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Ricorda un po’ il sogno di Martin Luther King il titolo della mostra dell’artista Meo Carbone: “The Dream” porta nelle sale del Vittoriano, da domani fino al 24 novembre, i volti e gli sguardi, per molti già dimenticati, dei migranti italiani in America. Ed è proprio una valigia vuota il simbolo della personale di Carbone: un baule di quelli antichi, rigido e aperto che il maestro ha aerografato all’interno con le facce di chi sperava di trovare un futuro per sé e la propria famiglia. Come a dire: finito il sogno e svuotato di ogni accessorio materiale, ne rimane solo il ricordo. Un oggetto di uso comune diventa così metafora artistica del dolore e del dramma che molti concittadini hanno dovuto sopportare. Era un sogno, appunto, approdare su quelle rive, un sogno per tutti quelli che lo hanno intrapreso tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Per alcuni infranto e disilluso, per altri, più fortunati e intraprendenti, l’inizio di una nuova vita. Fatta di lotte continue contro l’indifferenza e la paura diffuse di chi ospitava, però. La paura del diverso. Che ancora oggi attanaglia la nostra società e la chiude in una morsa di sofferenza senza soluzione di continuità. Sensibilizzare è sempre la parola chiave in questi casi, solo che a quanto pare «è stato molto più facile agire sulla cultura americana che in quella italiana», continua la Carbone. All’artista, quindi, non rimane altro che rileggere la storia: le tele aerografate ospitano i migliaia di volti e sguardi persi in una realtà sconosciuta e il visitatore non può far altro che immedesimarsi in quelle persone. Come non ricordare la tragica storia di Sacco e Vanzetti o la missione di Santa Francesca Cabrini, la prima santa emigrante italiana. Gli occhi scuri dei quadri osservano il visitatore nello stesso modo in cui venivano osservati i migranti quando iniziò il solo “sogno americano”. Così da semplici visitatori si diventa osservati. «Il sogno è affrontare qualsiasi difficoltà – afferma l’artista – come le difficoltà degli emigranti. Ed proprio per questo che la mia mostra si intitola “The Dream”. Il sogno dell’emigrazione che si fonde nel sogno dell’artista. E le mie opere vogliono comunicare il sogno, stabilire rapporti umani alla ricerca di sintonie che mi facciano rapire i sogni altrui condividendone gioie e dolori. Questa parte della mia esistenza è un omaggio al sogno. È la ricerca di vivere una vita in armonia con quella natura di cui siamo la parte sognante». La personale prende spunto dalle foto che oggi sono esposte ad Ellis Island, luogo del sogno, ma anche del dolore, dove milioni di italiani approdarono in cerca del loro futuro. Si tratta di operai, contadini, minatori, ma anche ragazzini e donne che invadono lo spazio grafico delle tele di Carbone. L’arte del maestro, rilegge la storia e riconsegna visibilità alle immagini di cronaca elevandole al grado di arte. Il progetto è partito dopo l’incontro di Meo Carbone con Dominic Candeloro, studioso dell’emigrazione italiana presso l’Università di Chicago: «Mentre mi trovavo a Chicago – racconta Carbone – vidi una mostra fotografica sull’emigrazione italiana e ne rimasi profondamente scosso. Quell’energia ha ispirato questo lavoro». Carbone reinterpreta la fotografia, spogliandola della realtà ufficiale e consegnandola ai colori che solo i sogni sanno dare. I volti dipinti così assumono portamenti epici come se fossero proprio delle icone del lavoro dei primi anni del ‘900. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 17/10/2024 20:17:46 |
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