella valle dei morti.




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Data:10/08/2013
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