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(VIDEO: L'Avvocato di parte civile Fabio Alessandroni intervistato pochi mesi fa sul caso)
Dopo la sentenza dello scorso novembre che ha condannato a sei anni i sette membri della Commissione Grandi Rischi che il 31 marzo 2009, appena una settimana prima del terremoto che devastò L’Aquila, aveva sottovalutato le possibilità di un forte sisma e quindi non aveva fornito alla popolazione le dovute informazioni, era rimasto un vuoto cognitivo su questa serie di eventi. Motivazione che ha spinto Fabio Alessandroni, avvocato, e Stefano Maria Cianciotta, giornalista, a realizzare un volume intitolato “La condanna della Commissione Grandi Rischi. Responsabilità istituzionali e obblighi di comunicazione nella società del Rischio”, presentato la mattina del 23 luglio presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati.
Il libro ricostruisce nel dettaglio, grazie all’utilizzo dell’ampia documentazione prodotta, le settimane precedenti la riunione del 31 marzo, nella quale si minimizzarono i fenomeni sismici che già si erano susseguiti con lo scopo di non creare un allarmismo in quel momento ritenuto immotivato. Ma il messaggio di fondo non si esaurisce con la trattazione della tragedia aquilana, “quello che rileva è una cultura della prevenzione e comunicativa in deficit”, spiega Alessandroni. Anche dopo le udienze “alcuni organi hanno distorto la realtà parlando di un processo alla scienza, a Galilei. Semmai si è trattato di un processo all’indolenza, alla leggerezza. Gli esperti, migliore espressione della sismologia, avevano a disposizione dati scientifici, ma il patrimonio di conoscenza non è stato messo sul tavolo di discussione”.
È venuto a mancare un normale – nel senso proprio di norma, deducibile dalle leggi 401 del 1989 e 225 del 1992 – iter per cui la protezione civile avrebbe dovuto ricevere le informazioni sui rischi e, una volta calibrate, girarle alle autorità locali, “è stato un corto circuito della comunicazione istituzionale”, continua Alessandroni.
L’idea, illustrata dal co-autore Cianciotta, è devolvere gli utili derivanti dalle vendite per finanziare una borsa di studio, in collaborazione con l’Università di Teramo, ad uno studente che si distingua per merito nel corso di Comunicazione nell’Emergenza, materia “di assoluta importanza”, secondo Luciano D’Amico, Magnifico Rettore dell’ateneo, perché necessita di equilibrio fra “attendibilità e significatività”, cioè fra dati certi e la loro interpretazione probabilistica. “C’è asimmetria fra chi ha una conoscenza professionale e il pubblico destinatario delle informazioni che ha bisogno di riferimenti secondo un codice chiaro”.
Fino alla sera prima del terremoto gli aquilani continuavano ad essere tranquilli, proprio perché i messaggi ufficiali invitavano alla calma nonostante uno sciame sismico in pieno svolgimento. “La responsabilità è di tutte le istituzioni, non solo della Commissione”, accusa Rodolfo De Laurentiis, Consigliere di Amministrazione della Rai, “è venuto meno uno strumento fondamentale, la comunicazione, per evitare allarmismi”. All’opposto è stato trattato, negli Stati Uniti, l’uragano Sandy, ciclone post-tropicale che ha raggiunto il picco di forza nell’ottobre 2012: la virulenza della campagna informativa “ha indotto anche i meno reattivi alla prudenza”.
Assumersi le responsabilità “Il fallimento è anche di noi giornalisti”, fa autocritica a nome della categoria Mauro Tedeschini, direttore del quotidiano “Il Centro”. La tendenza, in ogni situazione, è ormai quella di schierarsi dall’una o dall’altra parte, specialmente fra innocentisti e colpevolisti nei processi, senza che si indaghi sulle cause di fondo: “ne deriva una perdita di credibilità”. Altro fattore portato alla luce da Tedeschini è la sempre maggiore difficoltà nel trovare chi si prenda le dovute responsabilità, il volersi cautelare dagli errori spinge a “non decidere più nulla in tempi di necessarie decisioni rapide e concrete. La selezione della classe dirigente nella pubblica amministrazione è disastrosa. Il libro ci pone davanti a questo, manca un orientamento nel caos della società”.
Alla fine cosa resta? “Del terremoto resta poco, il dolore dei parenti delle vittime, una città ancora distrutta dopo quattro anni”, sembra tirare un po’ le somme Giustino Parisse, caporedattore de “Il centro” e autore della prefazione del volume, colpito in prima persona dalla tragedia con la perdita dei due figli e del padre. La speranza è “che il processo lasci una traccia positiva e che si possa formare una nuova classe di giornalisti di cronaca locale, questo resta. Se il libro servirà a fare questi passi in avanti, avremo fatto bingo”.
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 21/11/2024 03:03:22 |
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