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Tutti i 104 reattori nucleari attivi negli Stati Uniti avrebbero un problema di sicurezza non riparabile e di conseguenza andrebbero sostituiti con altri di tecnologia più avanzata. È l'allarme lanciato dall'ex presidente della Commissione Regolatrice sul Nucleare Gregory Jaczko in un'intervista al New York Times. "Chiuderli insieme non sarebbe pratico", sostiene, ma procedere a scaglioni è una soluzione migliore di cercare di prolungarne il funzionamento.
In carica fino al luglio 2012, la domanda è come mai non se ne fosse accorto finché aveva una posizione decisionale, semplicemente "non era arrivato a queste conclusioni" fino a pochissimo tempo fa. Anche se le sue posizioni erano sempre state di minoranza, quando non di conflitto con i colleghi, nell'ambito della Commissione. Le sue politiche per l'evoluzione della sicurezza non erano viste di buon occhio dall'industria, come avvenuto nell'azione di rallentamento per la proposta di una discarica di scorie radioattive a circa 100 miglia da Las Vegas. "Purtroppo la maggioranza ha scelto un approccio che non protegge la salute pubblica quanto io ritengo sia necessario", disse Jaczko motivando le proprie dimissioni.
Ma il continuare a dedicarsi ai temi della sicurezza collettiva ha fatto capire che "continuare a mettere toppe su toppe non risolverà il problema". Molti impianti hanno infatti ricevuto dalla Commissione proroghe di 20 anni sui 40 stabiliti dalla licenza iniziale. Un'estensione di altri 20 l'attività vorrebbe dire giungere ad un totale di 80 anni, ipotesi respinta come "non fattibile". Riflessioni arrivate in un ciclo di conferenze a Washington sul nucleare, in particolare nella sessione dedicata all'incidente di Fukushima nel 2011.
Jaczko ha fatto riferimento al calore del combustibile che continua a sprigionarsi anche al termine del regolare processo, che è stata poi la causa alla base della tragedia giapponese. Un'alternativa potrebbe essere dunque la realizzazione di reattori più piccoli dove la temperatura non sarebbe in grado di raggiungere il livello di guardia.
Non potevano mancare le critiche alle dichiarazioni di Jaczko. Marvin Fertel, presidente e direttore esecutivo dell'Istituto di Energia Nucleare, associazione di settore, sostiene che gli impianti atomici negli Stati Uniti "stanno operando in un regime di sicurezza. Questa era la priorità del mandato di Jaczko nella Commissione Regolatrice" e tutto sembra essere ancora nella norma, "come evidenziato dal responso di una task force speciale istituita dopo Fukushima e da una serie di parametri sulla sicurezza delle prestazioni".
L'Unione Europea un anno dopo la catastrofe di Chernobyl del 1986 ha realizzato, per le emergenze, Ecurie – European Community Urgent Radiological Information Exchange – un sistema tecnico implementare per un rapido scambio di informazioni in caso di pericolo. Secondo quanto stabilito dal Consiglio, si richiede una pronta notifica alla Commissione Europea e agli Stati potenzialmente soggetti a rischi delle contromisure da porre in essere per la salvaguardia della popolazione. Oltre ai 27, anche Croazia e Svizzera sono parte del programma.
In accordo a quanto previsto dal trattato Euratom, la competenza in materia energetica è riservata agli stati membri, attualmente sono 14 ad avere almeno un reattore in attività anche se la Germania, proprio dopo il disastro di Fukushima, ne ha chiusi otto immediatamente impegnandosi allo smantellamento completo entro il 2022 e lo stesso potrebbe accadere in Belgio.
A fare la parte del leone c'è la Francia, sia per il numero di impianti, 58, che per la percentuale di energia prodotta in relazione alle altre fonti, il 77,7% della fine 2011. Grande peso questa assume anche in Slovacchia e Belgio, al 54% del totale ed Ungheria (43,2%), via via a calare fino al modesto 3,6% dell'Olanda. Ma in quasi tutti i paesi la rilevanza supera il 19,2% che il nucleare copre negli Stati Uniti. Senza dimenticare le cinque centrali elvetiche, utili a coprire circa il 40% del fabbisogno energetico. Solo il 2% del totale di uranio impiegato è stato estratto nel vecchio continente, le mete di provenienza sono principalmente Russia, Kazakistan, Niger, Canada ed Australia.
Anche l'Italia ha avuto un passato atomico. Negli anni Sessanta la produzione di energia elettrica derivante da fonte nucleare è stata fiorente, tanto che nel 1966 il Belpaese era al terzo posto mondiale, alle spalle di Stati Uniti e Gran Bretagna. La questione legata alla sicurezza esplose solo negli anni '80, dopo l'incidente di Three Mile Island, in Pennsylvania, per toccare il picco con Chernobyl, prodromo del referendum abrogativo del novembre 1987, che sancì con un netto 80,6% la chiusura delle quattro centrali presenti sul territorio – Trino (provincia di Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Sessa Aurunca (Caserta). Storia recentissima la forte conferma del no – 94,62% dei votanti – ribadita al quesito referendario del giugno 2011.
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 30/10/2024 09:20:17 |
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